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Il solito problema di inizio anno

FaticaCome ogni anno, Settembre arriva e, nella testa di ogni allenatore, frullano quel miliardo di informazioni su come sia giusto o non giusto iniziare gli allenamenti. Già l’anno scorso scrissi qualcosa in merito al famigerato tema del primo allenamento dell’anno, ma voglio tornarci anche questa volta, non tanto per scrivere l’opposto di quanto già scrissi, quanto più per portare le mie esperienze dell’anno scorso e di quest’anno. Quindi, schematicamente, parlerò prima delle mie esperienze e poi proverò a riassumere il mio pensiero in merito.

La stagione scorsa ero primo allenatore di un gruppo U18 maschile. Dopo aver scritto l’articolo, in cui dicevo per l’appunto che era bene partire con calm, ma facendo tutto, ho iniziato a creare il mio programmino annuale. Per le prime 6 settimane di preparazione, ho scritto una tabella con il lavoro fisico, tecnico, tattico e disciplinare da svolgere, cercando di avere progressioni sensate. Alla fine, dopo aver parlato con molti preparatori, mi sono convinto finalmente a rispettare questi punti, che ho assunto come basi di lavoro fondamentali:

  • La prima settimana non si salta
  • La prima settimana si evitano alcune esercitazioni ritenute pericolose in stato di muscolatura poco tonica, ad esempio gli affondi laterali per gli adduttori
  • Il lavoro parte con esercitazioni statiche per almeno 4-5 sedute
  • Si lavora sempre sulla prevenzione per la schiena, le caviglie, le spalle e le ginocchia
  • Dopo si possono iniziare ad inserire gradatamente esercitazioni isotoniche a corpo libero, progredendo dal movimento lento in fase concentrica ed eccentrica, spostandosi sempre di più verso l’esplosività
  • I famosi “percorsi” con salti, andature eccetera verranno introdotti dopo la terza settimana

Sull’assenza di salti, sono stato molto molto contento. Prima di tutto, contrariamente a quanto pensassi, si possono veramente creare allenamenti altamente tecnici anche con rete bassa: possiamo lavorare molto sulla tecnica individuale a coppie e terne e, ponendo la rete ad altezza gomito, si può lavorare molto sia sulla manualità che sulla tecnica di attacco, in particolare sulla distensione del braccio. Di conseguenza, si lavora molto bene anche sul piano di rimbalzo a muro e sulla difesa. La prevenzione è stata fatta con gli elastici e a corpo libero, in particolare abbiamo utilizzato esercizi per la cuffia dei rotatori e per la propriocettiva di bacino, spalla, ginocchia e caviglie. Infine, per la schiena, riscaldamento curato, molta mobilità e lavoro preciso e ragionato sugli addominali.

Veniamo ora alla presente stagione. Quest’anno lavoro come vice allenatore in Serie B2 maschile. Anche questo allenatore (Bicego, che, per quanto ho visto fino ad ora, è veramente bravissimo) ha seguito alcune linee generali, poi ha sviluppato un programma progressivo, sia fisico che tecnico. In particolare, non abbiamo aspettato un’intera settimana per saltare, ma siamo passati dagli zero salti del primo allenamento ad una progressione crescente, ma sempre molto ridotta per tutta la prima settimana. Dal punto di vista tecnico, ci siamo concentrati su:

  • Manualità sulla palla
  • Tecnica di base di difesa
  • Alzata e attacco di palla alta
  • Riattivazione tecnica dei fondamentali

Inoltre, dal punto di vista fisico, analizzate le condizioni di partenza, ci siamo concentrati su schede pesi di base e curando particolarmente la tecnica esecutiva degli esercizi che, chiaramente, va considerata fondamentale. Come prevenzione, molte esercitazioni a corpo libero (anche con angoli molto chiusi, proprio per preparare i muscoli al lavoro con sovraccarichi, che è eseguito con angoli più aperti). Infine, un bel lavoro sulla mobilità e sulla velocità dei piedi. La piccola base aerobica che ci serve la stiamo costruendo mediante esercitazioni con la palla: ad esempio, delle serie di “Dai e Segui” sulla diagonale, con lanci, palleggi, bagher, piazzate e così via. In questo modo non sprechiamo tempo prezioso per la tecnica e, allo stesso tempo, facciamo lavorare anche il fisico.

Come potete intuire, in questi due anni ho seguito e visto seguire in prima persona il principio (per me, sacrosanto) della progressività. Evidentemente, però, non tutti la pensano così: ho anche visto, sia quest’anno che l’anno scorso, primi allenamenti pieni di scatti, salti massimali, addominali massacranti e sedute tecniche o imbarazzanti o troppo piene di 6 contro 6. Conclusione: giocatori indolenziti e bloccati il giorno dopo e, logicamente, sedute tecniche di qualità infime per parecchi allenamenti. Eppure molti giocatori, se non tornano a casa massacrati, non sono contenti del proprio allenatore…

Come sempre, non credo di possedere la verità. Io semplicemente preferisco lavorare con calma e progressività. Però, siccome molti allenatori preferiscono il tutto-subito, mi piacerebbe avere anche un confronto su questo tema. Del resto, questo spazio serve proprio a questo, no?

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Cenni sull’utilizzo del Libero e sulle sue regole speciali

Da pochi giorni mi sono iscritto a Yahoo Answers. Tra la valanga di domande (soprattutto di risposte) imbarazzanti che ho letto, ce ne sono alcune, piuttosto frequenti, riguardanti l’utilizzo del Libero e sulle regole ad esso legate. In attesa di un articolo più completo, riporto qui una prima bozza, ritagliata e riadattata da un mio vecchio articolo, da poter linkare ogni volta che vedrò una domanda simile.

Dividiamo l’articolo in tre parti:

  • Introduzione del Libero e modello fisico-tecnico
  • Utilizzo del Libero
  • Regolamento del Libero

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Il periodo transitorio nelle giovanili

Periodo TransitorioIl periodo transitorio è, per definizione, quello che separa la conclusione del campionato da quella effettiva degli allenamenti. Ci sono squadre che, banalmente, non svolgono alcun lavoro in questo periodo, altre che, invece, si dedicano con meticolosità e dedizione al lavoro.

In realtà il periodo transitorio, se utilizzato nella maniera corretta, può rivelarsi particolarmente utile: non avendo più l’ansia della prestazione (e, magari, l’importante obiettivo preposto), infatti, si ha tutta la tranquillità e la serenità per concentrarsi su alcuni aspetti che durante l’anno sono stati trascurati.

Si può parlare di carenze tecniche individuali, ma anche di incrementi strategici (per semplificare il lavoro l’anno successivo), oppure anche di fisico. Senza trascurare che, per la maggioranza delle squadre, il periodo transitorio sancisce anche l’inizio del mercato, ovvero dei giocatori in prova.

Parlando di giovanili, dobbiamo tenere presenti alcuni aspetti:

  • Molti ragazzi non hanno più voglia di faticare, essendo terminati i veri stimoli (le gare)
  • Abbiamo l’opportunità di lavorare molto scrupolosamente sulla tecnica individuale

Già da subito notiamo un’evidente contraddizione. La necessità dell’allenatore è quella di lavorare molto sull’analitico e sul sintetico, la necessità del giocatore è quella di non avere frustrazioni e giocare molto, se viene in palestra. A tutto questo va aggiunto quello che, a mio avviso, è uno degli aspetti cruciali del periodo di transizione: l’aspetto fisico. Il periodo di transizione, dal punto di vista fisico, può avere diversi obiettivi:

  • Incrementi muscolari di diverso tipo
  • Correzione di alcuni problemi posturali
  • Lavoro specifico sui traumi avuti durante l’anno
  • Prevenzione personalizzata
  • Apprendimento della tecnica di alcuni esercizi fisici

L’ultimo punto, in particolare, parlando di giovanili, può essere molto interessante: pensare di dedicare un po’ di tempo al fisico, insegnando la tecnica esecutiva di alcuni esercizi con sovraccarico (attività che, se eseguita con moderazione e senza eccessi piace agli atleti), potrebbe anche portare il vantaggio di partire con basi migliori per un lavoro mirato di preparazione fisica nella stagione successiva.

Ritornando all’aspetto tecnico, è chiaro che è compito dell’allenatore stabilire un programma che possa anche attirare i ragazzi verso la palestra, anche nei mesi di Maggio e, a volte, di Giugno. Per non eccedere in casi e casi, parlerò banalmente delle scelte che ho fatto io quest’anno, con il mio gruppo Under 18 maschile.

Anzitutto, abbiamo deciso di continuare a svolgere 3 allenamenti settimanali da 2 ore (salvo casi eccezionali), seppur a ranghi ridotti (le palestre sono già pagate anche per maggio), mentre, presumibilmente, da Giugno non riusciremo più ad allenarci, salvo 3-4 volte entro le prime due settimane. Ad ogni modo, ho focalizzato il lavoro seguendo questi principi:

  1. Ai ragazzi piacciono essenzialmente due aspetti: l’attacco ed il servizio in salto;
  2. Avendo in gruppo molti U16 (U18 dall’anno prossimo), dobbiamo sistemare due aspetti tecnici che ritengo vitali per questa fascia di età: ricezione e attacco, anche di palla alta (anche se questo sarebbe più un obiettivo da U14, avendo giocatori con poca esperienza alle spalle, il discorso è ancora più che aperto);
  3. Sempre per il discorso dell’aver avuto molti giocatoriU16, ma con campionati di Serie, abbiamo lavorato tutto l’anno con la rete 2.43 metri, con conseguenti “bracci più lenti del dovuto” per passare la rete senza tirare fuori;
  4. Ci sono 2-3 giocatori dell’attuale gruppo U16 che sono maturati molto durante l’anno e che andrebbero inseriti con l’attuale gruppo l’anno prossimo;
  5. I giocatori non hanno mai svolto esercitazioni con sovraccarichi.

A questo punto, ho delineato un programma di massima:

  • Martedì: allenamento specifico sull’attacco forte, con rete 2.35 circa. 30′ di riscaldamento, 60′ di fasi analitico – sintetiche e 30′ di fasi di gioco o globale (numeri permettendo), sempre con punteggi bonus per l’attacco. Attenzione: tutti i giocatori devono attaccare da tutte le zone, in più i centrali continueranno ad allenare il primo tempo.
  • Mercoledì: allenamento specifico su battuta e ricezione. 30′ di riscaldamento, 60′ di fasi analitico – sintetiche (nelle fasi sintetiche si inserisce anche il servizio al salto e si conclude l’azione con l’attacco), 30′ di fasi di gioco o globali.
  • Venerdì: lavoro sull’attacco di palla alta, quindi, in linea di principio, sul contrattacco e la fase break. Quando possibile, più spazio al globale.

A titolo di esempio, in maniera molto schematica e priva di dettagli (per altro, disponibili in forma completa nei miei allenamenti sul VCS), riporto i primi due allenamenti della scorsa settimana.

Martedì 6 maggio 2008

Finalità: attacco
Atleti: 3 palleggiatori, 7 attaccanti
Durata: 2 ore

  • 30′ Riscaldamento fisico e tecnico guidato.
  • 30′ Tecnica specifica – parte 1.
    • Alzatori: alzate di vari palloni su lancio del compagno (alzate sia da terra che in salto).
    • Attaccanti: trasformazione per la rincorsa, attaccando palloni lanciati dall’allenatore (3 palloni di fila, 2 in primo tempo e 1 in secondo, ponendo attenzione sull’esplosività della rincorsa).
  • 30′ Tecnica specifica – parte 2: lavoro a gruppi in attacco da zona 2 e zona 1.
    • Gruppo 1: attacco con alzata degli alzatori di palla mezza dietro sia in prima che in seconda linea.
    • Gruppo 2: trasformazione per il caricamento, 2-3 colpi da terra con gomito alto e subito 1 attacco in secondo tempo su lancio dell’allenatore.
  • 30′ Fase di gioco: due giocatori appoggiano una palla dell’allenatore su tutto il campo e ci sono 3 uscite. d’attacco contro due giocatori a muro esterni (palla in 2, per un giocatore che non era in appoggio, palla in 6, palla in 4). Punteggi singoli e gara tra tutti gli attaccanti.

Mercoledì 7 maggio 2008

Finalità: ricezione
Atleti: 2 palleggiatori, 6 attaccanti
Durata: 95 minuti

  • 30′ Riscaldamento fisico e tecnico guidato.
  • 30′ Ricezione singola su metà campo contro battuta floating da terra: 2 giri di ricezione in zona 5 (battuta da zona 5 poi da zona 1) e 2 giri in zona 1. Gara tra battitore e ricevitore con obiettivi di positività individuali su 10 battute.
  • 45′ Sintetico ricezione e attacco: due giocatori ricevono su 2/3 di campo nelle zone 5/6, il ricevitore di zona 5 attacca anche da zona 4. Un altro giocatore è solo in attacco in zona 2 o in zona 3 (a seconda del giocatore). Servizio libero, ricezione e attacco a discrezione dell’alzatore, segue free ball per l’attacco del secondo giocatore. Errore al servizio comporta Jolly Ball, ossia servizio da terra da non sbagliare.

Ecco, in linea di principio, i criteri che utilizzo per concludere nel modo più felice per tutti questa stagione. C’è da aggiungere che il nostro periodo transitorio è un po’ “forzato”, nel senso che stiamo partecipando ad un piccolo torneo di 4 partite che ci tiene ancora un po’ impegnati nel week-end. Ad ogni modo, il torneo è stato fatto per dare spazio di gioco a tutti, quindi non ci poniamo obiettivi di classifica e, pertanto, possiamo dirci mentalmente già in periodo transitorio.

Riguardo al discorso fisico, avevo già preparato una scheda per l’insegnamento di alcuni esercizi di base, anche se, causa problemi vari della società, ancora non siamo riusciti ad andare in sala pesi. Ad ogni modo, gli esercizi che abbiamo ritenuto importanti sono:

  • Seduta #1
    • Squat a 90° con bilanciere libero
    • Spinte alla panca piana
    • Trazioni al pulley
  • Seduta #2
    • Affondi frontali con manubri
    • Lento avanti con manubri
    • Trazioni alla lat machine

Le modalità di lavoro previste sono: carichi molto bassi (tali da garantire comunque un sovraccarico), 3 serie da 10 ripetizioni per ogni esercizio, attenzione alla tecnica esecutiva, esecuzione lenta e controllata.

Personalmente, mi ritengo abbastanza soddisfatto dagli effetti ottenuti: abbiamo comunque una buona frequenza agli allenamenti, stiamo ottenendo, già in poco tempo, buoni risultati e gli allenamenti non risultano eccessivamente noiosi.

Il periodo di transizione, in conclusione, deve poter soddisfare le esigenze dei giocatori, che hanno voglia di subire stress inferiori rispetto al campionato, ma anche quelle degli allenatori, che hanno necessità di sfruttare appieno il tempo senza gare per concentrarsi sulla tecnica individuale.

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L’allenamento dell’allenatore

CoachGrazie ad alcuni esercizi che ho visto sul VCS e ad un piccolo scambio di battute sulla TagBoard, mi sono trovato a meditare sul’aspetto dell’allenamento dell’allenatore. Mi sono posto alcuni interrogativi su quali siano le capacità tecniche che un buon allenatore deve possedere. Penso che l’imprescindibilità di alcune caratteristiche tecniche sia indiscutibile: a qualsiasi livello, non è possibile pensare di allenare in modo sufficientemente efficace senza avere il controllo diretto e completo di alcune esercitazioni. Ad esempio, spesso, per dare ritmo, è necessario lavorare in fasi analitiche con lanci dell’allenatore, che, in questo modo, può modulare ritmo, intensità, difficoltà, per ogni singolo giocatore. Tuttavia, per poter perseguire questo “sogno”, è necessario possedere alcune capacità, di cui in seguito parleremo.

Anzitutto, ragioniamo sugli obiettivi:

  • Poter allenare
  • Poter garantire tante ripetizioni in poco tempo
  • Necessitare di riscaldamento limitato o nullo
  • Garantire la propria incolumità fisica

Entrando nello specifico, ci sono almeno queste capacità che un allenatore dovrebbe possedere:

  • Lancio a due mani da sotto
  • Servizio dal basso
  • Piazzata da terra
  • Servizio floating
  • Attacco da terra
  • Colpo d’attacco senza salto
  • Colpo di pallonetto senza salto

Proverò, di seguito, a dire due parole su ciascuna capacità tecnica.

Lanci a due mani da sotto

Sono fondamentali, a mio avviso, per l’allenamento dell’attacco a livello giovanile. Dobbiamo poter garantire elevata precisione in profondità e lunghezza. In altre parole, la palla deve cadere proprio nel punto giusto. Ma c’è un altro aspetto da tenere presente, ossia l’altezza. E’ infatti necessario poter garantire, per ogni tipo di zona (4, 3, 2) lanci di tre differenti tipologie:

  • Lancio alto (oltre 3 metri sopra la rete) per allenare il terzo tempo ed il contrattacco
  • Lancio di secondo tempo, utilizzato per le esercitazioni analitiche di attacco in cui non si vuole focalizzare l’attenzione sul tempo di rincorsa
  • Lancio di primo tempo, utilizzato nelle prime fasi dell’apprendimento per limitare le componenti di valutazione della palla al giocatore

Il lancio alto, inoltre, richiede di poter essere preciso od impreciso, di partire da diverse parti del campo e così via. Ad ogni modo, già possedere la capacità di eseguire lanci alti da sotto la rete, è un buon passo avanti.

Per allenarsi in questo, senza avere a disposizione troppi strumenti, sono sufficienti il canestro del basket e due cesti di palloni. Il primo si posiziona sotto il canestro, il secondo vicino all’allenatore. Posizioniamoci quindi a distanze “ragionevoli” ed iniziamo ad effettuare dei lanci, valutandoci di volta in volta e prefiggendoci obiettivi, a seconda di quale livello alleniamo. Ad esempio, potrebbe essere sensato considerare l’errore in profondità molto più grave di quello in lunghezza, perché aggiunge una componente tecnica non indifferente all’attacco. Ove possibile, chiaramente, si può sostituire il canestro con un canestro mobile posto direttamente sotto rete e il cesto sotto il canestro con un assistente (il vice allenatore?).

Un aspetto che consiglio di non sottovalutare è la possibile differenza di precisione nei lanci verso destra o verso sinistra. Io, ad esempio, ho notato che lancio molto meglio in Zona 2, che in Zona 4. Questo è un aspetto da gestire e non sottovalutare, poiché l’allenamento dell’attacco non può prescindere da nostre limitazioni.

Servizio dal basso

Così come il lancio da sotto è il fondamentale necessario per l’allenamento dell’attacco, il servizio dal basso è quello utilizzato per l’allenamento delle fasi di giocata e rigiocata, di appoggio, di ricezione, di ricostruzione. Dobbiamo essere in grado di direzionare il servizio da sotto in ogni zona (quanto meno, nelle tre fasce laterali e con una buona modularità di lunghezza), sia come servizio teso, che come servizio molto a parabola. Personalmente, utilizzo tantissimo il servizio dal basso in sostituzione del servizio in gara, per aumentare il ritmo di gioco ed eliminare da alcune fasi globali alcune variabili (il servizio ne introduce troppe).

L’esecuzione tecnica può essere differente ed adattabile, anche se di norma vedo colpi con la spalle bloccata e colpi gestiti solo con l’azione dell’avambraccio mediante rotazione del gomito. Il colpo è di norma effettuato con il pugno chiuso, per favorire il controllo della palla e la possibilità di modulare meglio i colpi.

Nei primi tempi di allenamento, io non ero assolutamente in grado di servire dal basso. Venendo dalla pallavolo giocata, infatti, avevo abbandonato il servizio dal basso ai tempi dell’U13. Penso che questo sia stato un problema anche di tanti altri allenatori, all’inizio. Ad ogni modo, sostituire il servizio da sotto con un lancio da sotto non è, in alcuni casi, da considerarsi come un fatto negativo. L’unico vantaggio del servizio, in alcuni casi è, a mio avviso, un maggior controllo delle traiettorie lunghe. Per allenarsi non resta che iniziare contro la parete, poi su distante brevi da rete e allontanandosi via via dalla stessa.

Aspetto importante è il punto di partenza del servizio. In generale, credo serva poter saper battere da dentro il campo (fasi di allenamento analitico o sintetico), ma anche da fuori, da ambedue i lati (fasi di gioco). Infine, può essere necessario anche saper battere da fondo campo, senza perdere eccessivamente in precisione.

Piazzata da terra

Entra in gioco nell’allenamento delle fasi di rigiocata e, in particolare, quando si vuol far partire un’azione da una difesa. Infatti, allenare la difesa partendo dall’attacco, specie con squadre giovani, è un sogno molto spesso irrealizzabile. Ci sono troppe variabili d’errore e, molto spesso, i palloni toccati sono troppo pochi. In fasi di gioco è necessario poter attaccare palloni di media potenza addosso o vicino ai giocatori, per poterli allenare ad una semplice difesa.

Dal punto di vista tecnico, spesso si tende a limitare l’utilizzo della spalla, in questi colpi, a favore di un colpo più basso e gestito con il movimento del polso.

Anche in questo caso, attenzione alla simmetria del colpo, alla possibilità di direzionare il colpo su tutte le zone (quanto meno, quelle direttamente frontali o leggermente laterali), alla necessità di rendere il colpo impegnativo ma non impossibile (e quindi cura delle traiettorie e dei punti di caduta del pallone) e, ove possibile, anche alla necessità di vedere, in visione periferica, i posizionamenti dei giocatori in difesa.

Servizio floating

Molto spesso è necessario disporre di un servizio floating sufficientemente “flottante” e decisamente poco falloso, per dare continuità agli esercizi di ricezione.

Altri colpi d’attacco

Oltre al colpo piazzato, è necessario, per allenare analiticamente la difesa, disporre di colpi d’attacco forti, con braccio alto e veloce, con pallonetti e finte. Questi colpi devono poter essere eseguiti sia da terra che da sopra plinti o tavoli. Sarebbe importante saper gestire sia i colpi forti dritti (con discreta precisione), che quelli più lenti ed angolati (movimenti in intrarotazione ed extrarotazione).

L’ultima osservazione, in fase di auto-allenamento, è che, al contrario di quanto richiediamo ai nostri giocatori giovani, a noi non interessa la tecnica di esecuzione, ma solo l’effetto. I colpi d’attacco devono essere alti, direzionabili e modulabili in forza, senza poi particolare attenzione alla tecnica esecutiva (lancio, caricamento e così via).

Riguardo al riscaldamento, in linea di principio i lanci, i servizi da sotto e le piazzate non dovrebbero richiedere un riscaldamento eccessivo. Al contrario, credo sia bene non “avventurarsi” in lavori troppo traumatici per la spalla (servizio, attacco) senza un adeguato riscaldamento a priori, specie se il numero di ripetizioni che andremo ad eseguire sarà elevato ed in tempi ridotti.

Buon autoallenamento a tutti.

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Regional Day 2008

FIPAV CRERQuest’oggi ho avuto l’onore ed il piacere di collaborare con lo Staff del Regional Day dell’Emilia Romagna. Per chi non lo sapesse, si tratta di una giornata intera di volley giovanile (maschile), i cui allenamenti sono gestiti dallo Staff Nazionale, nella fattispecie da Gigi Schiavon (allenatore della Nazionale Juniores) e dal suo vice Luca Cantagalli. Il tutto coordinato dallo staff del regionale, ossia lo Zio (chi è di Bologna sa bene di chi sto parlando) e Luca.

Sfrutto queste due righe come fossero un blog, per raccontare le procedure di selezione e l’organizzazione della giornata, che possono comunque essere molto interessanti.

Anzitutto, la divisione per annate: la mattina (9.3o-12.30) gli 89-90-91, il pomeriggio (15.30-18.30) i 92-93-94. I primi con requisiti piuttosto restrittivi (1.95 di altezza, oppure selezioni regionali in passato, oppure campionati di livello nazionale in carriera), mentre i secondi, chiaramente, un po’ più elastici (forse anche troppo). Conclusione: 20 ragazzi alla mattina e ben 35 al pomeriggio.

L’allenamento era, a grandi linee, così strutturato:

  • Riscaldamento e lavoro fisico con Schiavon
  • Lavoro di riscaldamento tecnico a coppie e terne
  • Lavoro tecnico e globale, più test

Di mattina, il lavoro tecnico e globale è stato suddiviso in una fase sintetica ed in una globale, con accenti sugli attacchi di palla alta, sul muro e sulla difesa. Al pomeriggio, a causa dei numeri, più spazio all’analitico a coppie e terne e al gioco.

Dal punto di vista dei test, abbiamo eseguito:

  • Rilevazione dell’altezza
  • Rilevazione del reach ad una mano
  • Salto con contromovimento al Vertek
  • Salto con rincorsa al Vertek

Abbiamo visto dei bei numeri, con anche la soglia di 3.40 metri superata da alcuni ragazzi e, ad occhio, una media attorno ai 3.30 per il gruppo mattutino.

Apro una parentesi dolente: Bologna. Zero giocatori alla mattina, qualcuno al pomeriggio, che non so se riuscirà a passare la selezione. Dove sono i nostri giovani? Sono al basket, sono al calcio. E quelli che sono a pallavolo non sono allenati bene. Torniamo al famoso discorso di gennaio. Ci sarà qualcosa da fare per invertire questa tendenza? Qualcosa di concreto, non qualcosa di banale, come la solita frasetta che tutti conosciamo a memoria, ovvero che alle giovanili ci vogliono gli allenatori bravi. Lo sappiamo già e sappiamo anche già il motivo per cui non ci sono (costano troppo, ci sono pochi progetti seri in giro e così via). C’è qualcosa di concreto che si possa fare? Forse sì, forse qualche idea c’è già in giro. Ma chi sarà ad attuarla? O meglio, ci sarà qualcuno in grado di fare qualcosa? O veramente, tra 5 anni, qui da noi ci sarà solo il femminile?

Chiusa la parentesi. Schiavon ha fatto i complimenti per l’organizzazione. In effetti, non ci siamo fatti mancare proprio niente: due campi in parquet (nel bellissimo palazzetto di Budrio), telecamera con montaggi dei DVD, due portatili, stazione vertek, stazione altezza e reach, trenta palloni ed oltre, una decina di allenatori tra le varie stazioni e l’assistenza in campo, bar dentro la palestra, spaziosa tribuna per visitatori e genitori e tanto altro. Insomma, decisamente tutto molto bello.

E io cosa c’entro in tutto questo? Beh, diciamo che ho avuto l’opportunità di partecipare e non me la sono lasciata sfuggire. Di mattina ho lavorato ad uno dei due portatili per la creazione delle schede dei giocatori, mentre di pomeriggio sono stato più attivo nei campi come assistenza durante le fasi a terne. Veramente molto felice dell’esperienza e, di questo, non posso che ringraziare di cuore lo Zio.

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Non si suggerisce all’arbitro!

Arbitro 3Ieri sera ultima partita di campionato. Racconto un fatto “divertente” che mi è capitato, che mi ha dato modo di conoscere una nuova sfaccettatura del nostro sport.

Saltiamo a muro, tocchiamo la palla, che finisce fuori. L’arbitro non vede e assegna il punto a noi. Il mio giocatore alza la mano e afferma di aver toccato il pallone a muro. L’arbitro, ad ogni modo, non accetta il nostro “mea culpa” e decreta il punto alla nostra squadra. Stessa situazione ripetuta più o meno altre due o tre volte. A scanso di equivoci, preciso che le piccole sviste (in effetti, non troppo evidenti e, se posso permettermi, ininfluenti sul risultato finale) sono state decisamente influenzate da una palestra particolarmente soleggiata e dal fatto di essere da solo.

Ma non sono le sviste la grande scoperta (ebbene no, non critico gli arbitri questa volta!), è il fatto che l’arbitro non abbia modificato la propria decisione. A fine set, sceso dal seggiolone, il giudice di gara è venuto presso la nostra panchina (e poi ha ripetuto lo stesso messaggio ai nostri avversari) a comunicare che: “Se non la vedo io, non posso fidarmi di quel che dite voi“. Un po’ incredulo, la sera stessa ho cercato confronti anche in altri colleghi e amici. Ebbene, ho scoperto proprio quanto segue: non si danno consigli agli arbitri. E se questi, dopo aver decretato il punto, cambiano decisione su consiglio di un giocatore, sbagliano.

Il punto cruciale è presto detto: l’arbitro deve poter mantenere una certa distanza dalla gara, che, come mi è stato spiegato, non è democrazia. I giocatori giocano, gli allenatori allenano, gli arbitri giudicano e decidono. Punto e basta. E’ un aspetto curioso, a cui non avevo proprio mai neanche lontanamente pensato. Non voglio esprimere giudizi: posso comprendere lo spirito della norma, pur non condividendola appieno. L’ho oggi riportata solo perché mi ha incuriosito.

Potrei aver capito male, sia chiaro. Ad ogni modo, la discussione è aperta. Così è, quindi, se vi pare.

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Il buon allenatore

Questa sera, al corso allenatori, durante una parentesi informale della propria lezione, un docente ci ha domandato quali fossero per noi le caratteristiche di un buon allenatore. Le tre opzioni che sono emerse sono le seguenti:

  • Conoscenze
  • Motivatore
  • Non scendere a compromessi

Ora,  preciso subito che l’opzione che ho proposto io è la prima. E ritengo sia veramente quella più importante. Prima di tutto, a mio avviso, un allenatore deve essere competente. Deve sapere ciò che sta macinando.

Le conoscenze sono di vario tipo:

  • Tecniche
  • Tattiche
  • Fisiche
  • Psicologiche

Al primo posto pongo anzitutto le conoscenze tecnico-tattiche, che sono indispensabili, a mio avviso, per un buon allenatore. Diceva Galileo, prima la teoria e poi la pratica. Non credo che un buon allenatore possa prescindere dall’avere delle solide basi teoriche alle spalle. Non mi piace quando ai corsi mi dicono: “Meglio un allenatore che sa poche cose, ma le sa applicare tutte, piuttosto che uno che ne sa tante, ma ne sa applicare poche“. Non mi piace perché è vaga e sembra che crei alibi all’ignoranza. Dal mio punto di vista, non dovrebbero nemmeno esistere allenatori che sanno “poche cose”, dove io intendo che sia sottintesa l’espressione “in relazione al livello che allenano”. Certo, se alleno l’Under 12, non è necessario che abbia le stesse conoscenze che hanno in serie A1, ma ci sono cose da cui non posso prescindere. Che senso ha parlare di un allenatore che, allenando un Under12, sappia applicare benissimo il palleggio, ma poi non sappai neanche cosa sia un bagher?

Non so se riesco ad essere chiaro: a mio avviso non dovrebbero esistere allenatori che sanno poche cose. E’ un po’ come dire che, siccome l’ortopedico si occupa di ossa, egli non debba essere a conoscenza di come funzioni l’apparato circolatorio. Vi piacerebbe sapere che il medico che ha in mano il vostro ginocchio, non sa nemmeno la differenza tra vene e arterie? Il discorso dell’applicare i concetti è molto vero (infatti, ogni medico è specializzato in un particolare campo), ma ritengo che sia un fatto che si possa accumulare con l’ingegno, l’esperienza e la passione. Invece, la conoscenza dipende quasi esclusivamente da una forma di studio (non necessariamente sui libri), quindi non è un regalo che si ottiene “grazie al tempo”! Se vuoi svolgere un lavoro con professionalità, devi prima imparare la teoria che lo sovrasta. Assumereste mai, nella vostra officina, un meccanico che sa solo montare e smontare sportelli? Sicuramente preferireste uno con solide basi alle spalle, anche se magari non ancora del tutto pratico nell’attività vera e propria.

Così come il medico ha in mano una vita (perdonate l’analogia un po’ grottesca e inopportuna, è solo per capirsi) e il meccanico un’automobile, allo stesso modo l’allenatore ha in mano le carriere dei suoi giocatori. Non può credere di allenarli a dovere, se non ha le conoscenze per farlo.

Due parole anche sulle altre conoscenze da me citate: le conoscenze fisiche sono un problema serio, perché, allo stato attuale, gli insegnamenti offerti agli allenatori sono miseri e, ahimé, raramente si ha a disposizione un preparatore. Tuttavia, credo che, quanto meno, le basi per evitare di fare danni dovrebbero esserci. Siano esse fornite ai corsi, o dai libri, o da Internet. Sono imprescindibili. Le conoscenze psicologiche, infine, sono quelle relative alla memorizzazione dell’informazione, alla lettura dello stato d’animo del giocatore, alla conoscenza di cosa sia meglio dire e cosa sia meglio non dire in determinati momenti dell’allenamento e/o della gara.

Una precisazione sul terzo punto, il non scendere a compromessi. Non credo possa essere una qualità per un allenatore. Quanto più una caratteristica umana. Nel senso: spesso è necessario scendere a compromessi, con atleti, dirigenti e così via. Rimanegono solo due punti importanti: la coerenza e l’agire con buon senso. Ma, francamente, credo che queste due caratteristiche non siano proprie di un allenatore, quanto più di un qualsiasi individuo che debba dirigere un team di qualsiasi tipo.

Concludendo, secondo me, dalle conoscenze non si prescinde. Puoi essere un gran motivatore, un passionale che trascina i cuori della gente, ma, se non hai conoscenze, non potrai mai essere un allenatore veramente valido. Non parlo né per esperienza, né in modo autobiografico. Semplicemente, essendo io un giovanissimo allenatore ancora in fase di formazione, esprimo il concetto di ciò che io miro: io aspiro a diventare un allenatore anzitutto competente. Poi, se ci sarà anche il resto, ancora meglio.

Detto questo, non intendo dire che un allenatore che non sia un’enciclopedia non debba poter allenare. Altrimenti neanche io dovrei poterlo fare. Le dirette conseguenze di quello che dico sono così riassumibili:

  • Bisognerebbe sempre perseguire un miglioramento conoscitivo del proprio sport, senza mai pensare di essere arrivati
  • Dovendo stilare una graduatoria dei migliori allenatori, li ordinerei in base alle conoscenze

Spero possa nascere una discussione costruttiva.

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Il fallo di doppia

[warning]Aggiornamento del 17 maggio 2012: sono passati 4 anni dalla scrittura di questo articolo…se dovessi riscrivelo oggi, cambierei alcune cose, magari anche i toni…ma la questione è ancora molto aperta! Lascio questo articolo nella sua versione originale perché si è costruita sotto una discussione davvero interessante e costruttiva con anche alcuni arbitri coinvolti…bellissimo!!![/warning]

Ho appena perso una partita 3-0 e l’ho persa semplicemente perché gli altri erano più forti. Quindi, metto le mani avanti da questo punto di vista: la mia osservazione non vuole parare su una eventuale supposizione (che potrebbe sorgere spontanea) che io abbia perso per colpa delle doppie (fischiate male da tutte e due le parti); avrei perso comunque e sempre 3-0, con parziali più o meno simili.

Ora però, io vorrei sapere, con molta serenità, perché ci debba essere tanta ambiguità nel fallo di doppia. E, soprattutto, perché mai gli arbitri si ostinino a fischiare situazioni che non gradiscono, invece di sanzionare un fallo.

E’ assurdo: una palla gira, allora è doppia. Una palla non gira, ma esce dalle mani quadrate di un palleggiatore scarso e non è doppia. E’ insensato. Il mio caso specifico odierno è questo: gioco contro una squadra di almeno una categoria superiore al campionato che disputa, quindi per noi (giovani che facciamo un campionato di serie) ogni difesa è un miracolo. Difendiamo e il Libero alza. La palla parte pulita e con un “buon rumore”, dopo un po’ prende una leggerissima rotazione. Boato dell’avversario e fischio del fallo.

Ora, è matematicamente impossibile che le mani impattino la palla nello stesso preciso istante. E’ impossibile, non vedo come possa accadere che sia colpita nello stesso milionesimo di secondo da ambo le mani, che non sono collegate e, quindi, saranno sempre necessariamente milionesimi di centimetri sfalsate. A rigor di logica, quindi, ogni palleggio è fallo.

La bestialità più grande, a mio avviso, è la tecnica, fasulla e terrificante, che viene insegnata agli arbitri per riconoscere i falli di doppia: “Quando la palla frulla, è doppia“. Non è vero! Non è vero! Questa tecnica è un’approssimazione grossolana e micidiale, perché il fallo di doppia avviene sempre! Gli arbitri devono imparare a guardare le mani dei palleggiatori, non l’effetto che si ha sulla palla. Anche perché non è scritto da alcuna parte del Regolamento, che sia fallo quando “un giocatore effettua un palleggio e la palla esce ruotando attorno ad un proprio asse passante per il centro”.

In più, c’è un’altra bestialità, orribile, che si insegna: “Lasciar giocare i palleggiatori“. L’idea di principio non è sbagliata, ma ha come logica conseguenza che tutti gli altri giocatori vengono massacrati. E questo è ancora più insensato, perché, delle due, sono proprio i palleggiatori a dover saper palleggiare meglio degli altri, visto che ad allenamento fanno praticamente solo quello. Ora, se parte un frullino micidiale ad un palleggiatore, si lascia correre; se al Libero o ad un centrale, che si allena poco nel palleggio (giustamente) parte una palla un minimo sporca, è fallo. E’ assurdo. Anche perché, francamente, le situazioni più difficili sono quelle di ricostruzione e non è affatto automatico che sia il palleggiatore ad effettuare l’alzata di ricostruzione. Anzi, molte volte non sarà lui.

Concludendo:

  • L’arbitro deve ravvisare un fallo, non decidere che una palla che non gradisce sia fallo
  • Ci vuole un criterio migliore nell’individuazione del fallo
  • Ci vuole uniformità di giudizio
  • Gli insegnanti degli arbitri dovrebbero smetterla di insegnare “trucchetti” fasulli

Spero che questo scritto possa essere letto, anche in futuro, da qualche arbitro o, ancora meglio, da qualcuno che si occupa della formazione degli arbitri. E che, perché no, provi a spiegare a me, povero giovane allenatore, i motivi per cui vengono insegnate queste cose e le motivazioni che ne stanno alle spalle.

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Il mistero dell’Opposto

Una domanda che mi frulla in mente da ormai molto tempo è il motivo per cui non si parli mai dell’Opposto. O meglio, se ne parla sempre come: “quello che fa lo schiacciatore da zona 2″, oppure, “quello che non sa ricevere, ma è coordinato e tira forte”. Eppure, mentre sugli altri ruoli offensivi riusciamo il più delle volte a descrivere dei modelli tecnici validi e accettati da tutti, sul ruolo dell’opposto mi sembra che le conoscenze siano tutt’ora vaghe.In particolare, ci sono alcune domande che ritengo interessanti:

  • Qual è il modello fisico di un opposto?
    • Quanto incide l’altezza nella scelta?
    • Quanto incide l’elevazione?
    • Quanto incide la coordinazione?
    • Quanto incide la potenza d’attacco?
  • Qual è il modello tecnico di un opposto?
    • Quali sono i fondamentali in cui è necessario sia preparato? (questa, forse, è la domanda con risposta più facile, visto che la si deduce dal gioco)
    • Quanto incide la capacità di attacco da seconda linea nella scelta?
    • Quanto incide la capacità di difesa nella scelta?
    • Quanto incide la capacità di appoggio?
    • Quanto incide la capacità di muro?
    • Da dove parte la rincorsa? Come varia il tutto tra prima e seconda linea?
    • Qual è la traiettoria di rincorsa e il conseguente angolo di entrata rispetto alla rete? Come varia il tutto tra prima e seconda linea?
    • Qual è l’angolo di caricamento delle gambe? Come varia il tutto tra prima e seconda linea?
    • Come viene caricato il braccio? Come varia il tutto tra prima e seconda linea?
    • Qual è il tempo di attacco?
  • Come si individua un opposto?
    • Quali sono le attitudini fisiche da tenere presenti nella scelta di un giovane?
    • Quando è il momento di inserire questa specializzazione?
    • Fino a che punto va portata avanti?
    • Quali sono le attitudini tecniche che inducono la scelta?
  • Come si costruisce un opposto?
    • Come si insegna l’attacco da posto 2?
    • Si mantiene l’attacco da posto 4?
    • Come si insegna l’attacco da posto 1?
    • Come si insegnano gli spostamenti di gioco di un opposto?
    • Come si insegnano i diversi colpi d’attacco?
  • Come si allena un opposto?
    • Come si modula il lavoro fisico e in che direzione?
    • Come si allena l’attacco?
      • Si allena l’attacco da Zona 4?
      • Come si allena l’attacco da Zona 2?
      • Come e quanto si allena l’attacco da Zona 1?
      • Si allenano altre combinazioni?
      • Quali sono i colpi utili e come si allenano?
    • In che percentuale l’allenamento dell’opposto assomiglia a quella dello schiacciatore?
      • In che percentuale è possibile allenarli insieme ed in che modo?
    • In che percentuale l’allenamento dell’opposto assomiglia a quella del centrale?
      • In che percentuale è possibile allenarli insieme ed in che modo?

Provate a leggere questa lista di domande e soffermatevi a pensare su quali veramente siamo in grado di rispondere con precisione. In particolare, vorrei che l’attenzione fosse posta sulle domande che ho segnato in corsivo. Fatemi sapere la vostra, anche in privato, poi dirò la mia.

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I giocatori coinvolti in un’esercitazione

Grazie soprattutto al VCS, sto avendo il piacere di vedere tanti nuovi esercizi più o meno conosciuti. Veramente una bella esperienza, che però va sfruttata per dare spunto a riflessioni e discussioni costruttive.
Il punto su cui vorrei soffermarmi oggi è l’aspetto organizzativo. Cercherò di spiegarmi.Dal punto di vista puramente metodico, dobbiamo tener presenti alcuni aspetti di un’esercitazione:

  • Il tempo necessario per predisporlo
    • Tempo necessario per predisporre le attrezzature necessari
    • Tempo necessario per spiegarlo
    • Tempo necessario ai giocatori per capire il meccanismo
  • Lo spazio palestra occupato
    • Quanti campi sono necessari
    • Quanto spazio rimane per ulteriori esercitazioni e che tipo di spazio rimane
    • Quanto spazio è sprecato (ad esempio, se attacchiamo sulla parallela senza difensore, la parallela e anche la Zona 6 del campo opposto sono “spazi sprecati“, poiché non riutilizzabili per altri esercizi indipendenti)
  • Il tempo necessario per farlo eseguire a tutti i giocatori che ci interessano
  • Il numero di palloni richiesti e l’ubicazione dei cesti/carrelli
    • Legato al ritmo dell’esercitazione
    • Legato al numero di ceste/carrelli disponibili
    • Legato alle altre esercitazioni (essendo il numero di cesti limitato, dobbiamo scegliere posizioni strategiche e considerare i tempi per andare a prendere i palloni)
  • L’autonomia dell’esercizio
    • Se l’allenatore deve lanciare o può solo osservare e correggere
    • Come avviene il recupero fisiologico
    • Come avviene il recupero dei palloni
    • Analisi della densità tecnica (ripetizioni ravvicinate di un gesto)

Una volta sviluppata questa analisi, è necessario valutare se veramente l’esercizio è attuabile. Faccio un esempio: ho 14 giocatori in palestra. Non posso certo permettermi di fare un’esercitazione che occupi 2/3 del campo per 3 giocatori. Posso permettermelo per pochi minuti, altrimenti dopo diventa un caos. Per di più, se sono coinvolto in maniera diretta nell’esercizio, non posso nemmeno verificare che gli altri atleti stiano effettivamente lavorare.

Mi riferisco specialmente agli esercizi analitici, dove necessitiamo di ripetizioni ravvicinate (elevata densità tecnica) e correzioni continue. Se non disponiamo di un vice – allenatore, di un amico in palestra o di qualsiasi cosa affine, è molto importante pensare ad esercitazioni che coinvolgano il maggior numero di giocatori in azioni “attive e sensate”, magari che si allenino da soli (se non è necessario, non lancia l’allenatore, ma un compagno), che predispongano alcuni atleti solo al recupero dei palloni (per velocizzare il tutto).

Altra buona idea è l’accoppiamento dei giocatori più “ribelli” con quelli più ligi. In questo modo, l’assenza di un vice allenatore è compensata (in parte) da un giocatore che sia veramente intenzionato a ben allenarsi. Appurata questa ipotesi, possiamo anche permetterci di lasciar lavorare alcuni giocatori da soli (su esercitazioni chiaramente più semplici e già più volte corrette) e concentrarci su gruppi più piccoli.

Infine, un’idea un po’ meno attuabile. Avendo la palestra 2 ore e mezza (caso rarissimo!) si può pensare di dividere il gruppo in due parti: una parte lavora nella prima mezz’ora (numero ridotto, cioè densità tecnica elevata), poi si fa un’ora e mezza insieme (esercizi di sintesi e globali) e un’ulteriore mezz’ora con il secondo gruppo.

Comunque, questa riflessione era solo derivata dal fatto che certe volte trovo degli esercizi che mi sembrano molto interessanti, ma che nella realtà sono difficilmente attuabili nel mio gruppo. Penso sia un problema anche di altri.

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