Tutti gli articoli di Andrea Asta

Sono nato a Bologna l'11 luglio del 1988 e sono nel mondo della pallavolo da quando avevo 8 anni: prima da spettatore, poi da giocatore, collaboratore in società come arbitro o segnapunti e ora allenatore.

Volleyland 2009: che spettacolo!

Volleyland 2009Quando un evento è veramente un evento memorabile, penso sia giusto parlarne. E Volleyland è decisamente stato un evento da ricordare. Non ho avuto modo di assistere completamente alla due giorni di Forlì, ma solo al pomeriggio del secondo. Uno spettacolo entusiasmante: tantissime persone, tantissimi bambini, gli stand delle società, i grandi campioni in giro tra gli altri, tanti campi per i più piccoli, dove giocare, divertirsi e passare del tempo insieme.

E poi non posso non parlare della meravigliosa coreografia delle due finali di Tim Cup A1 e A2 maschili. Quando entri nel Palafiera e raggiungi gli spalti, fai due passi e ti trovi improvvisamente davanti il taraflex tricolore, è veramente uno spettacolo da lasciare senza fiato per un istante. Palazzetto in piedi, squadre schierata e metà campo e inno nazionale a tutto volume: altro spasmo. Assistere poi a due belle partite (quella di A2 non tanto, a dire il vero, ma quella di A1 senza dubbio) in un palazzetto stracolmo di persone, due tifoserie fantastiche e leali, due squadre che combattono punto a punto per un obiettivo, credo possa ripagare abbondantemente i soldi (10€, cifra decisamente abbordabile, se si pensa che un evento del genere in sport più “blasonati” potrebbe costare decisamente di più) e la lunga coda per uscire dal palazzetto. Voglio citare, per completezza, le simpatiche iniziative di time out e intervalli tra set: una banda che suonava, il lancio di oggetti e regali per tutto il palazzetto (attraverso una specie di “cannone”), le ragazze della Kinder con merendine in omaggio per tutti gli spettatori. E bisogna poi parlare della grande mole di bambini, felici e giocosi in giro per il palazzetto, a giocare con le tante miniBall che erano in vendita nei vari stand, che contribuiva in maniera decisamente significativa ad animare positivamente le giornate.

Macerata ha vinto la finale di Coppa Italia di serie A1. Una bella partita, con un Vermiglio in forma stratosferica (credo che anche chi sia a digiuno di pallavolo possa aver apprezzato alcuni gesti tecnici notevoli, come un paio di alzate dietro ad una mano decisamente spettacolari) e una squadra in grado di interpretare al meglio una partita certamente molto difficile. Per una volta non ho voluto fare alcun tipo di analisi, ma semplicemente godermi lo spettacolo, per poterlo poi raccontare a chi non ha avuto la fortuna di essere presente.

Ma Volleyland non è stata solo pallavolo giocata: si è infatti tenuto il consueto Aggiornamento Nazionale per allenatori di Serie B, cui hanno partecipato alcuni colleghi che conosco. Come sempre, credo che gli aggiornamenti debbano essere visti come un’opportunità per crescere insieme, per imparare ogni anno qualcosa di nuovo. Per esempio, mi è stato raccontato di come Bracci abbia parlato della rincorsa dell’opposto (tema già discusso in questo blog), spiegando come per lui, su palla alta, questa debba essere dall’interno verso l’esterno del campo: il colpo forte è sulle mani esterne del muro, i colpi interni devono essere realizzati in intrarotazione. Un’ipotesi di cui nel mio articolo e nei relativi commenti non si era parlato molto.

Questo, e molto altro, è stato VolleyLand 2009. Un consiglio, per gli anni prossimi: se ne avrete l’occasione, fatevi questo viaggio, ne vale davvero la pena.

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Pronti per VolleyLand 2009

VolleyLandInizierà domani il consueto appuntamento annuale di VolleyLand, una delle manifestazioni più belle dello sport italiano. Due giorni intensi, con attività per spettatori, allenatori (cui spetterà l’aggiornamento nazionale per tecnici di serie B), arbitri e atleti, impegnati nelle finalissime di Coppa Italia Maschile. Il tutto nella cornice del PalaFiera di Forlì.

Per informazioni e prentoazioni dei biglietti, si trovano informazioni dettagliate sul sito LegaVolley.

Questo breve post solo per informare i lettori che io sarò in giro per il PalaFiera tutta domenica pomeriggio e non si sa mai che non possa essere l’occasione per incontrare di persona qualcuno dei tanti allenatori con cui quotidianamente dialogo sul web. Fatemi sapere se ci sarete!

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Cadetti e Cadette qualificati per gli Europei

Non so bene il motivo per cui se ne parli così poco, perché le uniche informazioni siano poche righe su pochi siti specialistici, ma io non mi voglio accodare a questa tendenza e voglio dedicare uno dei pochi interventi non-tecnici di questo blog ai positivi risultati ottenuti dalle nostre due nazionali PreJuniores, maschile e femminile, nei giorni scorsi. Se non ne sapevate nulla, non sorprendetevi, se ne parla così poco che è normale!

Cosa fa esattamente una nazionale Cadetti? Quando è possibile, i ragazzini vengono “prelevati” dai loro club e riuniti in collegiali guidati dallo staff nazionale (nella fattispecie, Mario Barbierio per il maschile e Maurizio Moretti per il femminile). E questi giovani partono verso i loro ritiri e verso sudati (ma, si spera, graditi) allenamenti e gare amichevoli. Si pensi sì che sono fortunati, ma si pensi anche che dei ragazzini di 15-16-17 anni dedicano tempo ed energie (spesso durante le vacanze, o saltando giorni di scuola) al loro sport: i maschietti si sono radunati dal 27/12 al 30/12 a Castione della Presolana (BG), Capodanno a casa e poi di nuovo insieme, dal 2/1 al 6/1 a Roma e poi, senza soste, partenza per Bardejov (in Slovacchia), per prendere parte al girone E di qualificazione ai prossimi europei (che si terranno a Rotterdam dal 4/4 al 9/4). Ritorno a casa il 12/01 e tutti pronti a riprendere la propria vita da club: studenti la mattina, pallavolisti a tempo quasi-pieno il pomeriggio.

Penso che meritino di avere un po’ di attenzione, questi ragazzi e queste ragazze che investono sul loro futuro, ma anche gli staff nazionali che curano le loro future carriere. Sono esperienze importanti, sicuramente divertenti ed emozionanti, ma pur sempre impegnative. Ok, questo articolo è poco informativo e poco conclusivo, spero di poter scrivere un pezzo più esaustivo quando avrò raccolto informazioni più dettagliate. Intanto, volevo solo complimentarmi con le nostre due squadre e augurare loro tante altre soddisfazioni.

Formule dei tornei

Girone all’italiana con gare di sola andata. Partite normali, passando agli Europei le prime di squadre classificate di ogni girone, più la nazione organizzatrice (Olanda) e il campione uscente.
Ogni partita (indipendentemente dai set e dai parziali) assegna 2 punti alla squadra vincitrice e 1 punto alla squadra perdente.

Risultati Maschili (Pool E, Bardejov, 7-11 gennaio 2009)

Repubblica Ceca – Italia 0 : 3 (15:25, 12:25, 22:25)
Italia – Portogallo 3 : 0 (25:1, 25:16, 25:17)
Serbia – Italia 3 : 2 (25:23, 25:20, 21:25, 27:29, 15:10)
Italia – Croazia 3 : 0 (25:21, 25:21, 25:16)
Slovacchia – Italia 0 : 3 (12:25, 22:25, 23:25)

Risultati Femminili (Pool B, Zocca, 7-11 gennaio 2009)

Lettonia – Italia 0 : 3 (8:25, 11:25, 15:25)
Ungheria – Italia 0 : 3 (10:25, 7:25, 12:25)
Italia – Slovenia 3 : 0 (25:19, 25:13, 25:18)
Italia – Polonia 3 : 1 (33:35, 25:19, 25:14, 25:20)

PJM Bardejov PJF Zocca

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Questione di piedi

L’importanza dei piedi nella pallavolo deve essere considerata partendo dal presupposto che a pallavolo si gioca con le braccia, ma che “il corpo e quindi le braccia vanno dove vanno i piedi“. In questo articolo ho intenzione di scrivere qualche appunto relativo all’importanza dei piedi nei diversi fondamentali e gesti tecnici della pallavolo.

Un primo contributo dato dai piedi è dato dall’orientazione indotta sul busto. Se orientiamo i piedi verso una direzione, otteniamo, mantenendo una posizione naturale, un direzionamento del busto verso la direzione puntata dai piedi. Questo è un ottimo aiuto, ad esempio, per orientare una battuta da terra verso una determinata zona del campo. La prima cosa che insegno ai bambini, per direzionare una battuta verso una parte del campo, personalmente, è quella di orientare il piede avanti (e quindi quello dietro, e quindi il busto) proprio lungo la direzione desiderata e di lavorare in seguito sul lavoro frontale del braccio. In questo modo riusciamo a direzionare la palla dove desideriamo senza ricorrere a particolari varianti tecniche.

La rapidità dei piedi è un argomento molto interessante dal punto di vista della preparazione fisica (si vedano i vari lavori presenti sul web), che ha grosse ripercussioni tecniche su gesti quali gli spostamenti a muro, in ricezione ed in difesa. Ogni spostamento per i fondamentali di ricezione, alzata e difesa deve essere eseguito a passi rapidi, brevi e precisi (salvo spostamenti molto lunghi), al fine di arrivare sotto il pallone in condizioni di equilibrio e staticità.

Sugli spostamenti a muro, invece, il controllo del piede è necessario per una corretta orientazione rispetto alla rete. Si pensi ad esempio al classico passo di apertura e incrocio: il primo passo, con il piede esterno, deve essere fatto con il piede lungo la linea del corpo e parallelo alla rete, in modo da scorrere parallelamente alla rete con tutto il busto; in caso di piedi più lontani e divergenti (risp. convergenti), si rischia di creare percorsi che si allontanano (risp. avvicinano) alla rete, creando pericoli di palla che si insacca tra le mani del muro (risp. invasioni). Al termine dello spostamento, è importante (ma non sempre possibile per motivi di tempo) che i piedi siano orientati verso il centro del campo avversario (quanto meno perpendicolari a rete), per favorire un salto con orientazione del busto (e quindi del piano di rimbalzo) nella direzione corretta ed evitare quindi il mani-out.

Dal punto di vista statico, la posizione dei piedi ha una notevole rilevanza per quel che riguarda l’equilibrio del corpo. I piedi sono uno dei primi indici per una corretta postura di preparazione ad un fondamentale. In linea generale, i piedi devono essere paralleli e leggermente sfalsati (in modo da creare posizioni facilmente abbandonabili per eventuali spostamenti) e la loro distanza laterale dipende essenzialmente dal tipo di fondamentale. Va sottolineato come un eccesso di apertura laterale o di sfalsamento possano compromettere anche considerevolmente l’equilibrio frontale e/o laterale (si provi a resistere ad una spinta laterale, partendo con i piedi molto stretti e particolarmente sfalsati).

I piedi hanno un ruolo importante anche nello spostamento del peso del corpo. Avendo i piedi sfalsati, aver spostato il peso del corpo su uno dei due fronti (avanti o indietro) è verificabile sollevando il piede non interessato (se ho il peso in avanti, posso tranquillamente sollevare da terra il piede dietro). Questo fattore è molto importante, specialmente con i più giovani o con le ragazze, dove lo spostamento del peso del corpo da dietro ad avanti è uno dei punti più imporanti per imprimere sufficiente forza alla palla (ad esempio in battuta).

Lo sfasamento frontale dei piedi, oltre al compito di rendere le posizioni più facilmente abbandonabili (sebbene questo non sia l’unico requisito), ha anche il compito di facilitare l’orientazione indotta sul busto. Avanzare un piede porta come conseguenza, infatti, l’orientazione delle spalle verso la direzione opposta (se avanzo il piede sinistro, creo naturalmente un’orientazione verso destra).

Analizziamo alcuni casi:

Piedi ricezione In ricezione (servizi flottanti) i piedi saranno poco più larghi delle spalle (e gli angoli al ginocchio e alla caviglia abbastanza aperti) per favorire uno spostamento in tutte le direzioni. Inoltre il piede più avanti sarà, di norma, quello esterno, per garantire un’orientazione del busto verso l’interno, oppure quello interno, nel caso si decida di utilizzare un bagher laterale dall’esterno all’interno.
Piedi difesa In difesa i piedi saranno più larghi delle spalle (con angolo tibio-tarsico piuttosto chiuso), per favorire una posizione che riesca a contenere la forza del pallone, recuperi in tutte le direzioni e anche uscite in avanti e laterale – avanti.
Piedi muro lettura Nel muro in lettura, i piedi sono poco più aperti delle spalle (e le gambe già cariche) per favorire salti più rapidi (anche se mediamente meno alti) e uscite laterali molto tempestive.
Piedi nel muro ad opzione Nel muro esterno e ad opzione, i piedi sono larghi quanto le spalle, per favorire il salto verticale.
Palleggio verso zona 4 Nella versione più basilare del palleggio d’alzata avanti, i piedi, larghi come le spalle o poco più (per garantire equilibrio), sono direzionati verso la zona obiettivo (ad esempio, la zona 4) e sfalsati, con il piede destro (risp. sinistro) avanzato per le alzate verso zona 4 (risp. verso zona 2). In questo modo garantiamo la frontalità verso la zona obiettivo (e quindi richiediamo una spinta di polsi e braccia dentro la linea del proprio corpo) e, grazie all’avanzamento di un piede, proteggiamo il corpo verso il nostro campo, rendendo più improbabile un’alzata diretta verso l’altro campo. Logicamente, all’aumentare della distanza da rete, cambia il piede avanti, per gli stessi motivi di orientamento già descritti. Ad esempio, per alzare in zona 4 una palla fuori dai tre metri, anteporremo il piede sinistro e non il destro come nel caso di una palla vicina alla rete.

Prendiamo ora in esame la posizione dei piedi in fase di attacco, sia da terra che prima di un salto. Nel caso di una piazzata da terra, i piedi sono paralleli, direzionati verso la zona obiettivo (se si intende tirare con il braccio dritto) e con il piede opposto a quello che colpisce avanti all’altro. In questo modo si facilita un’apertura verso l’esterno del busto, necessaria per caricare la spalla e imprimere forza al pallone. Si provi ad effettuare il gesto tecnico con i piedi invertiti, ci si troverà sicuramente in difficoltà meccaniche.

Nel caso dell’attacco in salto, i piedi assumono duplice importanza, sia dinamica che statica per la preparazione alla fase aerea. Nella prima fase della rincorsa, assistiamo ad una rullata tallone – punta del passo sinistro (nel caso di rincorsa per destrimani a tre passi: sinistro + destro-sinistro), che ha come scopo l’individuazione del giusto tempo di rincorsa e l’avvicinamento alla palla. Il piede sinistro appoggia con il ginocchio leggermente flesso, in direzione della palla. A questo punto, la rullata verso la punta del piede aiuta a creare una forza esplosiva (garantito dal progressivo sbilanciamento del corpo in avanti), ma permette, d’altro canto, di aspettare tutto il tempo desiderato (cosa ben più difficile se si poggia il piede con il ginocchio disteso o appoggiando direttamente la pianta o la punta del piede) prima dell’esplosione del doppio passo finale.

Passo finale Il passo finale, infine, ha il compito di creare i presupposti per un buon colpo aereo (come già visto per l’attacco piedi a terra, la possibilità di aprire completamente il busto e garantire quindi tutti i colpi), ma anche l’importantissima funzione di convertire una forza orizzontale (la rincorsa) in quasi-verticale (il salto). Per questo motivo risulta molto efficace avere i piedi abbastanza vicini, leggermente più stretti delle spalle e con il piede esterno decisamente convergente verso la rete (questo aiuta a frenare la rincorsa e favorire la verticalità del salto).

I piedi sono indicatori della distanza da rete e, come diretta conseguenza, della capacità di scelta di tempo della rincorsa e di valutazione della traiettoria. Nel caso di un’alzata di terzo-secondo tempo, i piedi hanno il compito di portarci leggermente dietro al pallone, in modo che questo si trovi all’altezza della spalla che colpisce, leggermente davanti al busto (non sopra). Se invece ci si ritrova esattamente sotto al pallone, molto probabilmente siamo di fronte a problemi di scelta del tempo (in particolare, partenza in anticipo); se ci si trova distanti da esso, il problema potrebbe essere causato da una scarsa capacità di analisi della traiettoria. Nel caso di un’alzata di primo tempo, i piedi devono portarci ad una distanza da rete tale da consentirci di scegliere il giusto colpo e di poter colpire la palla davanti scaricando poi il braccio avanti a noi: stacchi troppo vicini a rete compromettono le direzioni d’attacco e sono tipici in fase di apprendimento del gioco rapido, ma anche in fasi più avanzate, specie con i primi tempi più lontani dall’alzatore.

I piedi sono infine un altro grande indicatore di correttezza tecnica, compostezza aerea e prevenzione agli infortuni nell’analisi delle discese dai fondamentali aerei. In particolare, ci sono due aspetti da considerare:

  • Il punto di atterraggio rispetto al punto di stacco
  • Il numero di piedi con cui si atterra

Il punto di atterraggio è riferito all’analisi di eventuali voli aerei (meglio noti come fly), particolarmente pericolosi a muro (sia per i rischi di infortuni che di mani – out), e invece particolarmente desiderati nei fondamentali di attacco da seconda linea e battuta in salto a rotazione (per creare traiettorie più favorevoli alla propria squadra e per scaricare il peso del corpo sul pallone). Nel caso di un fly frontale a muro, questo potrebbe essere indicatore di scarsa mobilità di caviglia, oppure di un caricamento effettuato chiudendo eccessivamente l’angolo al ginocchio (l’angolo da chiudere a muro è il tibio-tarsico). Un leggero fly frontale in attacco da prima linea è normale e accettabile, a patto che non sia eccessivo, poiché questo comprometterebbe l’altezza del colpo in maniera significativa. Un fly laterale in attacco è solitamente sintomo di un errore di valutazione della traiettoria (si è andati a cercare la palla in volo e non con la rincorsa): questo è un fattore indesiderato, poiché compromette la stabilità, le direzioni d’attacco e l’altezza del colpo.

Per quanto riguarda l’atterraggio, è sempre sperabile che questo sia effettuato a due piedi, in modo da distribuire equamente il peso del corpo su entrambe le gambe (e le ginocchia). Questo è da ricercare soprattutto a muro (atterraggio ad una gamba è spesso sintomo di fly), ma anche in attacco, dove, seppur l’atterraggio leggermente sfalsato sia quasi naturale (per un destrimano, l’atterraggio avviene solitamente prima sulla gamba sinistra e poi su quella destra), è bene perseguire l’obiettivo di ridurre al minimo il lasso di tempo che intercorre tra i due appoggi e ricercare comunque un atterraggio composto.

Concludo con una citazione di un allenatore che ho conosciuto da poco e molto attento all’impostazione dei piedi: “Per capire quello che succede in alto, devi analizzare quello è che succede in basso!“.

Un grazie particolare ad Alberto Giorda per la collaborazione.

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Introduzione alla pallavolo

Questo articolo ha lo scopo di introdurre al mondo della pallavolo, fornendo definizioni, esempi e concetti di base che sono necessari per chiunque si voglia addentrare nell’apprendimento teorico di questo sport. Il documento è corredato con immagini e diapositive, disponibili anche separatamente, per avere un riassunto. Non si tratta di una produzione scientifica, ma di una serie di considerazioni progressive, riassunte da testi e corsi vari, atte a presentare le caratteristiche salienti dello sport pallavolistico.

1. Definizione

Dovendo fornire una definizione il più possibile chiara, ma precisa, appare ovvio il ricorso al Regolamento di Gioco, che è e sarà sempre l’unica vera ed indiscutibile fonte di autorità per ogni disciplina sportiva, così come, quando si hanno dubbi di carattere legislativo, appare subito lampante che la fonte più autoritaria sia da ricercare tra i documenti giuridici del proprio Paese (Codice Civile, Codice Penale, Costituzione…).

Ancor prima di entrare nel vivo delle regole e norme dello sport, il regolamento della pallavolo fornisce una chiara definizione del gioco.

“La pallavolo è uno sport giocato da due squadre su un terreno di gioco diviso da una rete.
Ci sono differenti versioni del gioco adattabili a specifiche circostanze nell’ambito della versatilità del gioco per tutti.
Lo scopo del gioco è quello di inviare la palla sopra la rete affinché cada a terra nel campo opposto e di evitare che ciò avvenga sul proprio campo.
La squadra ha a disposizione tre tocchi per rinviare la palla (in aggiunta al tocco di muro).
La palla è messa in gioco con un servizio: inviata con un colpo dal battitore sopra la rete verso gli avversari. L’azione continua fino a che la palla tocca il campo, è inviata “fuori” o una squadra non la rinvia correttamente.
Nella pallavolo, la squadra che vince un’azione di gioco conquista un punto (Rally Point System). Quando la squadra in ricezione vince un’azione conquista un punto, il diritto a servire ed i suoi giocatori ruotano di una posizione in senso orario.”

La definizione, in effetti, è molto chiara e non necessita di ulteriori commenti. A titolo completivo, è possibile elencare una serie di versioni di gioco:

  • Volleyball: giocata in palestra, in campo quadrato di 9 metri di lato, con 6 giocatori per squadra;
  • Mini Volley: versione per bambini della pallavolo indoor, con meno giocatori e campo ristretto;
  • Beach Volley: giocata sulla sabbia, in campo quadrato di 8 metri di lato, con 2 giocatori per campo e regole speciali;
  • Sand Volley: giocata sulla sabbia, con 3 giocatori per campo e regole quasi identiche alla pallavolo indoor;
  • Green Volley: giocata sull’erba, in campi di dimensioni variabili, con 3-4 giocatori e regole simili a quelle della pallavolo indoor;
  • Park Volley: giocata sul cemento, solitamente all’aperto, in campi di dimensioni variabili, con numero di giocatori variabili e regole adattate ai parametri suddetti.

La definizione ci aiuterà nel prossimo processo, ossia quello di caratterizzazione della pallavolo.

2. Caratterizzazione

Processo

Il nostro scopo è quello di individuare le peculiarità dell’oggetto in esame (in questo caso, un processo allenabile), al fine di dedurre e definire un protocollo efficace di allenamento.
In altre parole, partendo dalle informazioni raccolte dal Regolamento ed unendole ad una basilare Teoria dell’allenamento, proveremo a giungere ad alcuni aspetti importanti da tener presenti nell’allenamento di questo sport.

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Buon Natale

Colgo l’occasione per mandare i miei più cari auguri a tutti i lettori e visitatori del blog e a tutte le rispettive famiglie. Nella speranza che possa essere un giorno sereno e gioioso per tutti.

Andrea Asta

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La qualità della ripetizione

Qualità della ripetizioneQualche settimana fa ho conosciuto un nuovo allenatore e ho avuto il piacere di scambiarci due chiacchiere. Tra i tanti temi affrontati, si è finiti con il parlare della scarsità di pallavolo maschile nella nostra città. Da lì siamo finiti a parlare più in generale della qualità dell’allenamento a livello giovanile. Mi ha esposto un pensiero veramente bello, da cui voglio partire per sviscerare la solita discussione con i lettori.

Secondo lui, che allena da molti anni, uno dei più grandi errori commessi dagli allenatori è che “hanno in testa l’idea che i ragazzi debbano esclusivamente fare delle ripetizioni“. Lo so bene, qualcuno avrà storto il naso. Però la sua sentenza era ben argomentata e non posso fare a meno di riportarla e condividerla. Il problema non è solo legato al numero di ripetizioni, ma alla loro qualità. Secondo lui, questo secondo parametro deve avere priorità assoluta in fase di apprendimento di un gesto tecnico. Del resto, ha senso far ripetere tantissime volte in pochissimo tempo un gesto tecnico, senza avere così il tempo di effettuare una correzione a 360° gradi, mirata e puntigliosa? Evidentemente no. Dobbiamo per forza dilazionare le ripetizioni in un tempo maggiore. Mi ha detto: “Vedo sempre tanti allenatori lanciare mille e mille palloni, convinti di allenare qualcosa. Ma facendo così tu alleni solo l’errore!“.

Il problema dell’allenamento dell’errore mi ha veramente dato da pensare. Quante volte tutti noi, in preda a questo strano principio delle ripetizioni elevate, trascuriamo qualcosa, accettando ripetizioni grossolanamente valide, ma non corrette? Il rischio è quello che un errore, seppur piccolo, diventi poi gesto automatizzato, con tutti i problemi che questo comporta. Sono andato a rileggere le lezioni dei corsi allenatori che ho frequentato e non ho mai trovato qualcuno che si soffermasse a parlare veramente della qualità della ripetizione.

Quali sono i parametri che rendono una ripetizione valida, in fase di apprendimento? Provo a citarne alcuni che condivido:

  • Possibilità di dare correzioni immediate ad ogni esecuzione
  • Semplicità e analiticità della ripetizione

Un esempio: se voglio insegnare a fare un palleggio di appoggio, probabilmente non ha molto senso iniziare a lanciare palloni, dall’altra parte del campo, a raffica, 2-3 palle per bambino e poi giro. In questo modo, infatti:

  • Se penso al ritmo, non posso correggere ogni gesto tecnico;
  • Il mio lancio arriva da lontano, può essere impreciso, aggiungendo alla tecnica di palleggio quella di spostamento;
  • Sono fisicamente lontano dai miei giocatori, per poter vedere tutti i piccoli aspetti tecnici con precisione e per poter dare tempestive correzioni (salvo urlare in continuazione da una parte all’altra della palestra).

Quale potrebbe allora essere un processo di insegnamento “corretto” in base al principio sopra enunciato? Provo a scrivere alcuni esercizi di base per il palleggio d’appoggio, post-propedeutici:

  • Palleggio contro al muro da seduti o inginocchiati, fermando la palla ogni volta o lanciandola prima contro al muro e poi facendo un palleggio (isoliamo il lavoro delle braccia);
  • Palleggio a coppie, uno lancia preciso e l’altro palleggia preciso, si ferma la palla ogni volta; eventualmente lavorare con palla trattenuta (sensibilizzazione dell’azione elastica delle mani);
  • Palleggio su lancio preciso dell’allenatore, che lancia dallo stesso campo del bambino, a distanza di pochi metri;

Cercando di concludere, credo che, in generale ma soprattutto in fase di apprendimento, si debba pensare molto alla qualità della ripetizione prevista nel nostro esercizio, cercando di limitare il numero di variabili presenti e rendendo possibile la correzione del maggior numero possibile di esecuzioni. Pensare solo alla quantità, infatti, può portare a fissare gesti tecnici non corretti che, alla lunga, potrebbero diventare automatismi, con grosse difficoltà per correzioni successive.

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La Ricezione #02: Ricettori, competenze, assistenze, conflitti

In questo secondo articolo parleremo del numero di giocatori impegnati nella ricezione, senza entrare comunque nel merito degli schemi di gioco per la fase cambio palla. In seguito si prenderà in esame l’esempio di 3 giocatori in ricezione e si studieranno i problemi dell’assegnazione delle zone di competenza e della gestione delle zone di conflitto.

Indipendentemente dagli schemi di ricezione (o, più nello specifico, da chi sono effettivamente i giocatori impegnati nella ricezione), possiamo parlare del numero di giocatori impegnati in questa situazione di gioco: in generale, escludendo un giocatore che sarà addetto al secondo tocco (l’alzatore), sarà possibile designare fino a 5 giocatori. Classifichiamo quindi la scelta in:

  • Ricezione a 4 o 5 giocatori: utilizzata specialmente con squadre molto giovani o di livello molto basso;
  • Ricezione a 3 giocatori: utilizzata fino all’altissimo livello femminile e ad altissimo livello maschile su servizi in salto (solitamente);
  • Ricezione a 2 giocatori: utilizzata ad alto livello maschile per ricezioni di servizi flottanti.

Come in molti altri aspetti del nostro sport, non esiste una scelta corretta a priori. Ogni sistema ha i propri pregi ed i propri difetti e la scelta deve essere calibrata, banalmente, sui giocatori di cui si dispone.

Riducendo il numero di giocatori:

  • La manovra offensiva risulta semplificata, poiché alcuni giocatori potranno prepararsi con largo anticipo ad attaccare;
  • Ci sono più zone potenzialmente vulnerabili, pertanto si  rendono necessari meccanismi di assistenza (di cui si parlerà più avanti);
  • Ad ogni ricevitore è assegnata una porzione maggiore di campo, il che richiede doti tecniche superiori.

D’altro canto, aumentando il numero di ricevitori:

  • La manovra offensiva risulta più complicata, poiché ogni giocatore, prima di attaccare, deve occuparsi della ricezione;
  • Ad ogni ricevitore è assegnata una porzione di campo teoricamente più piccola;
  • Aumentano le zone di conflitto (di cui si parlerà più avanti).

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L’individuazione del talento in U14

TalentoDi recente sto assistendo ad alcuni allenamenti di un gruppo Under 14 maschile. Ho visto un paio di ragazzini veramente bravi. Tuttavia, siccome non ho alcun modello di confronto a livello nazionale (mentre per gli U16 “ho” il Trofeo delle Regioni e per l’U18 le Finali Nazionali di giugno), mi è venuto da pormi la seguente domanda: “Quali sono gli elementi che ci fanno individuare un talento?.

Badate, la domanda può apparire in fondo banale e con puri scopi di curiosità, ma è tutt’altro che così. Dobbiamo sempre tener presente che uno degli obiettivi fondamentali per un allenatore giovanile è favorire l’esplosione del talento. Detto in termini brutali, se ho tra le mani un potenziale giocatore di serie A, devo fare del mio meglio per farcelo arrivare. E se non ho i mezzi per farlo (mezzi tecnici, ma anche fisici, come l’assenza di un gruppo valido con cui farlo allenare per sufficiente tempo), credo sia importante creargli qualche possibilità con società più blasonate.

In Under 14, secondo me, c’è un problema da non trascurare, almeno a livello maschile: lo sviluppo dell’atleta è appena all’inizio. Sia dal punto di vista fisico, che da quello tecnico. Nella mia Bologna, infatti, è raro vedere in queste realtà giocatori con già alcuni anni di esperienza alle spalle. E’ invece più normale creare gruppi completamente nuovi. Fatta questa premessa, è facile arrivare al vero fulcro del mio problema: “Il ragazzino che io giudico bravo, è un talento o risulta semplicemente bravo perché nella sua squadra è il più bravo?“.

Di recente, ho letto una frase di Davide Mazzanti (vice allenatore di Lorenzo Micelli a Bergamo in A1F), in cui citava appunto la ricerca del talento, che mi ha colpito e ritengo sia da riportare:

[…] A livello giovanile il talento non è nascosto nel fare bene 8 cose su 10, ma nel riuscire a fare una volta su dieci una cosa eccezionale… Sarai tu, con l’allenamento, a trasformare il suo talento in rendimento: buon lavoro!

(Davide Mazzanti, vice allenatore Volley Bergamo A1F)

Partendo da questa affermazione, che ritengo più che condivisibile, vorrei lasciare i miei lettori con alcune domande, sperando che il caso in questione possa risultare di interesse ed aprire il dibattito sulla ricerca del talento:

  • In U14M, quanto è importante l’aspetto fisico?
    • Qual è l’altezza media di un gruppo U14M di alto livello?
    • Quali sono i fattori che ci possono aiutare in una previsione grezza della crescita dell’atleta (esempio: altezza dei genitori)?
  • In U14M, quanto è importante l’aspetto tecnico?
    • Quanto è importante il servizio dall’alto? E’ necessario il servizio in salto?
    • Quanto è importante l’attacco da zona 4/2? Meglio precisione o potenza?
    • Quanto è importante il bagher d’appoggio e ricezione?
    • Quanto è importante il muro?
    • Quanto è importante il palleggio d’alzata?
  • In U14M, quanto è importante l’aspetto psicologico?
  • In U14M, quanto è impostante l’aspetto tattico?
  • Quali sono i gesti tecnici “tipici” che il talento riesce ad eseguire correttamente una volta su dieci in maniera eccezionale?

In altre parole, qual è il giusto mix per riconoscere un talento?

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