Questo articolo ha lo scopo di introdurre al mondo della pallavolo, fornendo definizioni, esempi e concetti di base che sono necessari per chiunque si voglia addentrare nell’apprendimento teorico di questo sport. Il documento è corredato con immagini e diapositive, disponibili anche separatamente, per avere un riassunto. Non si tratta di una produzione scientifica, ma di una serie di considerazioni progressive, riassunte da testi e corsi vari, atte a presentare le caratteristiche salienti dello sport pallavolistico.
1. Definizione
Dovendo fornire una definizione il più possibile chiara, ma precisa, appare ovvio il ricorso al Regolamento di Gioco, che è e sarà sempre l’unica vera ed indiscutibile fonte di autorità per ogni disciplina sportiva, così come, quando si hanno dubbi di carattere legislativo, appare subito lampante che la fonte più autoritaria sia da ricercare tra i documenti giuridici del proprio Paese (Codice Civile, Codice Penale, Costituzione…).
Ancor prima di entrare nel vivo delle regole e norme dello sport, il regolamento della pallavolo fornisce una chiara definizione del gioco.
“La pallavolo è uno sport giocato da due squadre su un terreno di gioco diviso da una rete.
Ci sono differenti versioni del gioco adattabili a specifiche circostanze nell’ambito della versatilità del gioco per tutti.
Lo scopo del gioco è quello di inviare la palla sopra la rete affinché cada a terra nel campo opposto e di evitare che ciò avvenga sul proprio campo.
La squadra ha a disposizione tre tocchi per rinviare la palla (in aggiunta al tocco di muro).
La palla è messa in gioco con un servizio: inviata con un colpo dal battitore sopra la rete verso gli avversari. L’azione continua fino a che la palla tocca il campo, è inviata “fuori” o una squadra non la rinvia correttamente.
Nella pallavolo, la squadra che vince un’azione di gioco conquista un punto (Rally Point System). Quando la squadra in ricezione vince un’azione conquista un punto, il diritto a servire ed i suoi giocatori ruotano di una posizione in senso orario.”
La definizione, in effetti, è molto chiara e non necessita di ulteriori commenti. A titolo completivo, è possibile elencare una serie di versioni di gioco:
- Volleyball: giocata in palestra, in campo quadrato di 9 metri di lato, con 6 giocatori per squadra;
- Mini Volley: versione per bambini della pallavolo indoor, con meno giocatori e campo ristretto;
- Beach Volley: giocata sulla sabbia, in campo quadrato di 8 metri di lato, con 2 giocatori per campo e regole speciali;
- Sand Volley: giocata sulla sabbia, con 3 giocatori per campo e regole quasi identiche alla pallavolo indoor;
- Green Volley: giocata sull’erba, in campi di dimensioni variabili, con 3-4 giocatori e regole simili a quelle della pallavolo indoor;
- Park Volley: giocata sul cemento, solitamente all’aperto, in campi di dimensioni variabili, con numero di giocatori variabili e regole adattate ai parametri suddetti.
La definizione ci aiuterà nel prossimo processo, ossia quello di caratterizzazione della pallavolo.
2. Caratterizzazione
Il nostro scopo è quello di individuare le peculiarità dell’oggetto in esame (in questo caso, un processo allenabile), al fine di dedurre e definire un protocollo efficace di allenamento.
In altre parole, partendo dalle informazioni raccolte dal Regolamento ed unendole ad una basilare Teoria dell’allenamento, proveremo a giungere ad alcuni aspetti importanti da tener presenti nell’allenamento di questo sport.
2.1 La pallavolo è un gioco
Sembra scontato, ma l’aspetto ludico non può essere trascurato. Infatti, prima di ogni altra cosa, la pallavolo nasce come gioco, ossia come forma di divertimento. Oltre a questa conseguenza, che deve essere immediata nella costruzione degli allenamenti (non possono essere solo noiosi), bisogna sempre tener presente quella strana espressione inglese conosciuta come Fair Play, che racchiude in sé tutte quelle norme tacite e morali che ci portano ad avere sempre rispetto per l’avversario, per il giudice di gara, per tutti i membri della gara. Il gioco, come detto, nasce come forma di divertimento e svago, non come stress e pericolo (sarebbe forse opportuno che taluni tifosi ricordassero che anche il calcio è un gioco).
La pallavolo, tuttavia, non è semplicemente “prendere una palla e lanciarla ad un amico oltre una rete”: fa parte infatti di una particolare classe di giochi, detta classe dei giochi sportivi, meglio conosciuti come “sport”. Lo sport nasce con lo scopo di unire un divertimento intrinseco (causato dal praticare l’attività nel migliore dei modi) alla necessità che ogni uomo ha dentro di sé di confrontarsi con gli altri. Nasce quindi il concetto di competizione. Affinché questa possa esistere, tuttavia, è necessario stilare una serie di regole. Il raggiungimento dell’agonismo porta poi con sé la ricerca dell’eccellenza, in particolare di quella tattica, che si spera possa portare a vincere il maggior numero di partite. Al fine di migliorare il processo allenante, inoltre, si prevedono una serie di valutazioni funzionali, ossia batterie di test atte a far capire il livello della propria squadra.
Dobbiamo distinguere fondamentalmente ed in maniera piuttosto intuitiva due tipi di giochi sportivi:
- Amatoriali: si gioca senza aspirare al risultato, ma solo per il piacere di farlo. L’impegno e la motivazione nasce dal fatto che, solo con l’impegno massimale di tutti i giocatori, si può raggiungere il massimo soddisfacimento.
- Agonistici: la ricerca dell’eccellenza è costante e si persegue mediante allenamenti sistematici, che portino ad adattamenti funzionali capaci di migliorare costantemente le capacità tecniche degli atleti. Lo sport agonistico non è solo gioco: è anche impegno, dedizione, lavoro, spettacolo e tanto altro. E’ inutile aggiungere che è proprio questo lo sport che tutti gli appassionati amano.
L’aspetto ludico in ambito sportivo agonistico merita due parole spese in più, poiché si rischia, in questi casi, che una concessione, come l’aggettivo “divertente”, generi confusioni decisamente da evitare. Infatti, il fatto che un allenamento sia divertente non implica che esso debba essere formato solo da gioco libero, poiché in questo caso si perde di vista il grande obiettivo del gioco sportivo: il raggiungimento dell’eccellenza. Questa si può raggiungere solo mediante allenamenti sistematici e professionistici, curati in ogni loro parte.
Le regole sono la base su cui si fondano tutti i giochi sportivi: senza di esse, è impossibile giocare divertendosi contro un avversario. Affinché il sistema delle regole possa funzionare, tuttavia, è necessario che tutti i membri della gara conoscano e cerchino di rispettare perfettamente il regolamento. Troppo spesso ci si imbatte in episodi di totale ignoranza delle più banali regole dello sport. Questo fatto è tragico, poiché, come detto, il regolamento è uno dei pilastri della definizione di gioco sportivo. Voler praticare uno sport senza conoscerne perfettamente i vincoli è come voler guidare un’automobile senza saper usare la frizione.
Lo spirito di competizione è la caratteristica che genera la nascita dello sport: come detto, il volersi confrontare con gli altri. Essendo così importante, non può limitarsi a caratterizzare le gare. La competizione e la sfida deve sempre essere presente anche in ogni allenamento. In realtà, oltre a questa forma di competizione (competizione diretta), si parla anche di competizione indiretta, ossia lo sfidare se stessi a migliorare il più possibile, a raggiungere traguardi dapprima impensabili. La macchina-uomo ha una straordinaria capacità di apprendimento coordinativo ed è proprio questo fatto a spingere l’uomo alla ricerca della competizione indiretta.
Ogni allenamento prevede parti di tecnica pura, che hanno lo scopo di insegnare la tecnica di esecuzione dei gesti dello sport. Questi gesti, una volta automatizzati, forniscono la base inossidabile su cui costruire la prestazione. Proprio per questo motivo è fondamentale lavorare in questa direzione con gli atleti più giovani ed inesperti. Al fine di raggiungere l’eccellenza tattica, che è la caratteristica principale dello sport di alto livello, è però necessario che l’atleta sappia applicare il proprio bagaglio tecnico alle diverse situazioni di gioco che si presentano durante la gara.
La gara è la forma utilizzata dall’uomo per manifestare il proprio spirito di competizione. Esistono due tipologie differenti di gare sportive: quelle pallavolisti che sono dette gare allenanti, poiché prevedono sforzi del tutto analoghi (quanto meno, dal punto di vista fisico-tecnico) a quelli già visti in allenamento. Le gare di alcune discipline di atletica, ad esempio, sono invece di tipo massimale: l’atleta si allena per diversi mesi, dopodiché utilizza tutte le riserve energetiche di cui dispone per rendere al massimo durante la competizione. La differenza è lampante: le gare allenanti hanno il vantaggio di essere a loro volta un allenamento e di generare, conseguentemente, nuove forme di adattamento.
La valutazione funzionale ha lo scopo di individuare i punti di forza e quelli carenti della propria squadra, per poi proporre miglioramenti al processo di allenamento, che passa dalla programmazione dello stesso. In altre parole, una volta effettuata una valutazione (scouting, in gergo tecnico) dell’allenamento e della gara, si interviene sulla programmazione preparata e si valutano eventuali modifiche.
Tanti sono i parametri che si possono utilizzare durante una scoutizzazione, ma in generale, una volta stabilito il gesto tecnico da analizzare, si predispone un test e si valuta ogni esecuzione con un punteggio, andando infine a calcolare i seguenti indici:
- Efficacia: colpi perfetti (%)
- Efficienza: colpi perfetti (%) meno colpi errati (%)
- Positività: colpi perfetti (%) più colpi buoni (%)
- Fallosità: colpi errati (%)
La valutazione funzionale si basa sulla comparazione dei dati ottenuti con quelli di alcune tabelle di riferimento, che devono essere predisposte in base al livello degli atleti con cui si opera.
2.2 La pallavolo è uno sport di squadra
Con l’espressione sport di squadra si classifica uno sport in cui giocano contemporaneamente più atleti, che vanno a formare così una squadra. La parola squadra è il concetto cardine di questi tipi di sport.
La squadra, intesa come semplice unione di più atleti, non può trovare un suo senso, se non vi si aggiungono una serie di definizioni e peculiarità di spicco. In particolare, in ogni squadra vanno ricercati ruoli, funzioni e responsabilità, suddivise tra i vari componenti della stessa. Lo sport di squadra è, in qualche modo, più complesso rispetto allo sport individuale, poiché mette di fronte ad una serie di problematiche aggiuntive, dettate dal fatto che non si ha a che vedere con un solo individuo, ma con un gruppo di persone, ognuna delle quali è, che lo si voglia o meno, un essere vivente e pensante. I concetti di coesione, cooperazione, comunicazione e aiuto psicologico sono del tutto assenti negli sport individuali, poiché, banalmente, non è necessaria la loro introduzione.
Non va infine dimenticato che la pallavolo non è uno sport di squadra solo dal punto di vista degli atleti, ma anche da quello dello staff. Infatti, anche nelle realtà più piccole, non si lavora mai in contatto esclusivo con i propri atleti, ma si deve piuttosto collaborare con un team, formato da più o meno persone con compiti più o meno specifici. Con buona approssimazione, si potrebbe dire che il team sia formato dall’unione dei giocatori con lo staff.
Nelle società più piccole, di norma, non si avrà a che fare altri che con allenatore e dirigente (o addirittura solo il presidente), ma, al crescere del livello, saranno sempre di più i membri attivi dello staff tecnico – medico – dirigenziale. In particolare:
- Staff tecnico:si occupa dell’allenamento e della gestione delle partite.
- Primo Allenatore o HeadCoach: è a tutti gli effetti il responsabile della squadra, destinato ad affondare con essa qualora si presenti l’incombenza. Coordina tutto il team, sottostando però alle norme imposte dai dirigenti.
- Secondo Allenatore: si occupa di assistere il primo allenatore, sia nelle fasi di allenamento che in quelle di gioco.
- Assistenti tecnici: sono altri allenatori che prendono parte esclusivamente agli allenamenti, sedendo in tribuna od essendo addirittura assenti alle partite.
- Scoutmen: si occupano della stesura e dell’analisi delle statistiche (valutazione funzionale) durante gare ed allenamenti.
- Preparatori atletici: curano la parte fisica dell’allenamento.
- Staff dirigenziale:si occupa della coordinazione logistica, economica e tecnica di una o più squadre.
- Presidente e suoi assistenti.
- Team Manager: il suo compito è quello di assistere tutti i membri della squadra (atleti e team) per aiutarli nella risoluzione dei più svariati problemi, in collaborazione con il resto del team.
- Direttore Sportivo: si occupa della parte logistica dell’attività sportiva, nonché dell’assunzione di atleti, dirigenti e allenatori.
- Direttore Tecnico: si occupa della coordinazione e di dare continuità e logicità all’attività tecnica delle varie squadre che compongono la società. In altre parole, è il coordinatore degli allenatori, nonché loro immediato superiore e supervisore.
- Dirigente accompagnatore: si occupa di accompagnare le squadre alle partite, nonché di risolvere i problemi basilari della squadra di cui si occupa (documenti, trasferte, tornei, amichevoli).
- Addetti stampa ed altri compiti.
- Staff medico
- Ortopedico: si occupa della valutazione funzionale fisica di alcuni parametri medici degli atleti, nonché della risoluzione di alcune patologie.
- Fisioterapista: si occupa della risoluzione delle principali patologie sportive.
- Massaggiatore: si occupa di massaggiare i giocatori.
- Altri membri dello staff medico.
La coesione del gruppo riguarda, essenzialmente, l’affiatamento che esiste tra i vari giocatori. E’ un aspetto molto importante, poiché una squadra formata da atleti molto amici tra di loro renderà sicuramente molto di più di una in cui non ci si può sopportare.
La situazione di gruppo completamente coeso è quella migliore, da ricercare in ogni squadra di ogni livello e sesso. Purtroppo, è spesso un traguardo irrealizzabile. La situazione di un giocatore escluso dal gruppo è una soluzione intermedia, che normalmente si risolve o con l’inserimento dell’escluso nel gruppo o con il suo abbandono della squadra. E’ una situazione sicuramente non positiva e che si deve cercare di correggere, prestando però attenzione al fatto che questo non vada poi a generare nuove fratture. Si può verificare quando, ad esempio, viene inserito un elemento molto giovane o di livello molto differente dal resto della squadra. La situazione peggiore, invece, è quella in cui sono presenti diversi gruppetti separati: in questa situazione diventa particolarmente difficile gestire le esigenze di tutto il gruppo e diventa anche molto difficile giocare con armonia e serenità (viene a mancare il giusto divertimento). Le energie da spendere, in questo caso, sono veramente molte, ma non si può certo lasciar perdere il discorso.
All’interno di ogni gruppo è lecito che ci siano degli scontri, poiché questi favoriscono l’individuazione e, conseguentemente, la risoluzione, dei vari problemi che si possono creare, evitando di portarsi dentro rancori inutili, che alla lunga diventano sicuramente situazioni peggiori. Va tenuto infine presente che la coesione non è un “affare da allenatori”: tutti i giocatori devono fortemente voler far parte del gruppo e lavorare secondo una direzione comune. Avere elementi distratti in campo è una situazione che genera confusione, poiché si ha a che fare con un elemento che non sta lavorando come gli altri. E’ quindi necessaria una punizione collettiva, affinché il giocatore interessato si senta al centro dell’attenzione (in modo negativo) verso il gruppo.
Altri due aspetti fondamentali per il gruppo sono:
- Cooperazione: come squadra, tutti partecipano al massimo delle proprie possibilità, cercando di raggiungere un obiettivo comune.
- Aiuto psicologico: si tratta di saper aiutare il compagno nei momenti di sconforto e di difficoltà, per evitare che un suo momento di crisi possa perdurare a lungo.
Infine, l’aspetto comunicativo ricopre una importanza straordinaria all’interno della squadra, sia per la scelta della tattica di gioco, sia per la risoluzione di eventuali eccezioni che possono verificarsi nel corso delle azioni.
In ogni sport di squadra esistono poi dei ruoli, che sono definiti come categorie di azioni che vengono svolte da ogni giocatore che li ricopre. Nella pallavolo si distinguono questi ruoli:
- Alzatore o Palleggiatore: è colui che si occupa di impostare il sistema offensivo della squadra, fornendo i palloni da attaccare e decidendo gli schemi d’attacco da giocare.
- Schiacciatore o Banda o Giocatore di mano: è il giocatore che si occupa dell’attacco dalla parte sinistra del campo, nonché di tutte (o quasi) le ricezioni del servizio.
- Centrale: è il giocatore che si occupa dell’attacco dalla parte centrale del campo, nonché del muro di tutta la rete.
- Opposto o Giocatore Fuori mano: è il re del sistema offensivo, si occupa dell’attacco sia da prima che da seconda linea.
- Libero: è il re del reparto difensivo e si occupa, essenzialmente, di ricezioni e difese. Il Libero è l’unico ruolo ufficialmente riconosciuto dal Regolamento di Gioco e a lui sono dedicate alcune regole speciali.
Ciò che determina la scelta del ruolo è essenzialmente l’insieme delle attitudini fisico-tecniche del giocatore in esame. Il ruolo, generalmente, è assegnato in una delle varie età giovanili dal proprio allenatore, ma nulla vieta di cambiarlo con il tempo, anche e soprattutto in base alle proprie preferenze.
Nella scelta del ruolo, quindi, ogni allenatore deve tener presenti tre aspetti:
- Caratteristiche del giocatore
- Esigenze della squadra
- Preferenze del giocatore
Oltre ai ruoli, dobbiamo introdurre il concetto di funzione di un giocatore, ossia una carica specifica che un giocatore, indipendentemente dal ruolo, può assumere per una gara o per parte di essa. E’ questo il caso del capitano, su cui è bene soffermarsi. Il capitano è il leader della squadra, non necessariamente leader tecnico, ma indubbiamente morale. E’ il filo che permette di collegare lo staff con gli atleti ed è colui il quale ha il compito di sorreggere, aiutare e mantenere vivo l’interesse, la partecipazione e l’impegno di tutti i compagni. E’ l’elemento che non si arrende mai, che è sempre pronto a mettere da parte i propri interessi per quelli della squadra. E’ una figura di riferimento per tutti i compagni: come detto, un vero e proprio leader.
Il Regolamento di Gara specifica che, durante una partita, soltanto il capitano in gioco (se il capitano della squadra è in panchina, è necessario sia designato un capitano in campo, temporaneo) è autorizzato a chiedere informazioni all’arbitro riguardo alle proprie decisioni. E’ bene quindi che il nostro capitano sia a conoscenza perfetta delle regole del nostro sport. Attenzione: questa implicazione ha un solo verso! Infatti è giusta l’affermazione “siccome è il capitano, allora conosce il regolamento”, mentre è totalmente errata l’inversa “siccome conosce il regolamento, allora farà il capitano”. Come detto, infatti, la funzione di capitano è legata ad un aspetto di condottiero della squadra. Una volta individuata la figura giusta (importante che sia condivisa da tutta la squadra e non imposta dall’alto), sarà quindi necessario istruire la persona su tutti i compiti extra di cui dovrà occuparsi, tra cui, per l’appunto, la perfetta conoscenza delle regole.
Disporre di un valido elemento come capitano è sicuramente un apporto fondamentale ad una squadra, tanto è vero che, ad alto livello, spesso le grandi squadre vengono identificate con il proprio capitano e non è affatto raro, parlando ad esempio di calcio, associare il Milan alla figura di Paolo Maldini, o la Juventus a quella di Alessandro Del Piero. Il capitano ha una grande importanza anche negli aspetti di collaborazione con il resto del team: il suo vantaggio rispetto allo staff è, infatti, che egli fa parte dello spogliatoio, pertanto ha la capacità e la possibilità di intuire eventuali problemi che magari all’esterno non passano. Sarà quindi suo compito cercare di lanciare segnali evidenti all’allenatore, per segnalare malumori, temporanei o meno.
Infine, all’interno di una squadra, si parla di responsabilità, intendendo compiti specifici (solitamente di natura tattica) che l’allenatore affida ai diversi giocatori. La differenza con le funzioni è che queste ultime esulano in parte dal gioco, mentre le responsabilità sono strettamente connesse alle diverse situazioni di gioco, risultando pertanto parte attiva dello sport. La scelta dei giocatori cui affidare questi compiti non è affatto semplice, poiché una semplice dimenticanza o distrazione nuoce gravemente a tutta la squadra, causando spesso la perdita del punto.
Ecco un esempio chiarificatore di alcune responsabilità:
- Chiamata dello schema d’attacco: indicare quale tipo di pallone sarà attaccato da ogni giocatore. Solitamente questo compito è affidato al palleggiatore. Se questo compito non è svolto, la conclusione più evidente è che ognuno “giocherà secondo le proprie impressioni”, aggiungendo variabili aleatorie alle già tantissime presenti nel nostro sport.
- Distribuzione del gioco: specialmente ad alto livello, dall’analisi statistica durante la gara, si individuano alcune “tendenze” nel muro avversario, o alcune carenze nei propri attaccanti. Il palleggiatore, cui è sempre assegnato il compito della distribuzione del gioco, ha l’onere di scegliere nel modo migliore (rispettando le indicazioni della panchina) l’attaccante da servire.
- Chiamata della palla “fuori” o “dentro”: questo compito è sempre molto utile, poiché il giocatore impegnato nella ricezione o nel recupero non può avere una visione ottimale della profondità della palla. E’ quindi compito di tutti gli altri giocatori fornire questo tipo di supporto, per evitare di prendere palloni fuori o, ancor peggio, di lasciarne cadere altri dentro.
- Chiamata degli schemi di muro: gli schemi di muro rivestono una particolare importanza nel livello medio – alto e sono strettamente collegati alle successive posizioni difensive. Dimenticarsi di chiamare uno schema ha la conseguenza di creare un sistema difensivo sbilanciato e aleatorio, ovvero inutile.
- Individuazione degli schemi avversari: solitamente l’unico schema che si riesce ad individuare è quello della posizione del palleggiatore avversario. Effettuare questa semplice osservazione permette di modificare il proprio atteggiamento a muro ed in difesa nel modo ottimale.
2.3 La pallavolo è uno sport con attrezzo (la palla)
In tutti gli sport con attrezzo (ossia che prevedono l’utilizzo di particolari strumenti) è fondamentale allenarsi nel loro maneggio. Nel caso particolare, la pallavolo è uno sport che prevede l’utilizzo di una palla. Non una palla qualsiasi, ma una palla da pallavolo. Pertanto ogni allenamento deve essere svolto con palloni da pallavolo, delle giuste dimensioni e del giusto peso, gonfiati alla giusta pressione. Utilizzare palloni diversi, salvo casi particolari (esercitazioni specifiche) è del tutto controproducente. Inoltre, così come accade in tutti gli sport con attrezzo, è fondamentale che il contatto con lo strumento sia massimizzato nel tempo. Per questo motivo, nella pallavolo, è fondamentale utilizzare la palla per il maggior tempo possibile. Salvo l’alto livello, quindi, è bene stringere i riscaldamenti (o svolgerli fuori dagli orari di allenamento in palestra) ed utilizzare maggiormente il pallone.
Nella pallavolo esistono diversi tipi di contatti con la palla, raggruppati solitamente in due grandi famiglie:
- Tecniche di gioco: sono tutti i diversi gesti, eseguiti con la giusta coordinazione, che permettono il contatto con la palla.
- Fondamentali di gioco: sono tutte le diverse situazioni che possono avvenire durante il gioco.
Il fondamentale di gioco è chiaramente un concetto astratto, non è quindi propriamente un tipo di contatto con la palla. Volendo essere più specifici, il fondamentale di gioco viene implementato attraverso una ben definita tecnica di gioco. Il legame è stretto e spesso viene fatta confusione anche dagli addetti ai lavori. Per chiarire meglio, si analizzi l’espressione “pasta al pomodoro” e si pensi al sostantivo “pasta” come ad un fondamentale e alla specificazione “al pomodoro” come ad una tecnica. Se non specifichiamo il fondamentale, la tecnica non ci serve a nulla (non possiamo mangiare “al pomodoro” senza specificare cosa). Allo stesso modo, il semplice concetto di “pasta” è troppo astratto e, infatti, non vi capiterà mai di ordinare al ristorante “la pasta”, senza specificare un condimento.
Nella pallavolo esistono questi fondamentali di gioco:
- Battuta o Servizio (in inglese Service)
- Ricezione del servizio (Receive)
- Alzata di costruzione
- Attacco (Attack)
- Muro (Block)
- Difesa (Dig)
- Alzata di ricostruzione
- Contrattacco
- Copertura
Vediamo di seguito di definire, in maniera del tutto intuitiva, i fondamentali di gioco.
Il servizio è l’atto di mettere in gioco il pallone, utilizzando una delle diverse tecniche disponibili. La definizione precisa recita:
“Il servizio è l’atto della messa in gioco della palla da parte del giocatore difensore destro, piazzato nella zona di servizio.”
Chiaramente, il servizio è sottoposto ad alcuni vincoli dettati dal regolamento, facilmente comprensibili leggendo direttamente il testo di riferimento. Le tecniche utilizzate per servire sono tante (se poi si passa al Beach Volley, la collezione aumenta di molto), ma fondamentalmente oggi si utilizzano 4 tecniche:
- Servizio dal basso
- Servizio Floating (flottante)
- Servizio Jump Floating (salto flottante)
- Servizio Jump Spin (salto a rotazione)
Nel momento in cui viene effettuato il servizio, per la squadra nell’altro campo inizia la fase chiamata di Cambio palla (nome mantenuto dalle vecchie versioni di gioco, oggi il termine aggiornato è “fase Ricezione – Punto”).
La prima situazione che fronteggia la squadra è la ricezione del servizio, ossia l’atto di respingere il servizio in maniera più possibile precisa al proprio alzatore. Dal punto di vista tecnico, la ricezione è strettamente legata al tipo di servizio effettuato dall’avversario. Pertanto, dobbiamo individuare un nuovo fondamentale (e il corredato bagaglio di gesti tecnici) per ogni tipo di servizio. Volendo essere approssimativi, si utilizzano solitamente interventi in bagher (questo termine va specificato a dovere, altrimenti non significa nulla) o in palleggio (stesso discorso del bagher), che assumono forme diverse a seconda, per l’appunto, del servizio cui si deve rispondere.
Dopo la ricezione segue l’alzata di costruzione, effettuata, nel 90% dei casi, dal palleggiatore. E’ questo, infatti, il momento in cui la squadra deve organizzare al meglio il proprio sistema offensivo, affidandosi quanto più possibile ai propri specialisti. Ad alto livello, l’alzata di costruzione su ricezione positiva è effettuata quasi sempre mediante la tecnica del palleggio in sospensione, ossia in salto. In questo modo, infatti, si possono ridurre le traiettorie del pallone, si è più imprevedibili e si facilita la spinta di palloni tesi, che, per l’appunto, caratterizzano l’alto livello. Su ricezioni imprecise si utilizzano invece le tecniche di palleggio da terra, di bagher d’alzata oppure tecniche acrobatiche.
La conclusione della fase cambio palla è dettata dal momento più spettacolare del nostro sport, ovvero quello dell’attacco, che trova la sua massima applicazione nel gesto tecnico della schiacciata. Ma quest’ultima non è la sola implementazione di questo fondamentale, definito infatti in questo modo:
“Tutte le azioni che dirigono la palla verso il campo avversario, ad eccezione del servizio e del muro, sono considerate come attacco.”
Lo scopo dell’attacco è, chiaramente, quello di fare punto, intendendo con questo non solo il semplice fatto di “buttare la palla a terra in mezzo al campo”, ma tutto un insieme di tecniche e tattiche atte a far segnare il punto alla propria squadra. Tra queste va segnalato il mani – out, che consiste nel mirare le dita del muro avversario, per poi far finire la palla fuori dal campo avversario.
Nel momento in cui viene completato un attacco, inizia, per entrambe le squadre, la fase di ricostruzione, nota come fase Break Point (come prima, il nome è arcano, oggi sostituito dalla più moderna espressione “fase Battuta – Punto”). Va precisato che in questa fase entra anche il fondamentale del Servizio, a cui si deve per l’appunto il nome. Volendo schematizzare, quindi, all’inizio di ogni azione c’è sempre una squadra in fase Break Point (quella che serve) ed una in Cambio Palla (quella che riceve). Dopo il primo scambio, se la palla non è caduta a terra, entrambe si troveranno in fase Break Point.
Il fondamentale di muro è quello che permette una prima opposizione al servizio. Lo scopo principale è quello di eliminare all’attaccante alcune traiettorie d’attacco. Va comunque precisato che il muro, pur essendo un’azione difensiva, può trasformarsi ben presto in azione offensiva a sua volta, poiché un’eventuale tocco potrebbe cadere (come spesso accade) nel campo avversario. La definizione precisa recita:
“Il muro è l’azione dei giocatori vicino alla rete per intercettare la palla proveniente dal campo avverso, superando il bordo superiore della rete.”
Le tecniche di muro sono diverse, alcune con differenze macroscopiche (numero di giocatori), altre con differenze più sottili (spostamenti e traslocazioni), altre ancora con differenze spesso impercettibili agli occhi dei non addetti (invadenza, passività).
Se il muro mantiene la palla nel proprio campo (o non la intercetta proprio) si parla di difesa, se invece la palla ritorna nel campo avversario si tenta la copertura dell’attaccante. Entrambi questi fondamentali trovano implementazione in moltissime tecniche differenti, spesso molto complicate e di difficile esecuzione e realizzazione, con richieste acrobatiche non indifferenti. Proprio per questo motivo, molto spesso, essere protagonisti di recuperi difensivi spettacolari è molto più gratificante che fare un punto in attacco.
A questo punto, inizia una nuova fase offensiva, ben differente da quella successiva ad una ricezione (dove, solitamente, le posizioni sono differenti, la palla arriva a velocità minori, lo schema offensivo è ben organizzato, la palla è precisa sull’alzatore vicino alla rete e quant’altro), che parte con un’alzata di ricostruzione, non sempre affidata, per motivi logistici, tempistici o di necessità (se ha difeso, di certo non potrà effettuare anche il secondo tocco) al palleggiatore e sfocia nel contrattacco, ben più complesso dell’attacco (la palla arriva da palleggi non sempre precisi, con traiettorie spesso molto alte e difficili da gestire e ci si trova contro un muro molto composto e ben piazzato), ma anche ben più importante ai fini della vittoria.
Troppo spesso viene effettuata confusione su fondamentali che, dal punto di vista dei gesti tecnici associati sono simili, ma che nulla hanno a che fare gli uni con gli altri. In particolare, dobbiamo distinguere la ricezione, che si oppone al servizio, dalla difesa, che si oppone ad attacco e contrattacco; l’attacco, che si realizza nel solo scambio in fase cambio palla, con il contrattacco, che si realizza in tutte le altre situazioni; la costruzione, dopo la ricezione, dalla ricostruzione, dopo la difesa o la copertura.
E’ possibile a questo punto parlare di gesti tecnici, definibili come i mezzi attraverso i quali viene realizzato un particolare fondamentale di gioco. Ad ogni fondamentale (precisamente, ad ogni sua variante) è assegnato un insieme di gesti tecnici in grado di realizzarli.
Come già specificato, non ha alcun senso parlare di un gesto tecnico se non è stato prima contestualizzato ad un particolare fondamentale (vedere l’articolo relativo alla contestualizzazione e alla specializzazione dei gesti tecnici), poiché sarebbe come richiedere un particolare sugo senza specificare su cosa debba essere posto.
Viene spontaneo domandarsi come mai i gesti tecnici che vediamo oggi nella pallavolo (o negli altri sport) siano “proprio così” e non in altri modi. Fondamentalmente, il gesto tecnico nasce per migliorare la prestazione di squadra, dopodiché è sottoposto ad una serie di raffinazioni successive, che hanno lo scopo di migliorare l’efficacia e ridurre la fallosità dello stesso, favorendo allo stesso tempo l’apprendibilità. Il discorso dell’apprendibilità non è così banale e non deve infatti sorprendere che sia proprio questo il parametro per cui a pallavolo non si schiacci utilizzando un gesto tecnico analogo alla rovesciata di un calciatore.
Inoltre, ogni gesto tecnico deve sottostare ad alcuni vincoli:
- Utilità: il gesto tecnico deve essere utile in una o più situazioni di gioco.
- Legalità: il gesto tecnico deve essere ammesso (o non vietato) dal Regolamento di Gioco.
- Sicurezza: il gesto tecnico non deve esporre con alte percentuali gli esecutori a traumi fisici.
- Allenabilità: il gesto tecnico deve essere realistico, ovvero fattibile con costanza e molte ripetizioni, pertanto allenabile.
Lo studio dei gesti tecnici si dirama in tre differenti campi, tutti di eguale importanza. Anzitutto dobbiamo effettuare un’analisi tecnica, che comprende gli studi biomeccanici e coordinativi che il gesto richiede. Dobbiamo, in altre parole, capire quali meccanismi motori sono attivati dal gesto tecnico, quali muscoli e articolazioni ne sono interessate. Rientra in questa analisi anche l’individuazione dei possibili fondamentali in cui il gesto tecnico possa trovare applicazione. L’analisi tattica è molto pragmatica. Una volta individuato un gesto, è logico e fondamentale porsi una domanda: “A cosa serve?”. Se l’analisi tecnica risponde al quesito “Come funziona?”, questa analisi ci permette invece di capire quali siano i casi in cui è conveniente e produttivo utilizzare il gesto tecnico. Infine, ogni allenatore deve anche effettuare una puntigliosa analisi didattica, che comprende tutto l’insieme di metodologie utilizzate per svolgere i tre compiti principali dell’allenatore:
- Insegnamento del gesto
- Correzione degli errori del gesto
- Allenamento del gesto e inserimento nei vari fondamentali
2.4 La pallavolo è uno sport con il campo piccolo
La pallavolo è anzitutto uno sport dotato di campo di delimitazione. A differenza di altri sport, quali il basket, nella pallavolo è lecito, dopo l’inizio dell’azione, spostarsi fuori dal campo, anche per intercettare il pallone. Esistono dei vincoli particolari (dettati anche dalla presenza della rete), facilmente comprensibili dal Regolamento.
La presenza di un campo richiede specifiche competenze ai giocatori: anzitutto è necessario possedere una qualità nota come orientamento spaziale: trattasi sostanzialmente di riuscire a raccapezzarsi per il campo di gioco, distinguendone le varie parti ed abituarsi a riconoscere “approssimativamente” la propria posizione. Questo porta con sé un’ulteriore qualità, ossia la valutazione della propria posizione in campo: sembra particolarmente banale, ma se si prova a disporre un bambino in un campo da pallavolo, sebbene egli conosca benissimo lo scopo del gioco, quasi sicuramente non si porrà nel punto ottimale, preferendo posizioni relegate ai lati del campo. Infine, la presenza di un campo e le particolari regole pallavolisti che portano seco la necessità di valutare la traiettoria del pallone, al fine di adottare una tattica efficace.
Nella fattispecie, il campo della pallavolo è un campo particolare, classificabile come piccolo: esso ha infatti dimensioni quadrate, con il lato di 9 metri. Unendo i due campi, quindi, otteniamo un rettangolo di gioco 9×18. La dimensione del campo è solitamente inversamente proporzionale alla velocità di gioco: se si pensa infatti allo sport con il campo più piccolo (il tennis tavolo) si nota anche che esso è quello in cui le azioni si sviluppano alla massima velocità (almeno ad alto livello). Altra grande conseguenza è la necessità di avere una grande precisione, sia nei contatti con la palla (e relative traiettorie impresse) che negli spostamenti. Infatti, un errore anche di un solo metro, corrisponde a più del 10% del campo totale!
L’elevata velocità e la grande precisione richieste portano infine alla necessità di un’organizzazione molto precisa e sistematica del sistema strategico, inteso come insieme di soluzioni di gioco adottate con largo anticipo e ben studiate durante l’allenamento. Durante la gara, l’evolversi del gioco può richiedere eventuali adattamenti a questo sistema, entrando nella sfera della cosiddetta tattica. Sebbene non sia così immediato da comprendere, è invece importante che in allenamento siano sempre provate anche eventuali soluzioni tattiche, perché durante le partite non si deve improvvisare niente, per evitare inutili e controproducenti confusioni.
A titolo di esempio, si consideri di giocare, per default, con un sistema che preveda di tenere un giocatore fisso sul pallonetto e nessuno sulla parallela in difesa. Se la squadra avversaria si accorge di questo nostro schema e continua a segnare punti su questa parte che noi abbiamo volutamente lasciato scoperta (scelta strategica), sarà opportuno invece prevedere un adattamento tattico per risolvere il problema presentatosi.
L’elevata velocità di gioco implica la necessità di reazioni rapide e tempestive, in risposta alle varie azioni dell’avversario. Affinché questo sistema sia quanto più possibile ottimale, sono necessarie due grandi caratteristiche: un limitato utilizzo del pensiero ed un’elevata capacità di anticipazione.
Il pensare allo svolgimento di un’azione consiste nel meditare sul proprio corpo e concentrarsi per mandare i giusti impulsi nervosi ai giusti segmenti corporei. Questo, oltre ad avere conseguenze negative nella fluidità del movimento, ha anche il grande difetto di richiedere più tempo di esecuzione (viene aggiunto “un tempo”). Proprio per questo uno dei principali scopi dell’allenamento, soprattutto giovanile, è quello di trasformare i gesti coordinativi tecnici in automatismi, ossia gesti eseguiti senza più dover pensare al come farlo. Se quando ci sediamo lo facciamo in maniera del tutto ovvia e ottimizzata è perché possediamo questo automatismo. Mediante l’allenamento ogni gesto motorio può trasformarsi in automatismo.
Il sistema degli automatismi è molto utile, ma ha un grosso pericolo: sostituire un automatismo è opera ben più difficile dell’impararne uno nuovo relativo ad un meccanismo non posseduto. Infatti, nell’imparare un nuovo gesto motorio, dobbiamo considerare che il nostro corpo, di default, si serve di precedenti automatismi. Per l’apprendimento di un gesto migliore, quindi, è necessario prima perdere il vecchio automatismo, dopodiché si potrà passare ad un nuovo apprendimento.
E’ questo il motivo sostanziale per cui è diffusa la credenza che nelle giovanili si debbano avere allenatori quanto più possibile competenti e preparati. E’ infatti in questa fase che si costruiscono gli automatismi di base del gesto sportivo e apprenderli in modo errato causa seri problemi e grosse fatiche future agli atleti e, conseguentemente, alle loro carriere.
L’altro aspetto cruciale è, come detto, la capacità di anticipazione, suddivisa in due grosse categorie:
- Capacità di intuizione
- Capacità di lettura
La capacità di intuizione consiste nel memorizzare e conoscere al meglio il proprio avversario, per cercare di standardizzarne i comportamenti ed adottare scelte tattiche corrette.
La capacità di lettura, invece, consiste nell’osservare l’avversario ed individuare alcune tendenze, alcuni segnali, che rivelino le sue intenzioni.
In generale, la capacità di anticipazione consiste, quindi, nel cercare di capire le intenzioni dell’avversario ancor prima che questi esegua il proprio gesto motorio. In questo modo, infatti, è possibile ottimizzare i tempi di risposta al suo segnale. La capacità di anticipazione è tipica di tutti i giochi sportivi in cui l’avversario è fronteggiato direttamente (calcio, basket, scherma, pugilato eccetera) e la sua importanza è direttamente proporzionale alla velocità di gioco. Negli sport in cui l’avversario non è fronteggiato direttamente (salto in alto, nuoto, tiro con l’arco), invece, la capacità di anticipazione non viene neppure considerata, in quanto superflua.
2.5 La pallavolo è uno sport con ostacolo (la rete)
La terza componente della pallavolo, oltre al campo ed alla palla, è costituita dalla rete. Essa è da considerarsi a tutti gli effetti un ostacolo, in quanto il suo scopo è proprio quello di rendere più difficile il gioco. Forse non ci si pensa abbastanza, ma è proprio la rete il motivo per cui i giocatori di pallavolo di alto livello sono così alti e saltano così tanto.
La prima conseguenza della presenza della rete è la separazione tra le due squadre. Il contatto con l’avversario è totalmente psicologico ed è assente quello fisico (salvo scontri sotto rete accidentali, che spesso sono causa di infortunio). La mancanza di contatto fisico è, probabilmente, una delle cause per cui la pallavolo non è lo sport più considerato al mondo (sembra quasi assurdo, ma pare che alle persone piaccia di più vedere gli sport in cui esiste qualche rischio per l’incolumità degli atleti).
La rete è un ostacolo psicologico per gli stessi giocatori: essa è lì, ferma, prevedibile, ma è comunque un ostacolo che mette una grossa pressione sugli atleti che, qualsiasi cosa accada, devono riuscire a farla superare dalla palla. Questo discorso è tanto più vero quanto più decresce il livello di gioco: basti pensare ai più piccolini, che quando giocano hanno un esasperato terrore di non riuscire a superare la rete, tanto da giocare molto (troppo) spesso palloni facilissimi agli avversari. Tuttavia, va comunque precisato che la rete è un ostacolo da scavalcare assolutamente: la sua presenza fissa e la sua immobilità rendono infatti inappellabile ogni reiterato errore contro di essa. L’errore a rete è considerato solitamente il più grave di tutti, specialmente in attacco, perché non permette eventuali aggiustamenti o altri colpi di fortuna (se si attacca fuori dal campo, non è comunque detto che un avversario sfiori il pallone, regalandoci il punto; se si attacca contro al muro, è possibile che i propri compagni effettuino correttamente la copertura).
Ciò che invece è molto importante per ogni atleta è l’abitudine alla destrezza con la rete, intesa come la capacità di gestire le distanze da essa, sia in altezza, che in lunghezza, che in profondità. La rete è un punto di riferimento all’interno del campo e come tale va utilizzato: la rete è il riferimento per le alzate (che devono avere una certa distanza dalla rete, una certa distanza dall’asticella, una certa altezza rispetto al bordo superiore dalla rete), ad esempio. Erroneamente, alcuni giocatori utilizzano la rete come riferimento per la difesa, dimenticando invece che la frontalità deve essere data all’attaccante e non alla rete stessa.
Una precisazione importante è che la rete ha altezza prefissata, che deve essere la rete utilizzata non solo alle partite, ma anche e soprattutto durante gli allenamenti. Questo è giustificato con il solito principio secondo cui la realtà di allenamento deve essere quanto più possibile vicina a quella di gara. Allenarsi sempre con la rete più alta o più bassa del dovuto non solo è inutile, ma anche controproducente. Esistono certamente esercizi che richiedono variazioni nell’altezza della rete, ma sono eccezioni.
2.6 La pallavolo è uno sport con delle regole speciali
Tra le regole più particolari, bisogna sempre considerare la limitatezza del numero di tocchi per azione (tre), che è considerato ovvio, ma che tale non è, poiché l’alterazione di questo numero causerebbe cambiamenti radicali nello sport pallavolistico. Solitamente il primo tocco è un passaggio in direzione dell’alzatore (o un contenimento di un’azione offensiva), il secondo è il tocco di distribuzione (spesso noto come palleggio), cui segue la vera e propria azione offensiva. Va precisato che il tocco di muro non è considerato nel conteggio e che, quindi, la squadra che effettua un tocco di muro mantenendo la palla nel proprio campo, ha diritto nuovamente a tre tocchi. Questa regola è invece differente nel Beach Volley, dove il tocco di muro è conteggiato nei tre tocchi massimi consentiti.
Il sistema di punteggio è altresì particolarmente cruciale: nel moderno sistema di gioco (Rally Point System) ogni azione vale un punto. Fino a qualche anno fa questo discorso non era vero e solo la squadra in battuta poteva realizzare un punto, realizzando così un Break Point, mentre quella in ricezione poteva solo effettuare il Cambio Palla, ossia acquisire il diritto a servire e quindi la possibilità di segnare a sua volta il punto. Questo vecchio sistema aveva come conseguenza la durata spropositata delle gare e la assoluta imprevedibilità della stessa, con grosse difficoltà per gli addetti alla diffusione dello spettacolo (come i palinsesti televisivi). Con il nuovo sistema di gioco, invece, i tempi si sono più addensati e, solitamente, nel giro di 120 minuti è conclusa ogni partita.
Particolarmente interessante è anche il sistema di rotazione dei giocatori, che nacque con l’idea di far fare tutto a tutti i giocatori. Con l’enorme specializzazione attuale e con i vari schemi di gioco adottati, tuttavia, non è azzardato affermare che questo principio ha valenza del tutto simbolica e che il sistema di rotazione ha come vera conseguenza l’alternarsi dei giocatori al servizio e che l’unica differenziazione evidente è la distinzione tra giocatori in prima linea (giocatori offensivi) e giocatori in seconda linea (giocatori esclusivamente difensivi, ma non gli unici difensori).
2.7 La pallavolo è uno sport in cui le azioni sono brevi
Le azioni pallavolisti che hanno durata media inferiore ai 5’’ rappresentano circa l’80% del totale. La maggior parte delle azioni, infatti, è conclusa con il primo scambio, specialmente nel maschile.
Il 20% delle azioni si mantiene sotto i 3’’, il 55% sotto i 5’’ e solo il restante 25% supera questa soglia. In altre parole, circa 7/8 azioni su 10 terminano con il primo scambio. Questo ha conseguenze molto importanti per la preparazione fisica, che non deve avere come scopo primario il miglioramento della resistenza, dato che dopo ogni azione segue un tempo di recupero più che sufficiente, quanto più alla potenza e all’allenamento del sistema anaerobico alattacido, tipico di sforzi elevati in tempi brevi. Si ricordi, comunque, che il sistema aerobico ha importanti funzioni nel processo di smaltimento degli scarti dell’allenamento esplosivo, tipico della pallavolo, quindi una buona base di resistenza deve essere compresa nella programmazione dell’allenamento del pallavolista.
3. Posture e Spostamenti
3.1 Posture
Si definiscono tre posture fondamentali della pallavolo, dove con il sostantivo postura intendiamo, nel significato più logico del termine, un atteggiamento di preparazione per l’esecuzione di uno o più gesti tecnici.
La postura alta è quella solitamente più “rilassata” ed è utilizzata in preparazione ai fondamentali offensivi e al muro.
La postura intermedia, nota come postura statica fondamentale della pallavolo è quella utilizzata, ad esempio, in ricezione o in alzata.
La postura bassa, infine, caratterizzata da una grande chiusura degli angoli, è quella utilizzata per tutti i fondamentali difensivi.
Le posizioni di attesa sono utilizzate subito dopo lo spostamento in direzione della palla e proprio per questo motivo sono dette posizioni statiche. Esiste anche una posizione dinamica, intermedia tra la alta e la media, che è quella utilizzata per gli spostamenti, ossia nel lasso di tempo che precede l’inizio di uno spostamento in direzione del pallone.
3.2 Spostamenti
Gli spostamenti utilizzati nella pallavolo sono i più svariati, a seconda della particolare situazione che si viene a creare.
Anzitutto conviene citare gli spostamenti classici in corsa avanti e indietro, utilizzati per spostamenti piuttosto lunghi. La corsa indietro, se utilizzata per spostamenti medio – brevi, deve essere effettuata mantenendo la frontalità con la rete, per avere sempre un punto di riferimento. Solo in caso di palloni particolarmente lontani e solo dopo aver seguito “a sufficienza” la traiettoria del pallone, ci si potrà girare e completare il tutto con un gesto tecnico rovesciato.
I passi accostati sono i passi fondamentali di ogni gesto tecnico che interessi una ricezione, una difesa, un muro o un’alzata ad una distanza medio – breve. Il passo accostato, da teoria, prevede che si muova sempre un passo alla volta: il primo piede a muoversi è quello nella direzione dello spostamento, mentre il secondo lo segue velocemente, cercando di mantenere il parallelismo tra i piedi. Va infine precisato che il passo accostato non è, come comunemente si crede, eseguibile solo lateralmente (passo accostato laterale), ma anche frontalmente (passo accostato frontale).
Il passo incrociato è simile a quello accostato, ma con la variante che il secondo passo, invece di affiancarsi al primo, lo scavalca, creando così l’effetto di incrocio. L’incrocio può essere effettuato davanti o dietro al primo passo, secondo le esigenze tecniche. Secondo alcuni studi, più rapido del passo accostato, ma ha lo svantaggio di ruotare, seppure in parte, il corpo durante il movimento. Trova applicazione nel raggiungimento della propria posizione difensiva (ad esempio, la discesa da muro del laterale), oppure in alcune traslocazioni di medio – breve lunghezza a muro.
Esistono inoltre alcuni passi speciali, tipici solo della pallavolo: fanno parte di questa categoria la rincorsa d’attacco, utilizzata per attacchi e contrattacchi ed alcune tecniche di traslocazione a muro, come il passo apertura – incrocio – chiusura, utilizzate quando si deve murare una parte di rete lontana dalla propria posizione di partenza (come fanno i centrali). Questi passi speciali sono da considerare a tutti gli effetti dei veri e propri gesti tecnici, nati e sviluppatisi secondo quanto già discusso in precedenza.
Dovendo descrivere la velocità d’esecuzione di uno spostamento, esiste una regola generale sulla velocità di spostamento, che afferma che: “ogni spostamento lungo deve partire in ampiezza e terminare in frequenza”. In altre parole, se lo spostamento è lungo, si dovrà partire con passi ampli e grossolani, per poi definire il movimento con passi molto brevi e frequenti, ma anche molto precisi, per aggiustare la propria posizione finale. Negli spostamenti brevi è da ricercare sempre una rapida successione di passi piccoli e precisi.
3.3 Movimenti
Oltre a posture e spostamenti, esistono alcuni movimenti tipici della pallavolo (ma anche di altri sport). Si tratta di aggiustature al proprio spostamento o di particolari gesti tecnici.
Fanno parte di questa categoria gli affondi, utilizzati quando il tempo non è sufficiente per effettuare un ulteriore spostamento. Gli affondi possono essere sia frontali che laterali.
Esiste inoltre una seconda classe di movimenti tipici ed esclusivi della pallavolo, seppur in parte ereditati da alcune discipline di lotta. Si tratta dei tuffi, che vanno a formare quell’insieme di gesti tecnici meglio noti come acrobatica. Essi sono utilizzati nel disperato tentativo di recuperare palloni particolarmente insidiosi, irraggiungibili sia con uno spostamento che con un movimento di affondo.
ALLEGATI
Introduzione alla pallavolo (2347 download)
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Auguri di un Felice Anno Nuovo (affermazione seria) e per la volontà di affrontare un tema di tale dimensione (affermazione scherzosa…che Andrea spero apprezzerà!).
Ciao!
Fog-Factor
Allenatore 1G
MUY BUEN TRABAJO ANDREA.
MUY UTILPARA ENTRENADORES QUE SE INICIAN (Y PARA OTROS YA INICIADOS)
Paragrafo 2.7 è parzialmente corretto.
L’errore principale risiede nella incompleta considerazione dei metabolismi in gioco e delle loro implicazioni (omeostasi).
Le considerazioni sulla potenza sono corrette; le considerazioni sulla resistenza sono errate.
Grazie mille per il commento Leo, le considerazioni sono del tutto generiche (e come si vede anche non molto particolareggiate), mi piacerebbe sistemarle anche su tuo consiglio.
In sintesi: il corpo umano non può essere allenato solamente con una specifica metodologia (es. potenza) pena un squilibrio metabolico eccessivo con conseguenti rischi d’infortunio e sovrallenamento.
L’aerobica non serve a “fare fiato” dato che il Vo2max è geneticamente determinato e minimamente modificabile; il grande pregio dell’aerobica è lo smaltimento dei metaboliti derivati dall’allenamento esplosivo tipico della pallavolo.
L’accumulo prolungato di questi “scarti” (tipicamente H++) provoca acidosi muscolare con conseguenti implicazioni sulla massa (es. infortuni, capacità di recupero, ecc.).
Anche se il carattere dell’articolo è generico, non può comunque “diffondere” informazioni errate.
Leo, le tue osservazioni sono corrette. Il discorso dello smaltimento non è da trascurare e probabilmente la mia espressione “non deve essere indirizzata al miglioramento della resistenza” non è corretta.
Forse una aggiunta del tipo “(si ricordi comunque che il sistema aerobico ha importanti funzioni nel processo di smaltimento degli scarti dell’allenamento esplosivo, tipico della pallavolo)” lo renderebbe più corretto?
… e nel mantenimento dell’omeostasi metabolica.
Però questa espressione andrebbe spiegata meglio, non credo di essere in grado di farlo in termini sintetici e semplici…
Ecco apportata una piccola variante.