La qualità della ripetizione

Qualità della ripetizioneQualche settimana fa ho conosciuto un nuovo allenatore e ho avuto il piacere di scambiarci due chiacchiere. Tra i tanti temi affrontati, si è finiti con il parlare della scarsità di pallavolo maschile nella nostra città. Da lì siamo finiti a parlare più in generale della qualità dell’allenamento a livello giovanile. Mi ha esposto un pensiero veramente bello, da cui voglio partire per sviscerare la solita discussione con i lettori.

Secondo lui, che allena da molti anni, uno dei più grandi errori commessi dagli allenatori è che “hanno in testa l’idea che i ragazzi debbano esclusivamente fare delle ripetizioni“. Lo so bene, qualcuno avrà storto il naso. Però la sua sentenza era ben argomentata e non posso fare a meno di riportarla e condividerla. Il problema non è solo legato al numero di ripetizioni, ma alla loro qualità. Secondo lui, questo secondo parametro deve avere priorità assoluta in fase di apprendimento di un gesto tecnico. Del resto, ha senso far ripetere tantissime volte in pochissimo tempo un gesto tecnico, senza avere così il tempo di effettuare una correzione a 360° gradi, mirata e puntigliosa? Evidentemente no. Dobbiamo per forza dilazionare le ripetizioni in un tempo maggiore. Mi ha detto: “Vedo sempre tanti allenatori lanciare mille e mille palloni, convinti di allenare qualcosa. Ma facendo così tu alleni solo l’errore!“.

Il problema dell’allenamento dell’errore mi ha veramente dato da pensare. Quante volte tutti noi, in preda a questo strano principio delle ripetizioni elevate, trascuriamo qualcosa, accettando ripetizioni grossolanamente valide, ma non corrette? Il rischio è quello che un errore, seppur piccolo, diventi poi gesto automatizzato, con tutti i problemi che questo comporta. Sono andato a rileggere le lezioni dei corsi allenatori che ho frequentato e non ho mai trovato qualcuno che si soffermasse a parlare veramente della qualità della ripetizione.

Quali sono i parametri che rendono una ripetizione valida, in fase di apprendimento? Provo a citarne alcuni che condivido:

  • Possibilità di dare correzioni immediate ad ogni esecuzione
  • Semplicità e analiticità della ripetizione

Un esempio: se voglio insegnare a fare un palleggio di appoggio, probabilmente non ha molto senso iniziare a lanciare palloni, dall’altra parte del campo, a raffica, 2-3 palle per bambino e poi giro. In questo modo, infatti:

  • Se penso al ritmo, non posso correggere ogni gesto tecnico;
  • Il mio lancio arriva da lontano, può essere impreciso, aggiungendo alla tecnica di palleggio quella di spostamento;
  • Sono fisicamente lontano dai miei giocatori, per poter vedere tutti i piccoli aspetti tecnici con precisione e per poter dare tempestive correzioni (salvo urlare in continuazione da una parte all’altra della palestra).

Quale potrebbe allora essere un processo di insegnamento “corretto” in base al principio sopra enunciato? Provo a scrivere alcuni esercizi di base per il palleggio d’appoggio, post-propedeutici:

  • Palleggio contro al muro da seduti o inginocchiati, fermando la palla ogni volta o lanciandola prima contro al muro e poi facendo un palleggio (isoliamo il lavoro delle braccia);
  • Palleggio a coppie, uno lancia preciso e l’altro palleggia preciso, si ferma la palla ogni volta; eventualmente lavorare con palla trattenuta (sensibilizzazione dell’azione elastica delle mani);
  • Palleggio su lancio preciso dell’allenatore, che lancia dallo stesso campo del bambino, a distanza di pochi metri;

Cercando di concludere, credo che, in generale ma soprattutto in fase di apprendimento, si debba pensare molto alla qualità della ripetizione prevista nel nostro esercizio, cercando di limitare il numero di variabili presenti e rendendo possibile la correzione del maggior numero possibile di esecuzioni. Pensare solo alla quantità, infatti, può portare a fissare gesti tecnici non corretti che, alla lunga, potrebbero diventare automatismi, con grosse difficoltà per correzioni successive.

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75 commenti su “La qualità della ripetizione”

  1. Credo che l’allenatore che lancia i palloni dall’altro campo per allenare il palleggio di appoggio abbia già in precedenza lavorato sugli altri esercizi. Sono esercizi su piani differenti, il primo è un’evoluzione degli altri, un po come propedeutici. Per parlare di ripetizioni qualitative mi sposterei ad analizzare gli esercizi di base, quelli dove impariamo proprio il gesto tecnico, ad esempio il palleggio contro al muro da seduti. E’ li che secondo me dobbiamo puntare a ripetizioni qualitative, dove il giocatore impara i primi passi. E’ li che non ha senso dirgli: palleggia contro il muro e fanne tanti. Li dobbiamo seguire e correggere di volta in volta, prendendo il tempo che serve. In seguito, una volta appreso bene il gesto e automatizzato, possiamo passare al concetto di più ripetizioni, e passare all’esercizio dove l’allenatore lancia il pallone. Poi ovviamente non dico di iniziare a lanciare a raffica mille palloni senza guardare cosa succede, bisogna cercare dei compromessi. Ritengo che possiamo “stabilire” una relazione del tipo: più l’esercizio è evoluto, più puntiamo alle ripetizioni perché si suppone che l’atleta abbia già imparato il gesto e lo stia solo automatizzando in una situazione più complessa di un “palleggio contro il muro”, mentre nel muovere i primi passi dobbiamo puntare sulla qualità per non far imparare un gesto “sbagliato”. E comunque è un discorso generale, dipende dall’obbiettivo dell’esercizio, dal livello degli atleti ecc.

  2. Bella discussione Andrea.

    Credo si debba differenziare a seconda dell’eta’, dal fisico e del grado di esperienza dell’allievo.
    Se sto lavorando analitico su un ragazzo di 11 anni e’ molto probabile che anche con un
    esercizio molto semplice commetta diversi errori.
    Per esempio se l’obiettivo dell’esercizio e’ focalizzato su un aspetto particolare,
    anche se il ragazzo commette altri 10 errori, verra’ corretto solo su quel particolare.
    Altro esempio: se ho un ragazzo molto scoordinato, e’ chiaro che non potro’ correggere i 100 errori
    che fara’, ma le mie aspettavive e il mio particolare da curare sara’ a misura delle sue capacita’ di partenza.
    In una squadra e’ difficile avere un livello omogeneo. La maggior parte delle
    volte ho un livello eterogeneo di capacita’ fisiche e tecniche tra gli allievi.

  3. Siamo certi che correggere ogni volta che un ragazzo sbaglia sia utile e migliori il suo apprendimento?
    Meglio il feedback esterno dell’allenatore o il feedback interno del ragazzo?
    Dal punto di vista mentale puo’ diventare quasi fastidioso essere corretti
    ogni volta che si esegue un esercizio. Occorre trovare il giusto compromesso.

    Sulle tipologie di correzioni vorrei che Andrea scrivesse un articolo apposta.

  4. Il rischio per un allenatore è perdersi nell’allenamento stesso. Alla fine occorre pensare alla partita e quindi la perfezione non può esistere.

  5. Questa è una bella discussione.
    Mi trovo d’accordo con l’articolo scritto da Andrea: dobbiamo stare attenti a non allenare l’errore. Questo sia nell’U14 che nelle Senior.
    Direi di non parlare troppo di analitico, sintetico o globale ma focalizziamo la nostra attenzione nel non allenare l’errore.
    In ogni esercizio che proponiamo dobbiamo badare alle prime 3-4 ripetizioni: sono quelle che devono essere eseguite bene! O meglio: si deve raggiungere la correttezza nelle prime 3 ripetizioni! Che senso ha raggiungere l’obiettivo all’8^ ripetizione su 10?? Così alleniamo l’errore.
    Se ci accorgiamo che l’esercizio non decolla entro le 3 ripetizioni conviene facilitarlo così che la squadra esegua correttamente il compito assegnato e poi portare le atlete a svolgere l’esercizio originale. Probabilmente in queste modo dovremo rinunciare ad un altro esercizio che ci eravamo prefissati di fare in quella seduta di allenamento ma di sicuro otterremo risultati migliori.
    Operando in questo modo alleneremo la nostra squadra fornendo (quasi) sempre un feedback positivo evitando le “continue e a volte fastidiose” correzioni del tipo “non devi fare così ma cosò..”. La correzione dovrebbe essere sempre il più positiva possibile, evitando il “non devi fare così” sostituendolo con un “proviamo a fare così..”. In questo modo si elimina l’accezione negativa della correzione, anche se sono convinto che se riuscissimo ad operare nel modo descritto sopra si andrebbero quasi ad eliminare questo genere di correzioni.
    E’ giusto spingere la nostra squadra nel “non conosciuto” ma ricordiamoci di far sempre passare le atlete dal conosciuto.

  6. Ma che fine hanno fatto i propedeutici di cui tanto si è parlato?
    Come si definisce un gesto di buona qualità? riferito a cosa? al modello di riferimento dell’età dell’atleta?
    Che cos’è l’errore? riferito a cosa? al fatto che non ho raggiunto il mio obbiettivo?

    Mi sembra che si stia facendo un minestrone di concetti senza una sequenza logica di sviluppo; vi ricordo, ad esempio, che non sono ancora stati “abbozzati” i punti chiave della corretta postura del BAGHER ……

  7. Leo, come ho scritto, qua parliamo di uno step un po’ successivo al propedeutico.
    Secondo me, poi spero scriveranno altri, dobbiamo avere in testa dei modelli tecnici e definire errore un qualsiasi discostamento dagli stessi, almeno a livello giovanile (cercherei di non addentrarmi nel discorso degli adattamenti e delle personalizzazioni, diventerebbe lunga).
    Non raggiungere un obiettivo non credo sia un errore, credo sia solo necessità di ulteriore allenamento o di ricalibrazione dello stesso.

    I punti chiave della corretta postura del bagher arriveranno, perché intanto non scrivi qualcosa su come la vedi tu?

  8. Come si fà a parlare di qualità senza aver definito uno standard? e se non esiste uno standard (probabile, il volley è uno sport di situazione) come si fà a parlare di qualità del gesto tecnico? siete sicuri di non confondere la qualità con l’efficienza?

  9. Attenzione, qui stiamo parlando di QUALITA’ di RIPETIZIONE e a quello io mi riferivo.
    Se vogliamo parlare di qualità del gesto tecnico siamo su un altro discorso.. Ok che poi le cose devono andare di pari passo: è inutile far ripetere il gesto tecnico errato!!! E qui ti dico: non alleniamo l’errore! Non facciamo fare 50 bagher consecutivi contro il muro alle nostre bimbe senza fornire loro un obiettivo: all’inizio potrebbe essere una semplice richiesta del tipo “ad ogni bagher ricompongo il piano d’appoggio” per poi passare ad esercizi più complessi come fare 50 bagher sullo stesso punto del muro con un piede avanti.. e così via!
    Ad ogni esercizio dobbiamo dare un obiettivo ben definito in modo da fissare una parte del gesto tecnico (Nei più piccoli soprattutto!) così da stabilizzare la corretta esecuzione di ogni colpo.
    Parlo di bagher perchè abbiamo tirato in ballo quello: vedere le bimbe che sbracciano a destra e sinistra mentre fanno 15 minuti di bagher contro il muro non ha senso. Ma nemmeno 5 minuti ha senso. cerchiamo di trovare un esercizio che le obblighi a fare quello che ho in mente!
    ES 1: Voglio cercare la frontalità rispetto alla palla? L’esercizio più semplice è quello di far rimbalzare in mezzo alle gambe la palla lanciata da una compagna. Questo è un signor esercizio! Mentre trovo più inutile perdere 10 minuti contro il muro con bimbe che sparacchiano la palla sbracciando. Iniziamo dalle cose facili.
    ES 2: Sbracciano in maniera vistosa?? Vuol dire che non spingono di gambe. Possiamo legare le braccia e far eseguire il bagher così costrette. In questo modo le spalle non si aprono e si è costretti ad utilizzare le gambe. Dopo qualche ripetizione in questo modo, sleghiamo le braccia e rifacciamo eseguire il bagher. Sicuramente sarà migliorato, magari l’esecuzione non sarà ancora perfetta ma l’atleta ha capito la corretta esecuzione e (speriamo) la ricercherà sempre.

    Come vedete si cerca di focalizzare l’attenzione su di un particolare cercando però di fissarlo così poi da poter lavorare su altri particolari sino ad arrivare alla corretta esecuzione della tecnica completa.
    Secondo me questa è un modo corretto per definire il gesto tecnico.
    Ricordiamo inoltre di fornire il maggior numero di vissuti motori ai nostri giovani atleti. Forniamo loro le basi più ampie possibili così da avere in futuro giocatori pensanti e non robot telecomandati a distanza!

  10. Rispondo a Mauredo: nel momento in cui la tua squadra cresce penso sia impossibile perdere tutte le partite.
    A livello giovanile si sa che se si insegna a battere bene si vincono campionati a go go… ma che senso ha?? Quando questi giovani “campioni” si ritroveranno in squadre senior saranno in notevole difficoltà perchè non abituati a giocare azioni sostenute o peggio non avranno nemmeno la tecnica necessaria per poter affrontare campionati di un certo livello. Eppure da giovani sono stati campioni provinciali/regionali…..
    Con questo non voglio dire di trascurare la battuta ma di insegnare bene tutti i fondamentali. E attenzione: nel giovanile avere una buona battuta non implica il fatto di avere anche una buona ricezione!
    Io la penso così.

  11. Ozone13,
    Un atleta (persona) non è come un alberello bonsai al quale leghi un ramo per fargli assumere una piega specifica che gli rimarrà tutta la vita; la “costrizione motoria” non ha mai dato risultati stabili e stabilizzati.
    L’obbiettivo è una specie di costrizione (vedi propedeutici) ma è difficile definire obbiettivi che “condizionino” la motricità esclusivamente per uno specifico aspetto del gesto motorio (far passare il pallone in mezzo alle gambe ha poco a che fare con la frontalità del bagher … meglio fargli prendere il pallone in mezzo alle gambe, IMHO).
    Perché non lavorare sulle strategie di apprendimento motorio?

  12. L’unica cosa che non torna secondo me è questa frase: ha senso far ripetere tantissime volte in pochissimo tempo un gesto tecnico, senza avere così il tempo di effettuare una correzione a 360° gradi, mirata e puntigliosa? Evidentemente no.
    Non è secondo me corretta perchè io del gesto tecnico posso guardare tantissime cose, tante per ogni fondamentale, rincorsa come orientamento rispetto alla rete, rincorsa successione dx sx, rincorsa come tempo di partenza o magari uso dei piedi o velocità di rincorsa o altro, questo solo per la rincorsa! Se io arrivo e le dico queste cose quella non viene più, è ridicolo far notare tanti errori se poi non si ha il tempo materiale per correggerli. Quindi io evito correzioni a 360° gradi, si ok mirata e anche si puntigliosa ma su un particolare aspetto che scelgo tra i tanti e su cui lavorerò tot tempo e poi passerò a altro, nel frattempo me ne frego (passatemi il termine). Nel mentre (su particolari che non ho curato) la ragazzina farà ancora errori, ma non posso pensare di non farla giocare o di inserire esercitazioni a ritmo elevato solo quando avrà una perfetta gestione della tecnica generale del fondamentale, altrimenti non la finisco più.
    Quindi mi associo a Luca del secondo commento.
    E su quello che chiede lui dico la mia opinione, credo che l’allenatore debba rompere le scatole fino a che il ragazzo non capisce dove sta sbagliando, una volta che capisce perchè quella palla va a rete o quella palla va fuori tenderà a autocorreggersi, se poi non si autocorregge allora intervengo. Invece per la prima domanda, se sono in analitico e in sintetico tendo molto a intervenire sul gesto tecnico, se sto lavorando sul globale certi aspetti tecnici posso notarli e rimandare la correzione ai prossimi allenamenti tornando su esercizi analitici.

  13. Una precisazione, su cui evidentemente non sono stato chiaro: il mio concetto è che tu devi avere modo di POTER correggere il maggior numero di cose. Poi è logico che se uno sbaglia tutto non gli dai tutte le correzioni insieme, il famoso principio dell’uno alla volta è sempre valido.

  14. Si Andrea, stiamo dicendo la stessa cosa. Quando però lavori con 15 atleti sai bene che è impossibile guardare tutti o tutto, mi concentro su una cosa o poche cose per motivi d’apprendimento ma anche di praticità, la cosa più difficile all’inizio è che se metti le persone a muro, da qui che fai il giro qualcuna avrà fatto tot ripetizioni errate, ma non ci posso fare niente! La stessa cosa vale per le coppie e per i terzetti e ancora di più se svolgo un 6 contro 6 dove i miei 2 occhi non possono guardare 2 campi con 12 persone che si muovono, quindi anche qui certi errori gli lascio concentrandomi su un problema che magari è il tema dell’allenamento.
    Il problema poi di quantità e qualità esiste, all’aumentare della quantità la qualità scende e questo vale per tutti, anche se anche qui forse sarebbe meglio precisare, quantità inteso come numero di ripetizioni in un tempo, 100 bagher posso farli in 3 minuti o posso farli in 30 minuti, se alzo i ritmo la qualità scende.
    Se devo scegliere tra 10 bagher di cui 9 fatti bene e 100 bagher di cui 60 fatti bene cosa scelgo? Se decido che la qualità venga prima di tutto in termini % ne farò fare 10 se invece credo siano + utili i 60 giusti ne farò fare 100. dico scemenze?

  15. Articolo interessante: Italian Journal Of Sport Sciences VOL.11 – numero 1-2 2004.

    Feedback e controllo motorio [Claudio Mantovani]

    Interessante il commento n.14 di leopally:
    1) “costrizione motoria” non ha mai dato risultati stabili e stabilizzati.
    Allora come fare per far migliorare la tecnica? Tante ripetizioni.
    Meglio 100 ripetizioni con 6 giuste e 4 sbagliate piuttosto che solo 10 ripetizioni tutte giuste.

    2) Perché non lavorare sulle strategie di apprendimento motorio?
    Intendi proporre dei giochi in cui l’obbiettivo sia risolvedere un problema: dai delle regolette
    e gli atleti devono trovare la loro personale strategia.

    Avevo letto da qualche parte di una ricerca sull’insegnamento sportivo (purtroppo non ho riferimenti, quindi prendetela con la dovuta accortezza).
    Hanno preso tre gruppi di ragazzi per imparare un gesto tecnico visto all’inizio.
    -gruppo A: ripeteva continuamente da soli e senza suggerimenti
    -gruppo B: venivano fornite tante correzioni
    -gruppo C: ripeteva con correzioni intermittenti

    Alla fine la classifica dei gruppi era:
    -gruppo C: migliore
    -gruppo B: peggiore

  16. Guardate, io non so più di cosa stiamo parlando, però il “obiettivo risolvere un problema da soli” e “ripetere da soli senza correzioni” mi sembrano cose poco da allenatori. Poi magari non capisco niente io. Però vedere gente che gioca da 5-10 anni a pallavolo e non sa fare un bagher se va oltre la prima divisione mi fa pensare che ci sia stato qualche problema nell’insegnamento. Se tu metti un bambino di 4 anni davanti ad un dizionario e non gli dici niente, col cazzo che a 10 anni sa leggere e scrivere. Ci vuole sempre un metodo.

  17. Leopally:

    -Non considero un atleta come un alberello bonsai ma se questo non capisce il tipo di movimento da fare sono per la “costrizione motoria” così che si crei degli adattamenti in grado poi di fargli ripetere il gesto tecnico nella maniera corretta. Non è che gli faccio fare bagher con le catene di Mimì Ayuara… Non li faccio sanguinare!

    -Sul discorso del “è meglio fargli afferrare la palla” anzichè “fargliela passare in mezzo alle gambe” ti posso dar ragione ma dipende sempre con chi stai lavorando. Riuscire ad afferrare la palla al volo presuppone che questi sia già in grado di spostarsi correttamente davanti alla palla e ne sappia calcolare la traiettoria. Volevi esempi e te li ho forniti, tutto qui! 😉

    -QUALITA’ di RIPETIZIONE: si intendo ripetibilità del gesto tecnico. Ovvero un esercizio che sia eseguito ocn la corretta esecuzione del gesto tecnico.

    -Quali sarebbero le strategie di apprendimento motorio che intendi?
    Io lavoro attualmente con una 1 Divisione x cui alcune cose che scrivo non riesco assolutamente ad applicarle. Aiuto un’Under 16 e lì qualcosa in più riesco a fare. Secondo me quello che intendi tu è un lavoro che bisogna fare soprattutto nel minivolley e fino all’U14, poi si deve iniziare a lavorare sull’affinamento della tecnica.

    Concordo con Davide sulla NON CORREZIONE a 360°: è troppo dispersivo. E’ quello che cercavo di far capire nel mio post n. 12 e magari mi sono espresso male. Ogni esercizio secondo me deve avere un obiettivo tecnico ben precisato e si deve chiedere all’atleta di migliorare quell’aspetto… Anzi, ancora meglio: l’esercizio dev’essere studiato per migliorare quell’aspetto.
    Però qui stiamo parlando di giovanile al 100%. In squadre senior secondo il mio punto di vista si lavora molto meno sull’analitico così puntiglioso in quanto le atlete hanno già basi solide (si spera).

  18. Sì certo, è sottointeso che si parli di giovanile. Sottinteso mica tanto poi, visto che tutto l’articolo è incentrato sull’insegnamento (più volte sottolineato).
    Mi riallaccio a quanto detto da Davide nell’ultimo commento: scegliere tra 9 corrette su 10 o 60 corrette su 100.
    Secondo me, o almeno così penso per il momento e di questo vorrei poterne parlare con il maggior numero di allenatori, la risposta è “dipende”. Il problema è semplicemente che il focus che viene sempre dato è sulla quantità e mai sulla qualità. O mi sbaglio? Quanti di voi parlano o sentono parlare ai corsi e agli aggiornamenti della qualità della ripetizione? Io sento sempre dire: “dobbiamo ripetere il gesto tecnico tante volte per fissarlo”. Ma se veramente l’obiettivo è fissare qualcosa, credo che questo qualcosa debba essere corretto. Altrimenti fisso una cosa sbagliata e poi arrivano i giocatori in prima squadra che caricano con il gomito all’ombelico, che murano con le mani chiuse volando via da tutte le parti, che ogni volta che fanno un palleggio devi sperare che l’arbitro stia starnutendo altrimenti ti fischierà sempre doppia.
    Io posso anche far fare 1000000000 palleggi al bimbo, ma se non gli dico cosa sta sbagliando e, soprattutto, come fare a “far venire” la cosa corretta, lui non lo potrà mica imparare da solo. O mi sbaglio?
    Allora il punto è aumentare le ripetizioni garantendo però qualità delle stesse. Io credo che nelle primissime fasi dell’apprendimento si debba cercare di uscire dallo stereotipo delle tante ripetizioni e concentrarsi sull’esecuzione. Per il ritmo, l’intensità, il numero di ripetizioni ci sarà poi tantissimo tempo.
    Poi è logico che se ho 20 bambini non ho 40 occhi e 40 bocche per parlare contemporaneamente con tutti, appunto per questo io parlo di ridurre le ripetizioni (ad esempio potrebbero lavorare in gruppo) e aumentare per noi le possibilità di correzione (che non vuol dire fare un mischione e segnalare al bambino 500 errori). Come in ogni cosa, bisogna trovare un compromesso.
    Quello che vorrei capire io dagli altri è solo questo: in che modo possiamo trovare un giusto mix tra qualità e quantità?

  19. Credo che alla domanda di Andrea poi praticamente rispondiamo tutti facendo una cosa. Il giusto mix dovrebbe essere associare a un lavoro quantitativo un parametro qualitativo. Invece di far fare bagher a coppie per un tot di tempo o per un numero definito, dire che queste devono avere certe caratteristiche, ad esempio delimitare lo spazio in cui la palla deve arrivare, e magari posso dire ne facciamo tot e stop oppure devono essere tot di seguito, anche se in questo caso la valutazione qualitativà sarà sul risultato e non sulla tecnica pura!!! Però se parliamo di mix questo mi sembra l’unico attendibile. Anche se questo ha i suoi lati positivi e negativi, chi è più avanti tecnicamente finirà prima e chi è indietro non finirà mai.
    Io non mi sono mai occupato di bambini sotto i 12 anni quindi sui bimbi non mi esprimo.
    Poi un’altra cosa, per la correzione dell’errore bisogna passare dall’analitico al sintetico al globale, se arrivo al globale e non ho risposte decenti, torno nuovamente sull’analitico (magari l’allenamento dopo) e rifaccio la prova. Alla fine la valutazione deve avvenire in un contesto globale, è nel globale che si capisce se il movimento è stato appreso, inutile che la ragazzina mi faccia bene a un muro il bagher e poi sbracci per il campo… il muro è diverso dal campo per quanto utilissimo.
    L’analitico il sintetico e il globale devono essere concatenati bene e queste 3 tipologie tra di loro hanno diverse quantità, diversi ritmi e diverse possibilità da parte nostra di intervenire.
    Per le primissime fasi concordo con Andrea, in quel caso prima la qualità! Poche ripetizioni ma fate bene, però parliamo proprio di primissime fasi.

  20. Quando di tratta di “formazione” io ci entro. Credo nel lavoro di formazione sui giovani. Non ho letto tutto il post…è lungo e preferisco non farmi influenzare. Espongo la mia opinione che magari è gia stata espressa da altri che mi hanno preceduto. Andrea parla di “ripetizioni”…Partiamo dal presupposto che per trasmettere una tecnica (ora posso dire anche per l’aspetto caratteriale) è necessario avviare un processo già in fase iniziale (tipo U12-14). Perchè? E’ una mia idea nata dall’esperienza che sto vivendo. Aspettare 18-20 anni secondo me è pericoloso perchè il soggetto ha già un “carattere” e se poi non si presta a “cambiamenti” la faccenda è veramente dura da affrontare. Come è possibile trasmettere una tecnica? Con Ripetizioni? Sì! si può, però il rischio è che ne facciano un po’ male e un po’ bene. E qui inizia il vero dramma secondo me…come faccio a seguire “dettagliatamente” 12-14 atleti contemporaneamente? magari ognuno ha una “difettosità” differente che per migliorarla avrebbe bisogno di un esercizio analitico specifico. Quest’anno mi è capitato che alcune mie atlete eseguivano degli errori di tecnica palesi (ho “ereditato” il problema…), ho pensato di seguire singolarmente la cosa. Risultato? Non potevo seguire al meglio le altre che intanto magari qualche errore evidente lo fanno e NON riescono a valutarselo (chi gioca pensa a divertirsi…la tecnica viene dopo).
    L’allenatore, come al solito, a questo punto cosa fa? Accetta la “media” tecnica della squadra e accetta che alcuni singoli rimangano un po’ sotto la media. Odio fare questo genere di ragionamenti. Una mia soluzione al problema? Spiegare alle Società, che nella formazione delle squadre, non è sbagliato dare una omogeneità al livello tecnico tra i giocatori, per evitare situazioni di atleti più in difficoltà e che poi spesso non si divertono perchè poi l’allenatore prova sempre a prendere i migliori per la partita. Chiudo con una mia considerazione. In genere provo a sviluppare pochi esercizi in ripetizione. Di solito perchè sono i più noiosi, e poi preferisco trasmettere ai giocatori il concetto del fare “poco” (passatemi il termine…) ma bene, magari molto bene, e se vogliamo essere esigenti, eccellente. La pallavolo è uno sport dove devi gestire “pochi” palloni ma al massimo della prestazione. Con le ripetizioni gli facciamo credere che avranno sempre una altra opportunità…
    Tengo a precisare che l’aquisizione di un gesto tecnico passa inevitabilmente per delle ripetizioni, si tratta solo di stabilire se farne 1.000.000 per raggiungere un automatismo (a queste cifre direi che siamo sullo “scientifico”…) o farne 100.000 con l’idea del “farlo bene”. Forse a questo punto diventa solo una questione di tempo a disposizione.

    Saluti
    Fog-Factor
    ALLENATORE 1G

  21. Ozone13,
    Relativamente alla ripetibilità del gesto: un concetto articolato (relativo) che ha pochissimo a che fare con la Qualità (assoluto).
    Non voglio fare filosofia spicciola, ma credo fortemente nella chiarezza dei concetti come presupposto per una comunicazione chiara …. a tutti i livelli.

    Relativamente alle strategie di apprendimento: bisogna leggersi un pò di pedagogia, bisogna imparare a comunicare (dato che non tutti apprendono ascoltando, molti apprendono “vedendo” l’esecuzione del gesto, ecc.), bisogna imparare a focalizzare un percorso formativo ed a suddividerlo in “tappe” raggiungibili all’80% (esempio), bisogna insegnare agli atleti a guardare (gli altri ed i loro mvimenti), sentire (il proprio corpo e come si muove nello spazio) ed ascoltare (capire il messaggio, non il discorso).

    Insomma: l’allenatore deve fissare un “piano di sviluppo” (progetto; condiviso anche con la società, why not!) identificando dei marker misurabili e condivisi con i giocatori (può essere 99 ricezioni su cento oppure 60 ricezioni su cento, dipende dal “livello dell’atleta”); questi devono sapere come valutarsi e come identificare se migliorano o no (COMUNICAZIONE) …. tutto qua.

  22. Mi riallaccio alla conclusione del commento di Fog-Factor, il tema sono gli allenamenti nelle giovanili:

    Quando tempo utile abbiamo a disposizione durante la settimana?
    Facciamo il caso classico e piu’ comune: 3 allenamenti di 1h e 30′.
    In realta’ non sono 90′ (provate a filmare un allenamento). Si perde tempo con:
    -spiegazione esercizio
    -fermi tutti e correggo
    -giocatori che aspettano in fila senza fare nulla
    Vorrei sapere quante ripetizioni fa un singolo atleta in un singolo esercizio e per quanto tempo e’ impegnato a fare qualcosa durante l’allenamento.
    Facendo una media dico che in realta’ il ragazzo o la ragazza sta facendo concretamente allenamento per 60′ circa.

    Alcune possibili soluzioni:
    -spiegazione esercizio: facciamo sempre gli stessi esercizi e a rotazione cambiamoli. Scegliamo (*) 5 esercizi sul palleggio, 5 sulla ricezione… cosi’ una volta imparati, basta dire ai giocatori: esercizio XYZ e loro sanno gia’ dove mettersi e come si svolge l’esercizio. Altrimenti i ragazzi imparano a fare gli esercizi piuttosto che imparare a giocare a pallavolo. POCHI ESERCIZI, FATTI BENE.

    -fermi tutti e correggo: correggere un solo particolare per un solo esercizio. Prediligere le correzioni volanti sul singolo atleta senza fermare tutti. COREGGERE UN PARTICOLARE ALLA VOLTA.

    -giocatori che aspettano in fila senza fare nulla: far fare qualcosa ai giocatori fermi in fila. Non credo che un ragazzo fermo che guarda e ascolta, impara di piu’ rispetto a chi prova su se stesso a fare le cose. Facciamogli fare dei mini palleggi sul posto, esercizi fisici… NO FERMI IN FILA AD ASCOLTARE LA LEZIONE DEL COACH.

    (*) dipende dalla nostra esperienza e dal gruppo che abbiamo in mano: su che cosa devono lavorare per prima? Cosa mi piace curare? Qual e’ la mia filosofia di gioco?

  23. Oltre al numero delle ripetizioni e alla loro qualita’ tecnica, vorrei sapere come gestire la qualita’ “fisica”,
    cioe’ la velocita’ e l’intensita’ del gesto.

    Meglio fare ripetizioni a grande intensita’ (simile alla situazione partita) o a bassa intensita’?
    Quando insistere sull’intensita’?

  24. Luca,

    Che cosa intendi per intensità? un carico importante sul metabolismo, sul SNC, sul fisico o psicologico?
    Devi ragionare nei termini di che cosa è “realisticamente raggiungibile” ponendoti come obbiettivo un 20% in più.

  25. Intendo se la singola ripetizione viene svolta in condizioni simili alla partita oppure no.
    Ad esempio se lavoro sulle ricezioni, il pallone arriva teso o con parabola alta,
    il ragazzo deve spostarsi velocemente o e’ fermo sul posto e aspetta la palla…

    Sono d’accordo che l’obiettivo fisico deve essere >, come lo deve essere un obiettivo tecnico, psicologico…
    Su cosa lavorare dipende molto dall’atleta: eta’, caratteristiche, lacune…
    e da li’ capire su quali capacita’ coordinative e condizionali devo lavorare.

  26. Non sono d’accordo che l’intensità espressa durante la fase “di gioco” possa essere considerata “elevata” in senso generale … durante l’allenamento è possibile spingersi molto oltre il livello d’intensità espresso nella fase di gioco; viceversa il carico psicologico-motivazionale potrebbe essere quasi a livelli massimali.
    Anche in questo caso, credo che diversificare chiaramente i concetti permetta di collocare la scena (allenamento, gioco, situazioni speciali) nella giusta dimensione; conseguentemente s’identificano i giusti obbiettivi … ne guadagna il processo di apprendimento dell’atleta e ne guadagna la credibilità dell’allenatore.
    Per fare un esempio banale, l’obbiettivo partita (vincere?) è diverso dall’obbiettivo dell’allenamento (tecnica, forza ecc.), le richieste (motivazionali, morali, ecc.) sono e devono essere diverse; non si possono fare tutti gli allenamenti come fossero tante partite da giocare alla morte …..

    Relativamente al discorso “bassa qualità generalizzata” citato in origine:
    Non è un problema di qualità ma una mancanza di programmi orientati alla crescita dell’atleta …. mi fà sorridere chi si limita solamente a constatare che il gesto tecnico è di scarsa qualità; una sentenza di questo tipo dimostra semplicemente una superficialità nell’approccio.

  27. Secondo me bisogna innanzi tutto separare giovanili da non … e da qui parte l’allenamento
    A) giovanile : tecnica tecnica tecnica …. non pensiamo alle partite ma a formare i ns futuri atleti quindi sn d’accordo con andrea curare il gesto le modalità affianco al ragazzo …
    n.b. oggi si vedono atleti conclamati cn errori osceni …

    B) e’ ovvio che più si sale più purtroppo si va a discapito della tecnica per la tattica e la preparazione della partita in base all’avversario ma anche qui un piccolo appunto.. io utilizzo cmq la fase di riscaldamento per la tecnica e devo dire che sicuramente nn si corregge l’errore ormai assunto ma lo si camuffa un pò …

    Si sta perdendo la qualità a discapito della esasperata necessità di vincere…. saluto a tutti i colleghi

  28. Vero si sta perdendo la qualità,, perche’ interessa solo vincere.RICORDIAMOCI che i nostri giovani si devono divertire giocando…..saluti

  29. Vincere, se non diventa un’ossessione (per genitori e società sportive) è il sale dello sport ad ogni livello.
    Il vero problema, a mio avviso, è concepire la tecnica fine a se stessa. senza spiegare i collegamenti con il gioco e la tattica. Un bel bagher non va insegnato come perfezione del gesto ma come mezzo per ANNULLARE la forza della battuta avversaria = ricevo quindi gioco e la tua battuta va a farsi benedire.
    E cosi con tutti gli altri fondamentali.

  30. Mauredo,
    Potrebbe essere un buon concetto da sviluppare; il fondamentale visto dalla parte della sua “utilità” nell’ambito dell’oraganizzazione del gioco (quindi risvolti importanti dal punto di vista sociologioco del gruppo-lavoro).
    Mi sembra che questo concetto sia molto “comunicativo e comunicabile”; viceversa concetti come “qualità” od “efficenza” sono troppo astratti e difficili da capire e quindi da tradurre in elementi di allenamento.

    Ottimo spunto.

  31. Qui ci stiamo spostando sul tema dell’allenamento globale. Non è una grossa innovazione, ne parlava e ne parla Velasco da oltre 10 anni. Il discorso è questo: se io faccio fare un esercizio estrapolato dal gioco, alleno un movimento, ma in seguito devo portarlo dentro al gioco perché questo produca benefici sulla prestazione. Se io alleno sempre palleggio contro al muro, poi non sarò necessariamente un bravo alzatore, non sarò necessariamente bravo ad appoggiare in palleggio, perché per risolvere queste due situazioni devo essere allenato a farlo. Entriamo in un campo leggermente più complesso che esula dalla qualità della ripetizione: perché se io faccio fare 600 appoggi in palleggio senza riuscire a correggerne uno, allora sto facendo un esercizio che di base è inerente al gioco, ma di fatto serve a poco, perché il ragazzo, per me, non impara semplicemente facendo, ma ha bisogno del maestro che lo corregga.

  32. ringrazio leopally e andrea.

    E’ chiaro che la miglior tecnica serva alla miglior tattica, intendo porre l’accento sul fatto che la correzione sia funzionale allo scopo ultimo del gioco.
    Tornando all’es del bagher far capire in che misura ho annullato la battuta e quali benefici ne abbiamo tratto stimola a capire meglio come correggersi.

  33. Il problema però è questo: se tu ragioni SOLO con questa filosofia, allora uno che fa bagher solo di braccia correndo con le stesse unite e poi però manda la palla perfetta all’alzatore ha eseguito un gesto tecnico corretto, poiché, banalmente, nella situazione di gioco in cui andava usata, l’esito è stato corretto. Invece questo non è un gesto tecnico corretto. Allora dobbiamo evolvere a: creare gesti tecnici che siano veramente funzionali al gioco a cui aspiriamo. “Se fai il bagher così, quando la palla arriverà più veloce non riuscirai ad essere preciso e la palla finirà sul soffitto”

  34. Andrea ha ragione al 100%, la cosa assurda poi è che se nessuno ha mai corretto quel gesto tecnico, per la ragazzina è giusto perchè la palla va in quel punto o comq in under 14 fa punto, dopo diventa veramente complicato sia cambiarlo e sia far capire che è sbagliato, come tu provi a cambiarlo ci saranno dei peggioramenti nel breve periodo e una crescità sul medio e lungo. La frase che ha appena scritto Andrea “Se fai il bagher così, quando la palla arriverà più veloce non riuscirai ad essere preciso e la palla finirà sul soffitto”, è giusta, ma noi allenatore sappiamo che è così, ma la ragazza no, e qui entriamo nel campo della fiducia, si deve fidare molto dell’allenatore. Per fare più tecnica siamo disposti a perdere qualche partita in più? E se si, la società capisce quello che stiamo facendo? Poi per assurdo, nei livelli più bassi vincere non equivale a lavorare bene, per fare punto basterà palleggiare nell’altro campo e tu perderai partite perchè la tua squadra prova a attaccare, questo lavoro nel lungo periodo darà i suoi frutti, ma nel mentre se avete dirigenti illuminati andrà tutto bene lo stesso, se avrete persone che pensano che vincere venga prima di ogni cosa allora buona fortuna

  35. Non ho capito perché bisogna uniformare tutto ad un concetto (qualità) di esecuzione “maxima” del quale non è identificato il modello!

    Per cortesia; mi fate vedere o mi descrivete come si fa il bagher perfetto al quale devo ispirarmi per allenare un gesto tecnico di qualità?
    Devo prendere a modello il bagher fatto da Corsano a da Farina? quello fatto dalla Cardullo o quello della Piccinini?

    Vorrei capire come si fa a teorizzare e conformare una performance di un movimento DI ADATTAMENTO COSTANTE AD UNA SITUAZIONE IMPROVVISA!!!!

    Grazie.

  36. Fammi capire leo, se un tuo giovane atleta, per appoggiare una palla in bagher (lenta e addosso) esegue il gesto tecnico con i gomiti spezzati per te è corretta se la palla va dall’alzatore?

    Riguardo ai modelli tecnici, ne trovi a bizzeffe in giro per Internet. A titolo di esempio, sul bagher d’appoggio tutti parlano della grande importanza della completa distensione dei gomiti.

  37. Questo post si sta facendo “Hot”!!! Concedetemi la battuta. Siete tutti molto tecnici ed esperti. Sto imparando molto. Ora provo ad esprimere una cosa non condivisibile da tutti ma ci provo. Il vostro rapporto qualità gesto tecnico = risultato effettivo secondo me nasce dal concetto dello scout. Nello scout, strumento molto utilizzato per razionalizzare (nel senso di rendere numerico) un risultato di una certa azione, si discute di + # / – = in base al risultato di quella azione. Ma mi mostra se chi ha eseguito quella azione ha fatto il gesto tecnico nella qualità che il risultato della azione ha prodotto? NO! Battezziamo che se il risutato è negativo anche il gesto che lo ha prodotto è negativo. E’ un concetto che vale anche per il valore positivo. Secondo me un atleta può ottenere un risultato positivo dopo aver compiuto una azione con una pessima tecnica e viceversa. Perciò qui l’unica cosa che determina un giudizio sul gesto tecnico (che non è insindacabile perchè è soggettivo) è quello dell’allenatore. L’allenatore può avvalersi delle “regole” che determinano un gesto tecnico “impeccabile” ma poi (ora più tollerato, una volta meno secondo me) lo adattiamo alle caratteristiche del giocatore. Questo secondo me è a volte dettato dalla fretta nel costruire atleti di livello (a 18 anni vogliamo che siano già belli, bravi e pronti per la Nazionale…mi pare che a volte si esageri) e non dare loro una crescita un po’ più lenta ma completa. Oggi con il Rally-point abbiamo visto tutti che atleti anche oltre 35 anni possono dire la loro, perchè allora avere Campioni a 18 anni? Sembra un modo “Slow” di ragionare ma mi sembra più responsabile.

  38. Io credo che a risultato corretto non corrisponda sempre tecnica corretta, ma che a risultato errato corrisponda, salvo casi eccezionali (ad esempio, merito dell’avversario), errore tecnico.
    Come già ho scritto in un precedente articolo, lo Scout è di per sé uno strumento che non valuta la tecnica (altrimenti diventerebbe troppo difficile interpretare i dati e valutare la prestazione di gara). In qualche modo ci si può aiutare con il video. Dove trovo un’esecuzione errata o negativa, vado a riguardare il video e cerco di trovare una motivazione tecnica. Però io in questo caso specifico non mi riferisco alla correzione, bensì all’insegnamento, che è un processo che credo debba essere considerato a parte.

  39. Andrea,
    Relativamente al piano di rimbalzo “spezzato”: per quale motivo questo gesto è errato?
    Hai mai pensato alla necessità della differenziazione del programma motorio utilizzando anche delle “posture” che richiamano il programma specifico e rendono il gesto molto più ergonomico? (es. differenza di postura tra ricezione e difesa).
    Perché fermarsi a considerazioni concettuali che limitano l’esplorazione delle metodologie di apprendimento motorio?

    Per quale motivo gli allenatori usano delle posture relativamente “standard” per insegnare il bagher?
    Perché statisticamente, quelli che fanno bene il bagher hanno delle posture molto simili; se ne deduce che determinate posture sono più “ergonomiche” di altre, consentono, cioè, di ridurre al minimo ed all’essenziale il programma motorio per fare il sopracitato bagher (programma motorio semplice = frequente ripetibilità del gesto; programma motorio complicato = infrequente ripetibilità del gesto, da cui la NECESSITA’ dell’utilizzo dell’alto numero di ripetizioni) …. tutto qua!!!!! … non esistono filosofie o concetti strani, tutto si riduce ad osservazioni statistiche (Mencarelli docet!!!!) ergo esperienza ed osservazione diretta nel gemba!

    Lo scout non c’entra una mazza con tutto questo!

  40. Bella questa discussione. Io sto un pò con tutti, nel senso che la cosa fondamentale è: come può quel singolo ed unico atleta fare quel gesto tecnico nel SUO miglior modo possibile. Ovvio che parto dai principi base e lavoro molto su quelli nel giovanile, ma nella crescita DEVO chiudere gli occhi su alcune cose se quest’atleta ha caratteristiche che non gli permettono il gesto tecnico perfetto, ma i suoi adattamenti risultano cmq positivi al risultato dell’azione. Un allenatore molto bravo nella mia zona (B1 maschile e femminile) che ha fatto crescere molti giovani in questi campionati dice che bisogna lavorare in funzione del singolo giocatore perchè dia la SUA massima espressione che verrà poi messa a disposizione della squadra. Un esempio portato da lui sul bagher è: il modo di fare bagher cambia anche solamente dalla capacità fisica che quel giocatore ha (anche solo come velocità di movimento) di chiudere gli angoli di ginocchia e caviglie, ecco che spezzare i gomiti combinata ad una notevole capacità di movimento del tronco superiore può dare come risultato un bagher di rice preciso (esiste un giocatore così, visto in B2, che aveva iniziato relativamente tardi a giocare). D’altronde se penso a come veniva insegnato il palleggio 20 anni fa rispetto ad oggi, deduco che gli adattamenti, fatti magari per rispondere a nuove situazioni hanno fatto cambiare il modo di intendere iil gesto tecnico ‘perfetto’. @leopally da come scrivi ‘grintoso’ mi piacerebbe vederti in palestra 😉

  41. Scusate…. ma i modelli esistono o no? Si, i modelli esistono.
    Il bagher di ricezione su palla flottante si esegue lavorando con le gambe e con braccia distese (semplifico) mentre il bagher di ricezione su battuta salto spin si esegue come una difesa per cui “spezzando” con i gomiti per tenere la palla alta nel nostro campo, senza l’ausilio delle gambe… ecc ecc…
    Secondo me se non cerchiamo di far eseguire il gesto tecnico ai nostri atleti secondo i modelli ne esce un marasma incredibile con conseguenti scompensi o problemi fisici futuri per i nostri atleti.
    Questi modelli sono stati sviluppati nel tempo ed adattati all’evolversi del gioco e degli attrezzi utilizzati… perchè gettare al vento tutto questo lavoro??
    Penso che possiamo essere tutti d’accordo sul fatto che ogni atleta adatterà alle proprie capacità il gesto tecnico… però lo farà seguendo un determinato modello. Per cortesia: non autorizziamo gli atleti a fare ciò che vogliono come vogliono! Un bagher d’appoggio non si esegue spezzando il bagher! Nel limite del possibile correggiamoli ‘sti atleti.
    Vi porto l’esempio del mio libero: ha 32 anni, ha iniziato a giocare a pallavolo a 22 (5 anni di CSi senza allenatore) e prima faceva il portiere di calcio a 7 femminile. Bene, questa ha un grandissimo senso della posizione ed ottimi riflessi nonchè buona lettura dell’attaccante ed infatti in difesa copre più di metà campo da sola: dalla palla forte fuori dal muro in #5 fino alla piazzata lunga e corta in #6 e lo fa con una altissima efficienza. Problema: difende la palla forte sempre un passo troppo avanti ed il 90% delle volte esegue un saltino per riuscire a difendere!
    In ricezione se la cava piuttosto bene ma ha una tecnica orribile: riceve quasi sempre con la palla fuori dal corpo e spezza il bagher!
    Ho cercato di correggerla perchè sono convinto che con una tecnica corretta la sua efficienza sarebbe migliorata ulteriormente. Ne ho le prove perchè lei negli esercizi analitici (e anche in quelli sintetici a volte) riesce ad eseguire i gesti corretti migliorando la sua resa mentre in gara non riesce a pensare ai gesti corretti a causa della “foga della partita” e ritorna a giocare come sa.
    Tutto questo per dire che secondo me comunque è giusto perseguire dei modelli tecnici, poi esistono delle eccezioni alle quali dobbiamo solo inchinarci e lasciar fare cercando però di migliorare il migliorabile. Quello che non trovo giusto è il giustificare la non corretta gestualità a fronte di una buona riuscita del colpo. Molte volte ci accontentiamo dell’efficienza giustificando problemi che potremmo risolvere migliorando la qualità del nostro atleta. Cerchiamo la perfezione per ogni atleta!
    Con il mio libero ancor oggi ci provo a correggerla….

  42. Non fare un marasma di concetti molto diversi assimilandoli allo stesso argomento.

    1) Non esiste un modello tecnico ASSOLUTO; esiste un modello STATISTICO la cui affidabilità è circa pari al 50%.
    Questo significa che esistono delle “linee guida comportamentali” che devono essere adattate alla persona/atleta!
    Ovviamente una ragazza alta 1,70mt farà un bagher decisamente diverso da un ragazzo alto 2mt … non fosse altro che per la differente altezza della rete del campo di gioco (la ricezione nel femminile è più difficile dato che il campo di gioco è “virtualmente” più grande!).

    2) Siccome il bagher è una sequenza coordinata di movimenti; non capisco perchè si continui a fissarsi su come posizionarsi sotto alla palla e non consideriamo (ed ovviamente non viene allenata) la ritmicità del movimento.
    Ovviamente, sequenza motoria coordinata significa che i movimenti si eseguono con velocità e tempi MOLTO PRECISI, quindi RITMICI.
    Mi sembra che il comportamento del libero in partita rispecchi esattamente questa caratteristica ….. se ne frega di come prende la palla, ma è esattamente nel punto preciso e nel momento preciso nel quale arriva la palla …. ne prima (la palla resta sopra la testa del ricevitore/difensore) ne dopo (la palla và in tribuna a dx o sx, nel migliore dei casi torna nel campo avversario).

    Domande:
    a) che senso ha discutere della qualità di un modello statistico affidabile al 50%?
    b) a cosa serve un allenatore che allena solo “la posizione” (magari legando le braccine) e non allena la ritmicità (alias coordinazione) del movimento stesso?

  43. Diavolo, io sto con te tutta la vita su quello che tu chiami ritmicità. Io dico che bisogna ‘leggere’ l’attacco fino all’ultimo e un attimo prima del colpo avversario mettersi in posizione di difesa, ma se non c’è un minimo di predisposizione nell’atleta, che anch’io trovo molto legata alla sua capacità di coordinazione, faccio una fatica a farglielo capire….
    Sulla domanda (a) si può cmq dire che il 50% non è male come base di partenza

  44. Relativamente al 50%:
    Beh …. meglio di niente, cmq ancora troppo poco per “filosofare” sull’argomento.

    Relativamente alla frase “faccio una fatica a farglielo capire …”:
    Questa è la sfida giornaliera degli allenatori; fare capire (ergo COMUNICARE) un concetto temporale astratto e per molti versi incomprensibile.
    Normalmente si usa la frase: “quando vedi che l’attaccante/battitore fà questo …. allora tu devi fare quest’altro …..” (da qui la necessità degli scout); decisamente molto pratica e focalizzata, si badi bene, su degli OBBIETTIVI specifici quindi orientata al risultato e non alla sequenza (orientamento delle braccia, per esempio) che porta al risultato.
    Questo sistema è anch’esso una specie di “derivazione statistica” dell’esperienza, ma non significa che sia l’approccio e la soluzione migliore del problema … certamente è il sistema più usato.

    Come si allena la corretta sequenza temporale?
    Bella domanda … ci sono delle esercitazioni che “favoriscono” decisamente lo sviluppo di queste abilità (significa un modo diverso di strutturare l’atleta), bisogna anche considerare le capacità visive degli atleti, la loro strutturazione motoria (!) … insomma, qualcosa si stà muovendo ma discutere solo di ripetibilità del gesto specifico è assolutamente miope!

  45. Scusate, che un modello tecnico non possa essere affidabile al 100% è insito al fatto che parliamo di uno sport, di natura umana e di tutte quelle cose che rientrano nel concetto di scienza inesatta.
    Io non capisco tanti problemi. Se noi vogliamo effettuare una correzione su un gesto tecnico, dobbiamo necessariamente avere in mente un modello che riteniamo valido e definire errore ciascun discostamento dallo stesso. Per definire un modello valido possiamo scegliere tante strade (fidarsi di quel che è attualmente in voga, scegliere un atleta di livello internazionale che è molto bravo in quel particolare gesto e così via), l’importante è che alla fine noi abbiamo bene in mente cosa vogliamo che arrivi a saper fare il nostro atleta. Va bene, possiamo metterci anche della tolleranza, ma il concetto è che dobbiamo avere delle idee, non possiamo andare a casaccio, a meno che non decidiamo di inventare noi un modello tecnico nuovo.

    Nessuno parla di postura e basta. La postura è uno degli aspetti del modello tecnico, così come lo è la corretta sequenza di movimenti. Pensiamo ad un atleta scarso in difesa, quali possono essere i problemi tecnici?
    – PROBLEMI FISICI: L’atleta non riesce a chiudere sufficientemente l’angolo tibiotarsico, l’atleta non ci vede bene, l’atleta ha scarsa prontezza di riflessi ecc.
    – PROBLEMI DI POSTURA: Peso indietro, piedi troppo stretti o troppo larghi, posizione non ottimale per eventuali uscite ecc.
    – PROBLEMI DI SCELTA: L’atleta sceglie male la tecnica da utilizzare.
    – PROBLEMI DI CRONOLOGIA: L’atleta prima unisce le mani e poi le sposta (nel caso del bagher)
    e così via…

  46. …. quindi ritorniamo indietro allo statio della ricerca del modello ideale?
    Nel mentre cosa facciamo? come identifichiamo che il peso del corpo rivolto “indietro” è un problema di postura? riferito a quale modello? con quale situazione di gioco? ecc. ecc.

    Le idee ed i progetti sono frutto delle domande (non l’ho detto io, una illustre personalità disse “chedi e ti sarà dato”); ostinarsi a dare risposte ripublicate 100 volte nei corsi di aggiornamento e nella stampa corrente non favorisce nessun modello di prestazione …. nessun progresso.

  47. Scusami, non riesco a capire… se una cosa funziona (anche se fosse il 50% dei casi), non vedo perché dovrei insegnarne una diversa senza sapere dove mi porta… o almeno io non mi prenderei questa responsabilità, magari chi allena da tanti anni e ha tanta esperienza può decidere di farlo…

  48. PERCHE’ SEI IL SOLO ED UNICO RESPONSABILE DELLA CRESCITA SPORTIVA DELLE PERSONE CHE CREDONO NELLE TUE CAPACITA’ E CHE CERCANO DI FARE QUELLO CHE TU INSEGNI!!!!

  49. Il principio che seguiamo è lo stesso… proprio perché sei responsabile della carriera di atleti che credono nelle tue capacità non è giusto che tu faccia “esperimenti”. Esistono dei modelli tecnici la cui validità è provata sperimentalmente, allora io mi devo fidare di questi.

  50. Scusami Leo.. dacci qualche esempio perchè continui a buttare carne al fuoco, chiedi esempi ma tu non dai mai risposte. Non si riesce a capire mai cosa vuoi esattamente dire.

    Poi scusa… c’è forse un modello che ti dice di stare col peso del corpo all’indietro?? NO. Quando identifico il suo problema lo correggo. Non vedo come le due cose possano in qualche modo non coincidere. Ho un modello, chiedo di attenersi nei limiti fisici dell’individuo a quello. Vedo che il ragazzo tiene il peso all’indietro?? Cero una soluzione.. se sarà un problema di postura gli correggerò quella…. Dov’è il problema con l’attenersi a modelli tecnici???

  51. Andrea,
    Hai il dovere di fare il massimo e dare il meglio ai tuoi atleti …. tutto qua.
    Certo, fa “comodo” fare come fanno tutti quanti (nota: allora tutti gli allenatori sono uguali?) ma questo non significa fare il massimo.

  52. Ozone13,
    I modelli sono creati apposta per dare dei riferimenti, non c’è nessun problema nel seguirli …. l’unico problema è “adattarli” alla tipologia di atleta che stai allenando …. (nota: adattamento significa compromesso?).

  53. In sintesi:
    I modelli che normalmente si trovano in giro non corrispondono alla realtà ne di medio-basso livello ne di alto livello (riguardatevi le finali olimpiche 2008 maschie e femminile ….); probabilmente dev’essere ridefinito un “sistema”, più che un modello, dato che sono cambiate molte cose negli ultimi dieci anni (regole di gioco, tipologia degli atleti, modi di vivere, società, ecc.) …. quindi trovo inutile discutere di qualità del gesto tecnico se non in funzione della sua efficacia specifica.

  54. Leopally dici una cosa interessante ma pericolosa. Pericolosa perchè con il discorso “adattarli” si rischia di far passare qualsiasi cosa (anche ignoranza) come adattamento della tipologia di atleta. Poi secondo me diventa veramente complicato insegnare vari adattamenti di bagher, è molto più normale che le atlete adattino il loro gesto tecnico automaticamente, lo personalizzano, ma la fase della personalizzazione deve essere successiva e non contemporanea all’apprendimento della tecnica base.

    Fare come gli altri? Io alleno in funzione alla squadra della categoria e le giocatrici che alleno, i miei problemi non sono i problemi di un altro, quindi anche gli allenamenti saranno diversi, le mie correzzioni saranno diverse, il problema secondo me non si pone, molto improbabile che qualcuno alleni uguale a me visto che avremo 2 squadre con neccessità diverse, se poi qualcuno prende dagli altri senza capire… allora pazienza

  55. Davide,
    Hai ragione relativamente “all’ignoranza”, molti prendono e fanno senza capire ed il risultato è la non comunicazione …. allenare è pericoloso, sempre.
    Purtroppo gli adattamenti si fanno e molte volte non si percepiscono nel loro divenire dei modelli standard ….

  56. Davide:
    Una cosa è assolutamente inconfutabile; la fisica, ovvero le risultanti e le direzioni dei vettori di forza espressi dalla dalla palla ed espressi dai vari piani di rimbalzo (bagher, muro, ecc.).
    I modi per ottenere questi vettori sono tanti e diversi per ogni atleta … tutto qua.
    Certo, non è facile motivare/spiegare un fondamentale in funzione di queste grandezze.

  57. Che gli atleti adattino il gesto alle loro caratteristiche in maniera naturale sono d’accordo, non è quello il problema. Poniamo che mi trovo a allenare un under, in cui nessuno utilizza le gambe per spingere la palla in bagher, e poniamo anche che visto il livello non altissimo qualcuno pur non usando le gambe mandi la palla precisa in 2, dovrei correggere oppure classifico adattamento? Questo è un esempio del cavolo mi rendo conto, però se la palla va precisa non dovrei intervenire? Ma una palla precisa data in under 14 può non bastare in under 16 con il crescere della difficoltà, e lo stesso poi in 18 e a maggior ragione in prima squadra. Quello che dico io è che nell’insegnamento devo pensare non solo a quello che mi serve oggi ma anche a quello che all’atleta servirà domani, una cosa che oggi non si nota domani magari si noterà. Non ho niente da dire sugli adattamenti ma ho molto da dire verso gli arrangiamenti!!
    Credo che diciamo in poche parole la stessa cosa, nn vorrei però che qualcuno leggendo non capisse che non tutto è adattamento ma qualcosa è anche errore tecnico, che magari con palle lente può comportare nessun problema ma con il salire del livello e della difficoltà si, allora io devo intenire e cercare di far migliorare anche in una prospettiva futura e non solo basandomi sul risultato immediato. Altro esempio assurdo, rincorsa del posto 4 senza l’apertura da fuori campo, in under 16 magari non mi crea grossi problemi, ma è pur sempre un errore, non è che si sono adattati ma semplicemente nessuno gli ha insegnato l’uscita, e se comq la giocatrice attaccasse bene per l’under 16 è pur sempre un errore che va corretto perchè poi avrà problemi. Questi sono esempi proprio assurdi… ma in giro si vedono cose così

  58. Concordo.
    Diciamo che motivando “vettorialmente” il fondamentale diviene più facile spiegare perchè bisogna utilizzare le gambe per fare il bagher; con un disegnino semplice spieghi tutto … sicuramente una cosa da esplorare non dimenticando che molte volte le schematizzazioni grafiche sono molto più efficaci e corrette di tante dimostrazioni dirette fatte dagli stessi allenatori.

  59. Appunti di un corso del 1997 tenuto da Julio Velaco.

    Tra le righe si legge: “Non esiste una correlazione diretta tra il numero di esecuzioni in analitico e la precisione di esecuzione in gara!”
    Cosa ne pensate?

  60. Altro pdf: http://www.volleytrainer.com/materiali/attacco/Attacco%20cat%20ragazze.pdf

    “Alla base di tutto il lavoro fatto da noi tecnici ci deve essere un’attenta ANALISI del gioco e dei singoli fondamentali. Questo vuol dire passare ore davanti al video per studiare analiticamente le più forti giocatrici del mondo ed imparare così la tecnica migliore da trasmettere poi alle nostre atlete. In questo modo possiamo quindi crearci un MODELLO dei vari fondamentali e stabilire delle priorità di insegnamento.”

  61. Ma che per caso l’allenatore con cui hai parlato era Attilio Lombardozzi? :-)))
    A noi allenatori della provincia di Roma ai corsi di aggiornamento il suddetto docente sono vent’anni che ci ripete la necessità di evitare di “allenare l’errore”. Questo è un approccio all’insegnamento della pallavolo prettamente “stile anni 80”, il cui massimo esponente era Pittera e che è il modo in cui mi è stato insegnato ad allenare (ho preso il tesserino nel 1988). All’epoca s’insegnava bene, ma dato che non si vinceva molto a livello internazionale, appena è arrivato Velasco e ha iniziato a vincere (grazie al suo approccio “pochi alibi, molto sudore e sangue e cattiveria agonistica”) tutti hanno iniziato a pendere dalle sue labbra anche per la metodologia dell’insegnamento di base. E, mi spiace, ma io non sono mai stato d’accordo col sistema da lui propugnato per cui l’insegnamento tecnico deve partire dal gioco e che, al massimo, si deve “estrarre” il giovane atleta dal gioco per correggere “al volo” eventuali difetti.
    Nella mia esperienza ho sempre invcece verificato che, giocando, i ragazzini pensano esclusivamente a mandare la palla nell’altro campo, senza preoccuparsi di come lo fanno e spesso anche senza preoccuparsi di farlo al termine dei tre tocchi.
    Se non si riesce prima a far capire il gesto corretto, poi a farlo eseguire una prima volta nel modo giusto e infine a farlo ripetere sempre nel modo corretto si finisce per costruire atleti con tecnica non pulita e dunque limitati.
    Ora che il nostro serbatoio di giocatori addestrati secondo la filosofia pre-Velasco si è esaurito e che le nuove leve cominciano a mostrare i limiti del metodo “il-gioco-viene-prima” allora ci si sta cominciando a ricredere e nei corsi tenuti quest’anno ho ascoltato con molta soddisfazione gli allenatori delle nostre nazionali giovanili affermare in sostanza che “ci siamo spinti troppo avanti e i paesi che sono rimasti più attaccati ai vecchi sistemi ora in pratica ci cominciano a prendere a pallate”.
    Per conferma basta scaricarsi la registrazione del “convegno volleyland” di circa un annetto fa (dovrebbe trovarsi sul sito fipav, ma se mi sto ricordando male con google ci si dovrebbe arrivare cmq).

  62. Alla fine è davvero importante vincere nelle categorie giovanili? Le categorie giovanili in assoluto le vincono le società che hanno atleti più infisicati che si allenano di più e meglio di tutte le altre e fai fatica a competere con loro…

  63. la mia era solo una domanda per dialogare su quali siano i principali fondamentali per avere una squadra giovanile agonisticamente valida.

  64. ho trovato molto interessante tutta la discussione (anche se devo ammettere sul finale ho saltato qualche commento perché iniziavano ad incrociarmisi gli occhi..)

    riassumo brevemente le mie considerazioni:
    sono d’accordo su quanto scritto da ozone13 circa il suo concetto di “gestione dell’errore”
    e paradossalmente sono d’accordo pure con leopally che criticava alcuni aspetti, i quali, però, erano su piani diversi dalla discussione iniziale

    di leopally condivido il tema su cui anch’io spessissimo non mi trovo in acccordo nei vari confronti in palestra e/o ai corsi di aggiornamento:
    non so se qualcuno abbia trovato “il modello tecnico da seguire” per i vari fondamentali della pallavolo, so che spesso quei modelli a cui facciamo riferimento non soddisfano il modo in cui noi allenatori li “raccontiamo” ai ragazzi

    secondo me, l’errore più grosso e generalizzato che facciamo, è quello di utilizzare vocalmente degli schemi/suggerimenti/insegnamenti fissi, che hanno portato avanti, sì, la pallavolo fino ad oggi, ma che spesso non corrispondono al gesto vero e proprio. in questo modo càpita di comandare ai ragazzi di effettuare un gesto, descritto anche nei minimi particolari, ma che non ha nulla a che vedere con i concetti della cinetica vera e propria del gesto che ricerchiamo.

    prendiamo ad esempio il citato bagher:
    se ad una ragazza (io alleno nel femminile, settore che secondo me ha più difficoltà concettuali-motorie di base) è sempre stato raccontato che il bagher si fa a braccia tese, ella si troverà in conflitto al momento di capire le motivazioni per cui in un attacco violento le braccia “vadano spezzate” (ma siamo così certi che sia giusto dire “spezza le braccia!”, senza aver prima effettuato una lezione teorica sul cosa si voglia veramente intendere per “spezza le braccia”?).
    sono certo che con questo metodo non si stia assecondando il talento naturale, ma che, se non visto in tempo, si rischia di affossarlo nella pretesa di un gesto che, standardizzato, non collima col talento trovato
    (talento = capacità innata di trovare il gesto giusto per il proprio scopo)
    ed ecco che da questo fatto emerge quello che mi aspettavo nel risultato della ricerca sull’apprendimento dei ragazzini nei tre casi osservati:
    – continuamente interrotti e ripresi (lavoro teoricamente al massimo della qualità) – nessun risultato (il ragazzo non sa su cosa concentrarsi e sarà annoiato)
    – lasciati soli (quantomeno usciranno quelli che hanno del talento per effettuare ciò che era stato loro richiesto)
    – lavoro interrotto ad intervalli – mix tra qualità (propriocettiva) e quantità (talento) = risultati migliori
    (ricordiamoci che parlavamo di ragazzini appena arrivati in palestra: “insegnare il movimento”, non “correggerlo”)

    secondo me il bagher, come per ogni fondamentale, per un ottimo apprendimento deve essere insegnato nei suoi concetti base, che però sono lontani dalla maturità motoria dei nostri piccoli allievi
    ed è esattamente per questo che risulta così difficile insegnare la pallavolo nella sua completezza e ci ritroviamo spesso a discutere sulla scarsa tecnica insegnata al nostro atleta dagli allenatori che ci hanno preceduto, o viceversa (solo noi stessi siamo i veri portatori dell’unica verità tecnica della pallavolo!)

    avete mai notato come i ragazzi che praticano decentamente il calcio, quando li facciamo giocare a pallavolo per esempio nelle scuole elementari, si muovano meglio di quelli che già praticano pallavolo? …e perché?
    …la mia risposta è semplice:
    anche scremando il divario motorio/coordinativo tra chi ad una certa età (si parla di 10-12 anni, eh..) è ancora idoneo a giocare a calcio e quelli che hanno già ripiegato nella pallavolo, quelli che giocano a calcio mettono in pratica i principi base (concetti) della cinesi, dell’equilibrio (propriocezione), del punto di arrivo e di quello di arresto, senza essere condizionati dal “come lo devono fare”, ponendosi questa domanda solo una volta arrivati sul pallone. ovviamente, a quel punto, non avranno più risposte sul come gestire il pallone, ma la differenza (come la chiamo io) di “concetto”, si è già manifestata.
    altro esempio:
    avete mai notato che i vostri/nostri migliori ricettori sono i palleggiatori (che MAI si allenano in questo fondamentale, neppure “per sbaglio”)?
    sarà un caso che “il giocatore del secolo” scorso sia Bernardi, un Ricettore che però era arrivato in serieA come palleggiatore?

    posso solo dire una cosa:
    il bagher di Cardullo, quello di Piccinini piuttosto che quello di Papi, non sono esteticamente uguali, ma tutti e tre utilizzano gli stessi concetti di base (controllo dell’equilibrio precario del baricentro, individuazione dell’obiettivo, distanza rispetto alla palla, sensibilità degli avambracci) ed è per questi motivi (sempre secondo me, eh) che la palla va dove loro vogliono, NON perché abbiano o meno “spezzano le braccia” ecc.

  65. Dobbiamo, ovviamente, tener presente alcuni aspetti quali l’età e il livello generale del gruppo.
    Qulità o quantità???
    Direi che per le giovanili (dall’ U14 all’ U19, il discorso è diverso per MiniVolley e U.13) è un compromesso che deve sempre essere presente in un allenamento, teniamo sempre conto che sono ragazzi, meno palloni toccano, più si annoiano e questo non è mai un bene.
    Le correzioni ci devono essere e qua direi che siamo tutti d’accordo, utilissimo mettere, secondo me, dentro la componente ludica in alcuni esercizi, specialmente per il minivolley e U.13 ed è proprio qua che bisogna insistere molto sulla qualità (non sto ovviamente parlando di bambini di 1°-2°-3° elementare).
    Per finire, cerchiamo di far capire ai nostri ragazzi che i migliori allenatori che possono avere sono proprio loro stessi, è vero noi dobbiamo correggerli, è il nostro lavoro, ma devono rendersi conto man mano che crescono cosa sbagliano e il perchè e di conseguenza cercare di correggersi.

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