Sperando di fare qualcosa di utile, vorrei condividere alcuni pensieri dopo quasi tre anni alla guida del gruppo U19 e Serie B di Modena Volley e la lunga esperienza con squadre giovanili e di Selezioni Territoriali e Regionali. Specifico che si tratta esclusivamente di considerazioni personali, che riguardano il mio modo di vivere il ruolo di allenatore giovanile: non ho quindi la pretesa che siano considerate delle verità, tuttavia mi fa piacere condividerle per dare un contributo al gruppo tecnico e intavolare uno scambio di idee e opinioni.
Introduzione
Vorrei scrivere in merito a tre argomenti:
- L’ordine tra le proposte nelle categorie
- La personalizzazione delle proposte
- I concetti chiave di metodologia
Partiamo con l’idea del “dare ordine” alla nostra proposta metodologica. Parto da due domande che ci facciamo molto spesso:
- Cosa deve saper fare un ragazzo che finisce la categoria X?
- Quale esercizio dovrei fare per migliorare l’aspetto Y?
Per cercare di arrivare ad una conclusione di questi temi, partirei da alcuni concetti teorici molto semplici:
- L’apprendimento è un processo individuale
Ogni persona apprende con tempi e modalità differenti. Gli stessi esercizi funzionano bene con alcuni allievi e male con altri. Le stesse proposte portano miglioramenti più rapidi in alcuni allievi e impercettibili in altri.
- La pallavolo è uno sport di situazione
In ogni istante di gioco, l’atleta deve leggere (percezione), scegliere (elaborazione tattica) ed eseguire (effettuazione motoria), valutando e imparando da ciò che ottiene (feedback e memoria).
- Non siamo in grado di dare una misura numerica all’apprendimento, ma solo alla prestazione: questi sono tuttavia concetti distinti
E’ importante ricordare che anche un atleta che “non sta mostrando miglioramenti nei tempi sperati” può essere comunque in fase di apprendimento dal punto di vista organico/neurologico, poiché l’unica cosa che possiamo misurare è la prestazione (“es. ricevo X palloni correttamente su 10”), non gli adattamenti fisiologici che avvengono nel corpo degli atleti (e comunque, presto o tardi, porteranno a delle variazioni nella prestazione).
Se ogni allievo apprende in modo diverso dagli altri (e con tempi diversi dagli altri, e con predisposizioni diverse dagli altri), e ogni situazione nel nostro sport è differente dalle altre, come possiamo noi pretendere di stabilire in modo completo ed esaustivo “gli obiettivi per una fascia di età?”. Credo che dovremmo allora tradurre le due domande precedenti in:
- In quale ordine un atleta (individualmente) deve apprendere abilità?
- Quali abilità sono richieste per giocare in una data categoria?
Partiamo dalla fine, ovvero dall’atleta evoluto. Credo che sia facile individuare due caratteristiche (al netto delle qualità antropometriche e atletiche) che contraddistinguono un atleta di alto livello (indipendentemente dalla categoria che analizziamo):
- La padronanza delle tecniche → non tanto come “pulizia” dei movimenti rispetto ad un modello tecnico, quanto l’ottimizzazione dei movimenti nel tempo e nello spazio (ad esempio “saper colpire la palla nel punto più alto”), il rispetto delle priorità imposte dal gioco (ad esempio “nel muro devo invadere lo spazio aereo con le braccia subito”) e la bassa incidenza dell’errore diretto (punteggio) → in altre parole, non tutti i giocatori compiono i gesti tecnici nello stesso modo, ma in quasi tutti si possono riconoscere con facilità dei fattori comuni (le cosiddette priorità) e l’errore-punto è un evento più raro che frequente
- La capacità di leggere il gioco e scegliere di conseguenza → questo si traduce sia nella capacità di attingere dal proprio bagaglio tecnico lo strumento più idoneo a risolvere una determinata situazione, sia la capacità di anticipare le scelte dell’avversario (situazioni difensive) o giocarci contro (situazioni offensive → colpi, finte).
Il percorso giovanile
La pallavolo è uno sport complesso da apprendere, ma semplice nei suoi principi base e con dei forti vincoli sul piano antropometrico e atletico. Non vale la pena complicarlo troppo fin da subito pensando “alla categoria finale”, perché semplicemente noi non possiamo sapere dove e come procederà la carriera dei nostri atleti. Quando si parla di settore giovanile, dobbiamo sempre ricordarci che parliamo di un percorso. Cosa significa questa parola?
- L’atleta non arriva al proprio “livello migliore” al termine di una qualsiasi stagione, né tanto meno al termine del settore giovanile
Un atleta può continuare la propria crescita fisica e il proprio miglioramento tecnico anche oltre il percorso giovanile (basti pensare alle possibilità aperte dal fatto di poter svolgere allenamenti ulteriori al mattino una volta terminata la scuola).
- Il giovane atleta è caratterizzato da incostanza delle prestazioni, sia sulla singola giornata che sul periodo
Non dobbiamo quindi avere la paranoia della “crescita lineare” o stupirci se per qualche settimana (a volte mese) un atleta sembra non migliorare o addirittura regredire nelle prestazioni.
- Il giovane atleta è spesso più concentrato sui propri “sogni” che sul processo di allenamento, che invece deve essere la priorità per un allenatore
I giovani tendono a valutare se stessi in base a quanto sentono vicini o lontani i propri sogni e le proprie ambizioni e questo porta a forti sbalzi di umore e motivazione. Noi allenatori dobbiamo invece “vedere oltre” la singola prestazione e il singolo periodo, e valorizzare i miglioramenti “guardandoci indietro”.
- Il giudizio (“questo ragazzo è forte”, “questo ragazzo non è capace”) è nemico del percorso giovanile, il risultato agonistico è solo uno degli ingredienti (forse il meno importante) per valutare l’andamento del percorso
Non dovremmo giudicare la bontà di un periodo o del lavoro svolto in base al fatto che “stiamo vincendo” o che “stiamo perdendo”. Lo sport è competizione e quando due ottime squadre che lavorano bene allo stesso modo si incontrano, una delle due comunque perderà.
Le considerazioni di cui sopra ci devono far sempre ricordare che la crescita di un atleta è un processo lungo e non lineare e il nostro compito è accompagnare e assecondare il loro cammino ricordando che siamo solo un pezzettino di qualcosa di più grande. L’obiettivo di un settore giovanile non è creare un atleta “pronto per la SuperLega”, bensì un atleta che:
- Sappia padroneggiare le tecniche di base
Consideriamo tecniche di base: palleggio, bagher, schiacciata, battuta, movimenti specifici, acrobatica.
Quando parliamo di “padroneggiare” significa sia in termini di efficacia del gesto nell’applicazione ai fondamentali di gioco (palleggio di alzata, bagher di appoggio ecc), sia nel controllo motorio e nella “armonia” dell’esecuzione.
- Abbia una conoscenza medio/buona delle principali tecniche specialistiche per il proprio ruolo
Il riferimento è sempre ai campionati che vengono disputati nelle ultime categorie giovanili e nelle prospettive immediate. Ragionare sul “livello SuperLega” può essere controproducente e a volte persino “fatale per la carriera” di un atleta che magari potrebbe essere un ottimo giocatore di Serie B, A3, A2.
- Abbia un’idea del gioco e della lettura delle situazioni principali
L’atleta deve ad esempio sapere quando è opportuno rischiare e quando no, come adattarsi alla tattica di un avversario e come destreggiarsi per la ricerca del punto. Le tattiche più evolute fanno parte dell’esperienza che verrà ulteriormente accumulata e soprattutto dalla velocità della palla che gli atleti dovranno fronteggiare (in altre parole: giocare una pallavolo evoluta in U15 non significa saperla giocare in Serie A e quindi questo non deve essere un tema a livello giovanile).
- Sappia stare in palestra “dentro un allenamento”
Questo implica riuscire a mantenere il controllo delle emozioni positive e negative, allenarsi con la giusta concentrazione e focalizzazione agli obiettivi richiesti, mantenere il giusto livello di motivazione/determinazione a fronte delle normali variazioni di umore fuori dal campo, avere cura del proprio corpo sia dentro che fuori dalla palestra.
- Sappia vivere il “contesto di squadra”
Questo va inteso non solo in senso affiliativo, ma in senso utilitaristico: rispetto delle regole, rispetto dell’impegno assunto (assenze, ritardi), altruismo (empatia, aiuto ai compagni), rispetto dei ruoli ecc.
Progressioni tecniche
Alcuni appunti per quanto riguarda le principali tecniche e le macro idee di progressione che io cerco di seguire:
- Palleggio di alzata
Il primo punto è sentire l’entrata e l’uscita della palla dalle mani durante il palleggio avanti. Si procede poi con lo studio delle componenti di forza (isolamento delle mani, spinta mani-braccia, eventuale utilizzo delle gambe per traiettorie più lunghe e alte). La dinamica dei piedi deve portare ad avere la frontalità al bersaglio prima del tocco di palla (concetti di “piede-perno” e di “attacco destro-sinistro sotto il pallone”). Nel palleggio rovesciato l’utilizzo di pollici e polsi è fondamentale per dare forza ed energia al pallone. L’introduzione del palleggio in sospensione è soggetto ad una buona qualità di tocco palla e una stabilità nell’idea di ricerca del pallone con i piedi. I concetti più evoluti sono la ricerca della neutralità e la velocizzazione delle traiettorie. In ogni momento dobbiamo ricordarci e ricordare agli atleti che le priorità sono la precisione in primis (per le palle alte significa mandare la palla nel punto giusto con l’altezza giusta, per le palle rapide significa anche “tenere il tempo” per gli attaccanti).
- Bagher di ricezione per la battuta float
Il piano di rimbalzo è lo strumento più importante da conoscere e padroneggiare (spalle, impugnatura ecc), cercando di controllare sempre le spinte e cercando la palla lontano dal corpo: i movimenti devono essere piccoli e sempre “in controllo”. Non credo sia significativa la distinzione tra bagher frontale, angolare e laterale, perché l’idea deve comunque sempre essere quella di orientare e guidare il piano di rimbalzo. Ciò che invece è determinante conoscere fin da subito è la dinamica dei piedi che è uno spostamento non naturale e che come tale deve essere spiegato e insegnato: il cosiddetto “shuffle” (passo accostato) in tutte le direzioni, con arrivo in equilibrio (no affondi, ok split) deve essere precedente all’unione delle braccia e questa sequenza temporale va insegnata fin da subito. Anche la posizione d’attesa a gambe cariche e pronti a spostarsi è un aspetto da introdurre fin da subito (per qualsiasi gesto tecnico). Nella ricezione in campo si procede con progressività, ma sempre con le stesse priorità: spostamento/arrivo, spalle avanti, contatto con bagher laterale lontano dal corpo, guida delle braccia. Al crescere della velocità del pallone è importante osservare alcuni dettagli quali: posizione e postura di partenza, aggressività (non scendere con il pallone), uscita sul bagher laterale, controllo delle spinte ecc.
- Rincorsa d’attacco
Il passo più importante è quello finale destro-sinistro (per i destrimani) che deve essere lungo, veloce e radente, con la rullata del piede dai talloni alla punta (almeno sull’appoggio destro) e la giusta coordinazione delle braccia. L’inserimento del passo precedente sinistro è appena successivo e ha lo scopo di aiutare a scegliere il tempo (appoggio a ginocchio flesso, rullata tallone-punta controllata) e dare direzione alla rincorsa (aspetto difficile anche per i giocatori più grandi): a questo punto si parla di ritmo crescente di rincorsa e di valutazione della traiettoria per portarsi il più possibile vicini alla palla da attaccare. L’inserimento del 4° appoggio può essere interessante per alcune situazioni di gioco ma è indubbiamente un aspetto successivo, se consideriamo la sua applicazione al gioco: nella transizione dopo ricezione (e quindi parte di uno spostamento più complesso, che comunque va insegnato) e nella scelta del tempo per la palla alta (che comunque non sempre si riesce a raggiungere in contrattacco). Altro aspetto da inserire quando ci troviamo in campo è la direzione della stessa rincorsa.
- Attacco
La dinamica del braccio deve essere funzionale a due aspetti: come dare rotazione alla palla (azione della mano), e come impattare la palla nel punto più alto possibile (distensione del braccio, utilizzo della mano opposta per mirare la palla). L’esecuzione dovrebbe essere controllata nei primi momenti e poi evolvere verso la potenza dell’attacco (velocità di esecuzione, scarico del braccio). In campo il primo obiettivo deve essere sentire il colpo alla massima altezza (“colpisco mentre salgo”) e verso gli angoli lunghi. Il tempo deve essere semplice all’inizio (tanto le alzate saranno molto incostanti) e quindi una buona “palla mezza” è indicata per facilitare il gioco; nelle fasi didattiche si utilizzano anche e soprattutto i lanci degli allenatori, di secondo o primo tempo. A seguire inizia la specializzazione (palla alta, primi tempi) e la ricerca delle direzioni (anche qui: in primis più come manualità che come potenza) e delle variazioni (pallonetto fintato in primis). In gioco è importante ragionare da subito sui colpi utilizzabili in situazioni codificate (primo tocco vicino o lontano da rete) e nella valutazione dell’alzata (precisa, bassa, lunga e corta per iniziare).
- Primo tempo
Per il primo tempo si inizia con lanci facili e con l’idea di “staccare quando l’alzatore sta per toccare la palla”: importante ricercare la giusta distanza da rete (utilizzare il braccio sinistro come riferimento su palla precisa, in generale l’idea può essere “stacco dietro all’alzatore”) e dall’alzatore (prima con palle precise, poi con palle spostate, poi con palle staccate). Per questo motivo credo che la prima e unica palla da insegnare all’inizio sia il primo tempo vicino (“1”). La dinamica del braccio è chiaramente più veloce e “alta” rispetto ad un attacco laterale e per questo servono esercitazioni dedicate. Le successive evoluzioni si possono valutare direttamente caso per caso (alcuni centrali e alzatori hanno più facilità con le palle a scorrimento, altri con le palle verso il palleggiatore). La preparazione delle rincorse (specialmente con entrata da zona 4, poi da zona 2/3, poi da contrattacco) è una evoluzione necessaria per l’utilizzo del primo tempo in gioco.
- Palla alta
Il piede destro iniziale (1° di 4 appoggi) è utile per dare l’idea di “appoggia quello quando parte l’alzata” e ridurre quindi il rischio di anticipo. Purtroppo in gioco non sempre questo è possibile (es. palla alta dopo muro o difesa) e quindi in generale gli atleti devono imparare a scegliere il tempo con l’idea di “uscire dal sinistro” il più tardi possibile e verso la palla per arrivare comunque sulla palla con un passo destro-sinistro lungo e veloce, senza perdere troppo salto per cercare la palla in volo. La scelta del tempo a palla alta ha comunque bisogno di tanto tempo per essere appresa e stabilizzata (e anzi va “riprogrammata” più volte al crescere delle qualità fisiche del giocatore).
- Seconda linea
L’aspetto cruciale è l’idea di “attaccare la linea”, in modo da favorire un salto verticale ma anche orizzontale. Nelle prime fasi è importante insegnare all’alzatore quali palloni dare in seconda linea e quali no.
- Muro
Il muro deve essere davanti alla rincorsa dell’attaccante, con i principi base che tutti conosciamo: braccia lungo il cilindro del corpo, braccia invadenti, distanza da rete ecc. Non è necessario lavorare sulle direzioni parallela-diagonale in prima battuta, poiché le cose più difficili per gli atleti in questo fondamentale sono: percepire il proprio corpo, leggere la rincorsa dell’attaccante. Tutto il resto può venire dopo. Le tecniche di traslocazione devono partire dai semplici passi accostati ma essere abbinati molto in fretta ai passi incrociati (incrocio diretto per i laterali, apertura e incrocio per i centrali): l’idea deve sempre essere quella di arrivare con i piedi perpendicolari a rete prima del salto (può essere di aiuto per alcuni giocatori lavorare con il petto a rete anche durante la traslocazione laterale). E’ più importante arrivare composti che saltare qualche cm in più e questo aspetto è molto difficile da capire e accettare per i giocatori.
Priorità per fasce di età
Come possiamo però lavorare con una squadra se tutto deve essere individuale? La risposta è presumibilmente nello stabilire delle priorità per una fascia di età che siano:
- Adatte alla maggior parte degli atleti (e poi si personalizzano per gli altri);
- Abbastanza generaliste da non vincolare le predisposizioni individuali (sia degli atleti che degli allenatori) e il punto del percorso in cui si trovano gli atleti.
Ecco un’idea molto generale, sottolineando nuovamente che ogni atleta può trovarsi più avanti o più indietro rispetto al riferimento della propria fascia di età.
U13: divertimento e didattica
- Didattica delle tecniche di base e dei movimenti caratteristici della pallavolo
- Valutazione della traiettoria e ricerca del pallone con i piedi
- Palleggio: preparazione e azione delle mani e delle dita (entrata e uscita del pallone), ricerca della frontalità al bersaglio.
- Bagher: costruzione del piano di rimbalzo e impugnatura, dinamica delle spinte, spostamenti a cercare la palla e arrivo in equilibrio.
- Colpo d’attacco: apertura della spalla, braccio opposto che indica il pallone, distensione del braccio, azione del polso, scarico del braccio
- Rincorsa d’attacco: l’ultimo passo (dx-sx lungo, veloce, radente), il passo di avvicinamento verso la palla, la dinamica delle braccia
- Servizio flottante (crescendo in salto)
- Spostamenti accostati (shuffle), arresto e pre-balzo (split)
- Insegnamento della “posizione d’attesa” nella pallavolo (per tutti i fondamentali e le situazioni di gioco)
- Gioco in ogni sua forma
- Più importanza ai miglioramenti che ai risultati agonistici
- Allenamento fisico in base alle fasi sensibili
- Terminare la Stagione con un numero di bambini maggiore o uguale a quello con cui si è iniziato!
U15: padronanza delle tecniche di base
- Tutti i giocatori devono saper fare in maniera stabile una alzata di palla alta, un bagher e un palleggio di appoggio, un colpo d’attacco con lancio verticale di 2° tempo da zona 4 e da zona 2, una battuta (salto) float, un tuffo frontale e laterale, una rincorsa d’attacco a 2-3 passi (con il giusto ritmo, la giusta ampiezza, la giusta coordinazione gambe-braccia), uno spostamento di muro, una preparazione di rincorsa dopo muro, una preparazione di rincorsa dopo ricezione (fino all’impostazione dei 4 passi)
- Tecniche di ricezione per la battuta flottante con poche priorità e molto chiare (dinamica dei piedi → shuffle, posizione e postura di arrivo → doppio appoggio – equilibrio – spalle avanti, dinamica delle spinte → bagher laterale unito sulla palla e “portato” all’alzatore)
- Tecniche di alzata avanti-dietro (posizione di ingresso del pallone, dinamica della spinta avanti con indice-medio, dinamica della spinta dietro con pollici e polsi) e progressivo inserimento dell’alzata in sospensione
- Sviluppo dell’altezza del colpo d’attacco (tempo di rincorsa, braccio) e di battuta e della ricerca del miglior tempo (valutazione della traiettoria, sentire “il colpo mentre salgo”)
- Progressivo inserimento del primo tempo (palla “1”)
- Impostazione della tecnica base del muro: muro sul posto (posizione e postura d’attesa, caricamento e salto, posizione delle mani, invadenza e orientamento del piano di rimbalzo) e dopo traslocazioni di base (passo accostato, incrocio diretto dalle bande, apertura e incrocio al centro), curando la bilateralità
- Specializzazione degli alzatori, ricerca di Liberi e centrali
- Lettura del gioco: quali palle posso tirare e quali no, free ball
- Esercizi di prevenzione spalla, ginocchio, schiena + didattica degli esercizi con sovraccarichi per il potenziamento
U17: evoluzione del gioco e delle tecniche specialistiche
- Tecniche di ricezione e battuta con priorità assoluta alla palla salto float
- Inserimento progressivo della battuta salto spin e della ricezione di battuta salto spin, più personalizzazione con battute ibride
- Distinzione tra “palla super” e “palla alta” e principali colpi da utilizzare (parallela, diagonale, pallonetti, colpo alto)
- Primo tempo vicino all’alzatore (“palla 1”), evoluzione quando possibile alla “palla 7” e alla “palla C”
- Posizioni d’attesa e spostamenti di muro fino al muro a 2
- Controllo degli errori su determinate situazioni (ad esempio: alzata negativa, sequenze di servizio) ma in generale determinazione degli “errori buoni” e degli “errori gravi”)
- Sistemi di muro e difesa di base (contro attacco a tre, contro attacco a due)
- Tecniche di difesa e acrobatica (non è solo volontà!)
- Riconoscimento delle eccezioni di gioco più comuni (alzata lunga, “no muro”, free ball, difesa dell’alzatore)
- Definizione e differenziazione degli errori e utilizzo delle soluzioni tattiche per risolvere situazioni complesse
- Specializzazione dei centrali e del Libero, ricerca dell’opposto
- Il processo di allenamento come divertimento (“stare nell’impegno”)
- Lettura del gioco: alzata lunga/corta/staccata/a filo rete, sequenze di errori, lettura del pallonetto
- Didattica e sovraccarichi di costruzione
U19: sviluppo del gioco, adattamento alla velocità, lettura della partita
- Evoluzione delle tecniche di servizio e adattamento di quelle di ricezione
- Gioco d’attacco contro il muro (traiettorie, colpi, evoluzione dei primi tempi)
- Evoluzione dei concetti di “finta” (distribuzione, primi tempi con scorrimento) e “variazione” (battuta, attacco);
- Velocizzazione del gioco in maniera individuale sui singoli atleti (chi può e chi non può)
- Maggiore importanza del gioco da seconda linea (a seconda dei giocatori a disposizione)
- Adattamento alla velocità della palla (alzata, difesa, ricezione…)
- Abilità e destrezza contro il muro (rigiocata in copertura, block-out laterale, block-out alto, pallonetti per scelta)
- Responsabilità per ruoli (organizzazione della ricezione, organizzazione del muro, distribuzione)
- Specializzazione dell’opposto
- Evoluzione del sistema muro-difesa (muro a tre, direzioni di muro, spostamento con incrocio diretto, lettura/opzione)
- Lettura del gioco: posizioni di muro e arrivo dei centrali, no-block, ricezioni facili/difficili, sequenze di battuta ecc
- Lettura dei momenti di gioco: sequenze di errori, comportamenti dell’avversario su CP ripetuti, sequenze di attacco avversario, distribuzione nei momenti caldi ecc
- Evoluzione fisica (costruzione individuale, alternanza costruzione, forza massima, forza esplosiva, protocolli) e personalizzazione delle proposte di prevenzione e scarico (prima e dopo allenamento)
Cosa lasciamo “per il dopo”? A seconda del livello…
- Maggiore influenza del gioco veloce (Quick) e da seconda linea (Pipe)
- Evoluzione della tattica e della tecnica di muro (partenze via via più strette, tattiche specifiche del gioco ecc)
- Evoluzione della potenza e obiettivi del servizio (variano molto da categoria a categoria)
- Maggiore importanza al “gioco contro un avversario” (tattica)
- Adattamento alla velocità del pallone a seconda del livello (ricezione, difesa)
- Evoluzione dei colpi d’attacco (mani alte, rigiocata in copertura)
- Massime espressioni fisiche (carico in sala pesi al mattino, massima potenza di attacco e servizio)
Come detto, sta poi nella valutazione dell’allenatore la definizione di obiettivi più specifici. Questi obiettivi dipendono dai valori presenti all’interno della squadra e dalla predisposizione che ogni allenatore ha (perché anche noi allenatori abbiamo punti di forza e debolezze e sarebbe stupido ignorarle).
Riassumendo, cosa ci aspettiamo da una partita delle varie fasce d’età?
- U19: Il gioco “dei grandi”
La squadra affronta un campionato regionale/nazionale e cerca di adattarsi al modello di prestazione di quel campionato. Nel corso della partita i giocatori – anche grazie al contributo dello staff – cercano di adottare dei correttivi tattici rispetto a come giocano gli avversari. Si sviluppa maggiormente il gioco dalla seconda linea. La natura degli errori punto è prevalentemente a carico di “forzature fisiche” che di “scelte errate”.
- U17: Semplicità e controllo degli errori
Le squadre si affrontano sul piano di battuta-ricezione prevalentemente flottante. Il gioco d’attacco è incentrato su due tempi laterali (Super/Alta) e sul primo tempo vicino all’alzatore: i giocatori iniziano a sviluppare i colpi su casistiche e tecniche prestabilite. Il sistema di muro-difesa è differenziato tra attacco a due e attacco a tre, più la gestione delle principali eccezioni di gioco (a partire dalla free ball e dall’alzata lunga), ma senza grandi personalizzazioni in corso di partita. L’errore è presente in misura di circa 6-10 punti per set, ma è importante sottolineare la differenza tra quelli accettabili e quelli da eliminare.
- U15: La cura della tecnica di base
Le squadre si affrontano con una pallavolo molto semplice ma con cura dei movimenti in campo e della ricerca dei corretti tempi di gioco e attenzione “maniacale” alle esecuzioni più semplici (appoggi, ricezioni su palle non forzate, alzate di secondo e terzo tempo, sequenza e ritmo di rincorsa, altezza del colpo d’attacco, traslocazioni di muro). Via via vengono inseriti concetti più evoluti.
- U13: Arrivare all’attacco
Non importa quanto il gioco sia evoluto, gli atleti devono imparare a orientarsi e muoversi nello spazio e cercare di arrivare sempre al terzo tocco di attacco.
Personalizzazione delle proposte
Ribadisco nuovamente che a mio avviso queste sono solo delle linee generali: il percorso di ogni atleta è diverso e come tale bisogna essere sempre pronti ad andare più lenti o più veloci a seconda delle capacità dell’allievo. Per farsi un’idea: i migliori atleti U19 d’Italia non giocano più in settori giovanili e sono invece inseriti nelle varie prime squadre di B/A3/A2/SL prima del termine dello stesso; allo stesso modo i migliori U17 spesso giocano in squadre U19 e così via. Dall’altro lato esistono U19 che giocano in Serie B e altri che si fermano ai campionati provinciali: come possiamo quindi pensare che esista una “programmazione assoluta”?
Vorrei infine sottolineare anche l’importanza della diversità tra noi allenatori. Ognuno di noi può lasciare qualcosa di diverso agli atleti, per cui, nell’ambito di alcune linee guida generali e di priorità tecniche che dovrebbero essere imprescindibili, non ritengo che sia un problema proporre ai nostri atleti qualcosa che sia più aderente al nostro modo di pensare la pallavolo. L’importante è non compiere “grandi salti” nelle progressioni didattiche e ricordare i principi base dell’apprendimento. Dopodiché è anche importante e giusto che ognuno lasci la propria impronta…e che i giocatori cambino allenatori ogni 2-3 anni al massimo!
Per quanto riguarda la personalizzazione delle proposte, credo sia utile utilizzare questi strumenti:
- Definizione di obiettivi individuali
Per ogni ciclo di lavoro (2-4 settimane) bisogna definire 1-2-3 obiettivi specifici per ogni giocatore. Questi devono essere al centro dell’attenzione degli atleti e degli allenatori per quel periodo, sia in contesto analitico/guidato, ma soprattutto in contesto sintetico/globale. La definizione di questi obiettivi, la loro spiegazione agli atleti e l’attenzione ai feedback forniti è una parte determinante del nostro lavoro di allenatori di settore giovanile.
- Abituare gli atleti all’autonomia e alla autovalutazione “ragionata”
La capacità di auto-valutarsi da parte di un atleta non è una capacità innata, in quanto la tentazione è sempre quella di valutare confrontandosi con i propri compagni, con i propri modelli di riferimento e con i propri sogni. La valutazione invece deve essere sempre “rispetto al me stesso di ieri” e deve avere lo scopo di capire se il processo di allenamento è ben direzionato o meno. Per questo è importante adottare stratagemmi quali: auto-valutazione quotidiana al focus che si è riuscito a tenere sugli obiettivi del ciclo di lavoro; valutazione personale e con l’allenatore – a fine ciclo – dei miglioramenti percepiti/ottenuti; definizione congiunta tra allenatore e allievo dei focus per il prossimo ciclo di lavoro.
- Utilizzo dei protocolli fisici e dei protocolli tecnici
La chiave per la personalizzazione delle proposte in palestra è dedicare un blocco di lavoro quotidiano (10-20-30’) all’esecuzione di esercizi individuali o a piccoli gruppi per esigenze simili. In questo modo ogni atleta può curare maggiormente le proprie necessità individuali. Dal punto di vista metodologico distinguiamo lo strumento del “protocollo” (più semplice con gruppi di ragazzi grandi: esercizi semplici, spiegati nel dettaglio le prime volte e poi svolti in autonomia dagli atleti → servono strumenti per l’auto-correzione o la correzione tra compagni) e quello delle “esercitazioni a stazioni” (adatto anche a ragazzi piccoli: poche esercitazioni contemporaneamente in modo che lo staff tecnico possa seguire 1 o al massimo 2 stazioni contemporaneamente e quindi l’occhio dell’allenatore sia molto presente sulle esecuzioni).
- Ricerca e valorizzazione del talento
Scegliere i ruoli, almeno per i giocatori più talentuosi, in base alle predisposizioni e prospettive più che in base a “ciò che serve per la squadra”: anche in questo caso, comunque, è possibile specializzare il sistema di gioco e non quello di allenamento.- Alzatore: capacità di entrata e uscita veloce della palla tra le mani
- Schiacciatore/Libero: capacità di ricezione in bagher
- Centrale: velocità di apprendimento delle tecniche di muro (traslocazione, perpendicolarità dei piedi, entrata sulla rete), braccio veloce per il primo tempo
- Opposto: capacità di attacco da zona 2, capacità atletiche (salto)
Metodologia
Entriamo ora nella sfera della metodologia e della scelta dei singoli esercizi. Personalmente parto da concetti molto semplici:
- Dal punto di vista teorico, il mezzo più rispondente all’esigenza di apprendimento motorio è quello della “ripetizione”: più ripeto, più imparo
La maggior parte dei manuali di allenamento sportiva evidenzia una correlazione netta tra numero di ripetizioni e apprendimento (con le dovute declinazioni relative alla variabilità delle proposte necessarie per uno sport di situazione), così come tra volume di allenamento settimanale e miglioramenti complessivi ottenuti. Il problema, quindi, non è tanto trovare un esercizio “bello”, ma piuttosto un esercizio che ci permetta di stimolare il maggior numero di volte possibile ciò che vogliamo insegnare/allenare. Gli esercizi devono ridurre al minimo le file e garantire una sicura e rapida circolazione dei palloni.
- Per facilitare l’apprendimento è necessaria progressività nelle proposte → l’esercizio proposto deve sempre essere adeguato al livello dei giocatori che lo devono svolgere → se le esecuzioni corrette sono meno del 50-60% del totale dei tentativi, l’esercizio è troppo complicato
E’ vero che più l’esercizio assomiglia al gioco ed è svolto in contesto simile o di gioco, più il transfer è immediato. E’ altresì vero che fino a quando non si raggiunge un “minimo” livello di controllo, la presenza dell’errore diretto è prevalente e quindi il numero di ripetizioni viene abbattuto, aumentando a dismisura il tempo necessario per migliorare. Per questo personalmente ritengo comunque molto utili le esercitazioni analitiche e di tecnica di base, perché ci consentono tante ripetizioni in tempi brevi. Anche un gruppo U19 può ad esempio svolgere per alcuni minuti esercizi di bagher su lancio, attacco su lancio verticale dell’allenatore e così via, purché siano sempre corredati da priorità molto chiare e controllo da parte dell’allenatore: le esercitazioni semplici non sono necessariamente esercitazioni di riscaldamento, ma possono rispondere all’esigenza di apprendimento, miglioramento, perfezionamento dei gesti tecnici. Il passaggio dall’analitico al gioco è comunque non automatico e deve essere oggetto di attenzione e di esercitazioni dedicate (sintetici, focus e altre strategie) che abbiano come fine il progressivo e costante incremento delle variabili coinvolte.
- Più che l’esercizio, conta come lo eseguono gli atleti e come lo controlla l’allenatore → l’allenatore deve sempre avere la possibilità di intervenire e correggere le esecuzioni
Non è necessario che l’esercizio, specialmente se analitico, abbia particolari “disturbi” rispetto al movimento che vogliamo insegnare o allenare. Se gli atleti passano più tempo a correre, girare, pensare a come far funzionare l’esercizio anziché ai movimenti tecnici che devono compiere, questo esercizio non fa per noi. La chiave dell’esercizio deve essere il movimento che l’atleta deve compiere o la situazione che deve risolvere. Il compito dell’allenatore è correggere e aiutare gli atleti, e non quello di “far funzionare la coreografia”, raccogliere i palloni o incitare i giocatori.
- Meglio poco tutti i giorni, che tanto ogni tanto
Se vogliamo dare priorità ad un aspetto tecnico e ridurre il più possibile noia e frustrazione negli atleti, è meglio ripetere una esercitazione o una piccola progressione di esercitazioni per poco tempo tutti i giorni (ad esempio per un ciclo di lavoro), più che dedicargli molto tempo poche volte a settimana.
- Gli esercizi globali non sono una partitella
Anche nelle esercitazioni con le squadre in campo possiamo e dobbiamo intervenire con correzioni tecniche, tattiche, motivazionali, eventualmente facendo ripetere le esecuzioni (stabilendo delle regole: quali errori faccio ripetere e quante volte al massimo) quando ritenuto necessario.
Alcuni esempi:
- Se un giocatore deve imparare a ricevere, non c’è bisogno di chissà quale fantastico esercizio di ricezione. L’atleta deve svolgere la ricezione con le tecniche che richiediamo (prima vincolate, poi libere) su traiettorie via via più complicate (si parte con un lancio, poi una battuta da dentro il campo, poi una battuta da fondo campo con protezione di un giocatore per 2° lancio, poi la battuta saltando e così via).
- Se un giocatore deve migliorare un particolare gesto tecnico (es. il palleggio avanti, la rincorsa d’attacco) è vero che possiamo cercare espedienti e trucchetti didattici (progressioni, strumenti ecc), ma la base è che deve essere ripetuto il movimento desiderato con costante correzione dell’allenatore (o strategia di feedback equivalente).
Il ruolo dell’allenatore giovanile
Per quanto riguarda il nostro ruolo, credo che l’allenatore possa davvero fare la differenza nello svolgimento di un allenamento giovanile. Di seguito alcuni compiti che ritengo imprescindibili:
- Programmare e preparare gli allenamenti, anche se in “modo light”
La programmazione più importante a livello giovanile è quella dei cosiddetti “cicli di lavoro” (a livello teorico si parla più spesso di meso-ciclo), ovvero la definizione degli obiettivi principali di un insieme di allenamenti e degli obiettivi individuali per i singoli atleti. La programmazione settimanale serve a mettere ordine tra i contenuti e quella della singola seduta a stabilire gli esercizi in funzione del contesto reale di lavoro della giornata (leggasi “gestione degli assenti”).
- Far sentire continuamente la nostra presenza agli atleti
L’allenamento è stancante anche per noi allenatori, perché dobbiamo continuamente far sentire agli atleti che siamo vicini a loro con correzioni, incitamenti, richiami e interazioni di qualsiasi tipo (verbali e non). La presenza dell’allenatore non è solo nella correzione istantanea (dopo ogni ripetizione) né tanto meno la sola correzione verbale: è un insieme di comportamenti, interazioni e adattamenti che devono trasmettere all’atleta l’idea di controllo e di aiuto. Personalmente ho sempre trovato la necessità di combinare il “essere se stessi” con il “svolgere il proprio dovere” una sfida molto complessa: abbinare i propri tratti caratteriali alle molte sfaccettature che il nostro lavoro ci richiede (ragionato o emotivo? Diretto o empatico? Positivo o negativo?) non è sempre semplice, ma credo che sia imprescindibile apparire “sinceri” con i nostri atleti, per dare forza al nostro messaggio.
- Trasmettere agli atleti l’idea della “auto-correzione”, della “correzione di gruppo” e dell’incoraggiamento reciproco (responsabilità condivisa)
Insegnare agli atleti a darsi feedback su alcuni tipi di esecuzione più difficili da percepire (es. la posizione dei piedi e delle braccia nello stacco del muro), o a controllare da soli il proprio corpo (es. la posizione delle mani dopo un palleggio avanti) può essere molto utile nel nostro lavoro. Anche l’idea di “rinforzo di squadra” per i momenti di difficoltà è qualcosa che può e a mio avviso deve essere insegnato ai ragazzi: la buona riuscita di una azione non può essere solo interesse dei tecnici e la “noncuranza/demotivazione” di un atleta non riguarda solo l’atleta stesso, bensì tutta la squadra. In una squadra il senso di responsabilità comune è un valore da trasmettere e ricercare.
- Modellare la nostra proposta continuamente nel corso della seduta e delle sedute (“lo scultore che guarda e adatta”)
Come detto, a mio avviso non è l’esercizio in sé a fare la differenza, poiché un esercizio può essere perfetto per una squadra e del tutto inutile per una simile, e ancora di più se scendiamo al livello dei singoli atleti. Questo significa che dobbiamo sempre essere pronti ad adattare un’esercitazione che non si stia svolgendo nel modo che riteniamo più utile, così come dobbiamo essere pronti a riadattare la programmazione di un ciclo di lavoro quando lo riteniamo necessario.
- Convincere e motivare gli atleti sui propri obiettivi individuali
La definizione degli obiettivi è spesso vista come una decisione dell’allenatore. In realtà quando parliamo di obiettivi individuali, è importante quanto meno condividerli e convincere gli atleti che siano quelli “più giusti” ed essere pronti a riadattarli anche secondo le percezioni degli stessi ragazzi.
- Vivere la palestra e l’allenamento è un percorso come lo è il gioco
Dobbiamo insegnare a stare in palestra, ad approcciare l’allenamento, a rispettare gli impegni presi. Non è una cosa automatica e non avviene per magia crescendo, così come non è vero che “glielo devono insegnare in famiglia o a scuola”.
- E’ un gioco: non tutti diventeranno giocatori ma tutti possono diventare pallavolisti
Ogni allenatore gestisce la squadra secondo il “proprio credo sportivo” e secondo il proprio carattere. Credo sia comunque importante sempre ricordarsi che non tutti gli atleti diventeranno professionisti, tanto meno in SuperLega, ma che l’esperienza sportiva può comunque lasciare loro ricordi e insegnamenti di vita che vanno oltre la singola Stagione.
- Trovare la chiave e adattare le proposte agli atleti è diverso da “assecondarli sempre e comunque” → la pallavolo “seniores” non è per tutti a tutti i livelli, e su questo i ragazzi devono essere guidati
Questo punto può sembrare in contraddizione con il precedente, ma credo che sia importante sottolineare, specialmente con gli atleti di maggiore prospettiva e specialmente nell’ultimo biennio di settore giovanile, che cosa significa vivere la pallavolo in una squadra seniores, quindi quali sono gli standard di comportamento richiesti, la costanza nell’impegno in allenamento, la cura e gestione del proprio corpo e l’attenzione ai dettagli di gioco.
- Conoscere e utilizzare il maggior numero di tipologie feedback possibili
Possiamo utilizzare feedback individuali o collettivi, feedback post esecuzione o pre-esecuzione (set del focus), feedback legati a movimenti o a contatti con la palla (per questo è importante che anche noi allenatori ci “alleniamo a guardare”, perché la tentazione è sempre quella di seguire la palla). La punizione è un altro strumento di feedback da utilizzare in casi chiari (personalmente solo per dimenticanze, leggerezza nell’affrontare compiti facili o mancati tentativi). Infine, l’utilizzo della ripetizione in contesto di gioco è uno strumento molto potente a patto che si stabilisca quando (errore tecnico, errore tattico, errore su focus individuale) e quante volte ripetere l’esecuzione.
- Il video è nostro amico
L’utilizzo del video come feedback è estremamente importante perché permette di azzerare le discussioni e facilitare la comprensione del messaggio che vogliamo dare ai nostri atleti. Utilizzare il cellulare per brevi spezzoni durante allenamento è molto semplice, rapido e permette di fornire feedback agli atleti quando sembra che questi “non capiscano quello che intendiamo”. Anche riprendere gli allenamenti per intero e metterli a disposizione della squadra (che si abbia il tempo di riguardarli o meno) può essere di grande aiuto, con un costo/lavoro veramente infinitesimale.
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