Definiamo esercizio propedeutico un esercizio che ci avvicini all’esecuzione di un gesto tecnico. Di per sé il movimento non è quello finale, ma ci assomiglia. Il problema che vorrei affrontare oggi, su cui vorrei aprire un dibattito, è il seguente: quanto deve essere somigliante un propedeutico al gesto tecnico reale?
Non avendo mai allenato né un MiniVolley né un Under 14 (o più in basso), non mi sono mai trovato di fronte al problema di affrontare con meticolosità tutta la serie di propedeutici necessari per far famigliarizzare un bambino con i gesti di base del nostro sport (palleggio e bagher d’appoggio, schiacciata…). Tuttavia, nei giorni scorsi ho visto alcuni allenamenti di ragazzini piccoli e ho visto eseguire alcuni propedeutici che ritengo un po’ avventati.
Un esempio su tutti, propedeutico al palleggio: “Lancio la palla, corro sotto, la blocco a braccia distese, poi piego alla fronte e lancio”. A mio avviso questo propedeutico è sbagliato. E’ sbagliato perché mi dà l’idea che si cerchi di fissare nel giovane atleta il concetto che per palleggiare dobbiamo portarci sotto la palla con le braccia distese e poi fletterle, salvo poi distenderle nuovamente. Capiamo bene che questo non ricalca la realtà, poiché il palleggio non si esegue in tre tempi distinti (preparazione – flessione – distensione), ma con il solo blocco preparazione – distensione. Ricordo, anzi, molto bene, il lavoro estivo con alcune atlete che avevano appunto il problema di rallentare l’esecuzione del palleggio, inserendo movimenti extra e superflui tra la fase di preparazione e quella di distensione.
Mi domando allora in base a cosa dobbiamo scegliere i propedeutici, cercando di raggiungere questo duplice obiettivo:
- Lavorare analiticamente su una parte del gesto tecnico da insegnare
- Non creare presupposti per il fissaggio di meccanismi errati
A mio avviso, prima di inserire un esercizio in una nostra progressione, dobbiamo eseguire lo sforzo di ripercorrere le varie tappe del gesto tecnico finale dal punto di vista della teoria. In seguito, passeremo ad analizzare con razionalità il nostro esercizio, per capirne pregi e difetti. Una volta sicuri, lo proporremo in palestra. Chiaramente, non dobbiamo dimenticare tutta quella serie di buone regole per la creazione di esercizi, che riguardano quindi la possibilità di correggere, l’elevato numero di ripetizioni, il divertimento e quant’altro, accettando però qualche compromesso nelle primissime fasi, in favore della possibilità di correggere il maggior numero di bambini. Riassumendo:
- Ripasso teorico del gesto tecnico finale
- Analisi dell’analogia del propedeutico con un frammento di gesto tecnico
- Assenza di possibilità di fissaggio di meccanismi errati
- Confronto dell’esercizio con i criteri di creazione di buoni esercizi
- Esecuzione pratica in palestra
L’esercizio prima proposto ha anche un secondo problema: è troppo difficile per atleti che non hanno mai giocato a pallavolo. E’ difficile perché, se ci si pensa, presuppone la conoscenza dei seguenti schemi motori:
- Lancio della palla
- Spostamento
- Posizionamento
- Esecuzione del gsto
Se noi dobbiamo insegnare il gesto tecnico, dobbiamo anzitutto isolarlo. Se invece inseriamo anche le altre tre fasi, è logico aspettarsi errori di lancio, errori di spostamento, errori di piazzamento e quant’altro. Conclusione: esisterà una elevata quantità di ripetizioni in cui il vero errore non è nel gesto tecnico, ma nelle fasi precedenti!
Per concludere con un po’ di completezza, penso che una valida alternativa all’esercizio proposto fosse quella di bloccare la palla con le braccia già cariche, sopra la fronte, per poi effettuare solo la spinta. Riguardo allo spostamento, credo che questo sia una fase già successiva, da utilizzare dopo altri propedeutici più semplici. Ad esempio, io partirei con lavoro con lancio dell’allenatore preciso al bambino, bloccaggio alto e spinta. In seguito si passa al lancio preciso (quanto possibile) del compagno, poi al lancio spostato e così via. Ma, prima di tutto, sarà importante fissare il corretto gesto tecnico.
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Butto li una critica che esula un pò dal discorso ma ne è strettamente collegato. Si vedono cose oscene in giro per il semplice fatto che non c’è una formazione valida per gli allenatori. Certamente ci sono i corsi, ma non sono assolutamente sufficienti. Ho giusto un esempio da dare: ho fatto l’esame allievo da poco e li ci hanno insegnato il gesto tecnico dei fondamentali ma (a parte due/tre lezioni massimo) non ci hanno insegnato “come insegnarlo”. Mi sarei aspettato dal corso di avere degli esempi di programmaione annuale, settimanale ecc, per avere un’idea su come e quanto lavorare su certe cose e a certi livelli. Invece a parte un accenno sul fatto che esiste una programmazione annuale, niente… Quindi ritengo che per sopperire a questa “ignoranza”, se così la vogliamo chiamare, sull’insegnamento bisogna partire dai corsi, rimodulando il lavoro fatto durante questi.
Sì va bene, è una cosa vera e in effetti ne parliamo ogni giorno dal vivo io e te (huahua che tormento). Però io sono sempre dell’idea che una base teorica uno se la debba costruire con un po’ di sforzo, anche individuale…
Si certo, uno deve costruirsela anche individualmente, ma siccome ci sono dei corsi che attestano che hai le basi per insegnare, queste basi te le devono dare… Poi è ovvio che bisogna informarsi ecc, ma alla fine lo sai com’è… Basta guardare quanti allenatori vediamo agli “appuntamenti pallavolistici importanti” a Bologna per vedere quanto la cosa interessi: sempre i soliti 3/4 noti per tutta la provincia… (Parlo di Bologna pechè abiti li)
Ciao Mattia,
scusa se mi permetto una critica a quello che dici, ma se tu vuoi fare l’allenatore non puoi pretendere che al Corso sia esso allievo, 1° o 2° grado insegnino tutto.
Cioè se uno vuole allenare vuol dire che è stato anche giocatore e/o insegnante di Ed. Fisica, ma soprattutto appassionato il che porta a documentarsi, osservare, rubare i segreti agli altri, insomma a stare sempre sul pezzo e quindi anche questo sito di Andrea, che è fondamentale per il confronto può portare a migliorarsi.
Ad ogni modo sono d’accordissimo con quello che afferma Andrea, il propedeutico deve essere analizzato molto bene prima di praticarlo.
Come tu stesso dici se vuoi allenare sei stato anche giocatore o insegnante ecc, quindi si suppone che tu sappia cosa sia un palleggio o un bagher. Io ho fatto il corso allievo l’anno scorso e da giocatore con pochissimi anni di esperienza, l’ho trovato alquanto inutile e superfluo (senza nulla togliere agli insegnanti che hanno dato il loro tempo per fare i corsi). Probabilmente per chi non ha mai toccato una palla da pallavolo e mai visto delle partite è indubbiamente estremamente utile come corso, ma per chi diciamo “bazzica” nell’ambiente… Poi è ovvio che non pretendo che al corso mi dicano: tu vuoi allenare un u16? allora fai questo, questo e questo.. Però un minimo di infarinatura su un programma annuale mi sarebbe piaciuta vederla, anche perchè obbiettivamente è la cosa più difficile da reperire in giro. Mi spiego: io vado a vedere allenamenti di persone molto più brave di me, posso vedere degli esercizi nuovi, prendere spunti, vedere come insegna un gesto tecnico ecc, ma sicuramente non posso mettermi li a guardare tutti gli allenamenti di un anno (o quasi) per estrapolare un programma sul quale poi fondare le basi di un modello. No? Non sto parlando quindi che vorrei che ci insegnassero tutto, ma che ci insegnassero ciò che serve di più (a mio parere). Ultimo esempio: c’è un allenatore che insegna a degli u14 l’attacco. Bene, ha fatto il corso allievo quindi sa benissimo come si esegue il gesto tecnico, rincorsa, movimento del braccio, tempo e tutto quanto. Ma ecco come lo insegna: bambini prendete una palla, lanciatevela in alto verso la rete, prendete la rincorsa (che gli ha precedentemente fatto vedere) e attaccate. Questo senza aver mai fatto esercizi sulla rincorsa, sul movimento del braccio, sul prendere il tempo di palla alta, sull’attaccare una veloce ecc. E allora mi chiedo: cosa impareranno questi bambini senza aver fatto il giusto percorso propedeutico per l’insegnamento dell’attacco? Magari se al corso avessero insegnato a programmare delle sedute per insegnare l’attacco sarebbe stato più facile.. Questo è solo un esempio comunque…
Ahahaha mi piace questo esempio, per caso c’entra con quello che ti ho raccontato di aver visto fare l’altra sera? 😀
Certo Mattia, il tuo discorso sulla sequenza temporale non fa una piega….ma purtroppo i corsi in Italia sono solo teorici….invece dovrebbero fare almeno 15 lezioni in palestra…ma ahi noi non è cosi!!!…..quindi ti posso solo dire che andando avanti accumulerai tanta esperienza da riuscire da solo a creare la programmazione e la progressione sempre migliore….almeno questo è quello che capita a me!!!
Ciao a tutti, scusate l’intromissione. Io ho ancora da fare nessun corso da allenatore, perchè personalmente mi scavola la cosa di dover fare l’allievo ora (180 €) e il primo grado poi (450 €). Però seguo molto degli allenamenti per alcuni spunti per la squadra che alleno. Ho notato che il livello è abbastanza basso anche quando si parla di under 16; ora non so se è una cosa solo del Trentino ma ci sono under 16 veramente molto scarse e degli allenamenti mirati solo agli schemi di partita piuttosto che lavorare sui fondamentali di cui hanno molto bisogno dato il loro livello.
Ora io mi chiedo, perchè non cambiare (ma in bene) il sistema dei corsi per allenatori facendo fare più pratica?? Anzichè fare stupidi cambiamenti sulle regole (2009/2010).
Ovvio anche che finché tutto tace, niente cambierà…
Avete mai affrontato il problema dal punto di vista comunicativo?
Gli allenatori capaci sanno comunicare il gesto in maniera chiara, efficiente ed efficacie; sono grandi comunicatori.
Comunicano non solamente verbalmente, trasmettono decine di informazioni essenziali con la postura, la mimica, il tono della voce, la composizione del messaggio.
Bisogna affrontare questi temi per essere allenatori validi; bastassero 1000€ per ottenere tutto …. ci sarebbero 20 milioni di allenatori in italia.
Relativamente ai propedeutici …. io mi guarderei un po di biomeccanica e qualche trattato di costruzione psicologica dei programmi motori, prima di sindacare.
Grande leo, perché non mi butti giù due o tre titoli di libri che vedo se li trovo???
“Apprendimento motorio e prestazione” di R.A. Schmidt & C.A. Wrisberg edizioni SSS come riferimento per la costruzione dei programmi motori; per quanto riguarda la comunicazione, ci sono centinaia di libri in merito es. P.N.L. di Brandler, Grinder, Mc Dermot.
Relativamente alla comunicazione, mi piace ricordare questa frase: “Tu hai detto quello che l’altro ha capito” …… da meditare.
Leo, relativamente al propedeutico che ho criticato, tu credi che invece sia corretto?
Un bambino, prima di correre, impara a gattonare, poi barcollando prova a strascicare qualche passo, poi impara a camminare velocemente e poi corre.
Nel mentre si è schiantato addosso agli ostacoli più vari almeno qualche centinaio di volte (i più sfigati si rompono anche qualche osso) ma nessuno gli ha mai detto come mettere i piedi e come coordinare la spinta delle gambe (anche perché non capisce la lingua) eppure è riuscito a farlo.
Questo significa che l’esperienza è fondamentale, il feedback sensoriale è fondamentale, la postura, la percezione dello spazio occupato dal corpo stesso (che vincola le azioni verso l’oggetto palla) la fatica fisica, sono tutte cose che devono essere fissate bene a mente per potersi muovere in sicurezza; in pratica il bambino “fissa” dei key points che gli permettono di capire se sta facendo un movimento bene o male.
Anche nel ragazzino che impara a giocare bisogna identificare e fissare questi key points che devono essere chiaramente spiegati e provati a lungo perché sono le basi del movimento complesso; l’organizzazione di questi key points (che sono definiti e che ti consentono di fare il gesto corretto) in un programma motorio fluido è il risultato dell’interazione tra atleta ed allenatore, tutto qua.
Ad esempio riporto un passo del tuo trattato; “… Un esempio su tutti, propedeutico al palleggio: “Lancio la palla, corro sotto, la blocco a braccia distese, poi piego alla fronte e lancio”. A mio avviso questo propedeutico è sbagliato. E’ sbagliato perché mi dà l’idea che si cerchi di fissare nel giovane atleta il concetto che per palleggiare dobbiamo portarci sotto la palla con le braccia distese e poi fletterle, salvo poi distenderle nuovamente……”.
Prima di tutto devi fissare “qualcosa” a questi poveri cristi …. devi mostragli come tenere le gambe, i piedi, le mani, il busto ecc, viceversa e come se pretendessi che un bimbo di quattro mesi fosse in grado di correre senza nessun problema di equilibrio ….. ti pare possibile?
Senza dubbio ciò che dici è corretto. Il problema del modello tecnico però esula dal mio tema. Nel senso che, ovviamente, prima di fare un palleggio ad un bimbo deve essere mostrato cosa sia un palleggio… poi fatto provare, spiegato, corretto eccetera eccetera.
Mi sembra difficile confutare un modello d’insegnamento senza paragoni statistici documentati …. questo non significa che “va bene qualsiasi cosa”, ma significa prendere i key points e svilupparli in progerssioni adatte e misurabili nei risultati; poi le capacità dell’allenatore e quelle dell’atleta, fanno la differenza.
Tutto qua.
Sono d’accordo. Però, come dici tu, la scelta non può essere casuale. Se io scelgo un propedeutico, devo quanto meno avere un’idea del perché lo scelgo. Secondo me bloccare una palla a braccia distese è una cosa che poco ha a che vedere con il nostro palleggio.
Mi sembra più una speculazione che altro; le modalità di apprendimento motorio sono “vaste” e molto complesse.
Non mi sembra il caso di ricordare le modalità di percezione motoria relativamente alla presa degli oggetti (sarebbe troppo lungo e probabilmente poco interessante), cmq quello che tu identifichi come blocco della palla, non è tale in realtà.
Si tratta di una “presa” dell’oggetto che significa un movimento coordinato di muscoli che “ammortizzano” l’arresto dell’oggetto (quindi un movimento “propedeutico” al palleggio) nel quale la fase di rilancio non viene sviluppata.
Tutto qua.
Ciao e complimenti per il blog molto interessante. Alleno da qualche anno e prima ho passato molti anni in palestra come dirigente, direttore sportivo, etc. Poi mi sono deciso a prendere “la patente” (primo grado). Ho allenato sempre squadre femminili di Under16, Under18 e Seconda Divisione. Ora ho cambiato società e mi ritocca una U16 con Terza Divisione. Veniamo al dunque però…
Quello che scrivi nell’articolo lo ritengo giusto. Cito: “Un esempio su tutti, propedeutico al palleggio: “Lancio la palla, corro sotto, la blocco a braccia distese, poi piego alla fronte e lancio”. A mio avviso questo propedeutico è sbagliato. E’ sbagliato perché mi dà l’idea che si cerchi di fissare nel giovane atleta il concetto che per palleggiare dobbiamo portarci sotto la palla con le braccia distese e poi fletterle, salvo poi distenderle nuovamente”. Il problema credo però che sia dovuto principalmente al fatto che troppo spesso ormai il livello degli allenatori che le società utilizzano (non chiaramente quelle di livello alto) in giovanili basse (dal minivolley alla under12 o 13) sia estremamente basso e di conseguenza chi allena ragazzini\e dalla under14 o 16 in su si trova ad affrontare problemi che si sarebbero dovuti risolvere prima: “non portare la palla per palleggiare all’altezza del mento, non è corretto e non serve a niente !”. Risposta:” lo so, ma ci arrivo tardi sotto al pallone perchè non riesco a calcolare la traiettoria. Quindi la prendo bassa per forza”. Ora, in ragazzine di 14 o 15 anni è dura (non impossibile) ottenere dei risultati accettabili semplicemente da lunghe ripetizioni analitiche. Può essere necessario “fondere” l’insegnamento del gesto tecnico ad un “richiamo” (magari MAI fatto) di gesti motori di base e sviluppo di capacità di osservazione. Non ho detto che sia giusto, ma dato che le società vogliono spendere poco “prima”, molti di noi dopo devono fare anche un po’ di lavoro di minivolley (più o meno…). Scusate se sono stato prolisso…