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Spunti: metodologia di allenamento con le giovanili maschili

Proceso_de_coachingNell’ambito delle attività legate alla Selezione Provinciale Maschile di Bologna, quest’anno abbiamo gettato le basi per alcuni incontri periodici rivolti soprattutto a neo-allenatori operanti nei settori giovanili della città. In particolare, l’idea è quella di organizzare alcune tavole rotonde per parlare dell’allenamento dei nostri settori giovanili “a tutto tondo”: gli incontri si svolgono tendenzialmente in concomitanza delle attività della Selezione Provinciale (o dei nostri progetti promozionali paralleli).

L’articolo che propongo di seguito – seppur qui leggermente modificato per renderlo “presentabile” – è stato il punto di partenza di queste discussioni: si tratta di spunti di riflessione per il lavoro con le giovanili maschili, risultato della mia – seppur non vastissima – esperienza in questi anni in palestra. Che le considerazioni siano giuste o sbagliate poco importa, ciò che ci interessava era principalmente avere un punto di partenza per avviare i nostri lavori. Lo condivido affinché possa essere ulteriore spinta per ulteriori discussioni. 

Attenzione allo stile con cui è scritto il documento! L’impostazione è molto schematica, poiché appunto nasce come avvio per una discussione, e contiene molti verbi “forti” (“deve”, “è fondamentale”…), non perché i pareri espressi siano necessariamente di valenza assoluta, quanto più per sottolineare e ben definire la mia personale scala di importanza/priorità.

Introduzione

In questo documento presento in maniera il più possibile chiara e sintetica alcuni degli aspetti che ritengo più importanti nell’allenamento di una squadra giovanile maschile. Ovviamente si tratta di considerazioni del tutto personali e che condivido prima di tutto per avere pareri, suggerimenti e intavolare una discussione che possa essere proficua per noi allenatori e, di riflesso, per i nostri giocatori. Le considerazioni che di seguito presento sono frutto degli ultimi anni di lavoro tra settore giovanile (di club e di selezione) e squadre seniores, nonché delle ormai lunghe e preziose collaborazioni con tanti colleghi operanti nel settore.

Sommario

  • Conoscere i modelli tecnici
  • Stabilire delle progressioni
  • Imparare a programmare
  • Come stilare un allenamento
  • Tecniche di individuazione e correzione degli errori

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Questione di piedi

L’importanza dei piedi nella pallavolo deve essere considerata partendo dal presupposto che a pallavolo si gioca con le braccia, ma che “il corpo e quindi le braccia vanno dove vanno i piedi“. In questo articolo ho intenzione di scrivere qualche appunto relativo all’importanza dei piedi nei diversi fondamentali e gesti tecnici della pallavolo.

Un primo contributo dato dai piedi è dato dall’orientazione indotta sul busto. Se orientiamo i piedi verso una direzione, otteniamo, mantenendo una posizione naturale, un direzionamento del busto verso la direzione puntata dai piedi. Questo è un ottimo aiuto, ad esempio, per orientare una battuta da terra verso una determinata zona del campo. La prima cosa che insegno ai bambini, per direzionare una battuta verso una parte del campo, personalmente, è quella di orientare il piede avanti (e quindi quello dietro, e quindi il busto) proprio lungo la direzione desiderata e di lavorare in seguito sul lavoro frontale del braccio. In questo modo riusciamo a direzionare la palla dove desideriamo senza ricorrere a particolari varianti tecniche.

La rapidità dei piedi è un argomento molto interessante dal punto di vista della preparazione fisica (si vedano i vari lavori presenti sul web), che ha grosse ripercussioni tecniche su gesti quali gli spostamenti a muro, in ricezione ed in difesa. Ogni spostamento per i fondamentali di ricezione, alzata e difesa deve essere eseguito a passi rapidi, brevi e precisi (salvo spostamenti molto lunghi), al fine di arrivare sotto il pallone in condizioni di equilibrio e staticità.

Sugli spostamenti a muro, invece, il controllo del piede è necessario per una corretta orientazione rispetto alla rete. Si pensi ad esempio al classico passo di apertura e incrocio: il primo passo, con il piede esterno, deve essere fatto con il piede lungo la linea del corpo e parallelo alla rete, in modo da scorrere parallelamente alla rete con tutto il busto; in caso di piedi più lontani e divergenti (risp. convergenti), si rischia di creare percorsi che si allontanano (risp. avvicinano) alla rete, creando pericoli di palla che si insacca tra le mani del muro (risp. invasioni). Al termine dello spostamento, è importante (ma non sempre possibile per motivi di tempo) che i piedi siano orientati verso il centro del campo avversario (quanto meno perpendicolari a rete), per favorire un salto con orientazione del busto (e quindi del piano di rimbalzo) nella direzione corretta ed evitare quindi il mani-out.

Dal punto di vista statico, la posizione dei piedi ha una notevole rilevanza per quel che riguarda l’equilibrio del corpo. I piedi sono uno dei primi indici per una corretta postura di preparazione ad un fondamentale. In linea generale, i piedi devono essere paralleli e leggermente sfalsati (in modo da creare posizioni facilmente abbandonabili per eventuali spostamenti) e la loro distanza laterale dipende essenzialmente dal tipo di fondamentale. Va sottolineato come un eccesso di apertura laterale o di sfalsamento possano compromettere anche considerevolmente l’equilibrio frontale e/o laterale (si provi a resistere ad una spinta laterale, partendo con i piedi molto stretti e particolarmente sfalsati).

I piedi hanno un ruolo importante anche nello spostamento del peso del corpo. Avendo i piedi sfalsati, aver spostato il peso del corpo su uno dei due fronti (avanti o indietro) è verificabile sollevando il piede non interessato (se ho il peso in avanti, posso tranquillamente sollevare da terra il piede dietro). Questo fattore è molto importante, specialmente con i più giovani o con le ragazze, dove lo spostamento del peso del corpo da dietro ad avanti è uno dei punti più imporanti per imprimere sufficiente forza alla palla (ad esempio in battuta).

Lo sfasamento frontale dei piedi, oltre al compito di rendere le posizioni più facilmente abbandonabili (sebbene questo non sia l’unico requisito), ha anche il compito di facilitare l’orientazione indotta sul busto. Avanzare un piede porta come conseguenza, infatti, l’orientazione delle spalle verso la direzione opposta (se avanzo il piede sinistro, creo naturalmente un’orientazione verso destra).

Analizziamo alcuni casi:

Piedi ricezione In ricezione (servizi flottanti) i piedi saranno poco più larghi delle spalle (e gli angoli al ginocchio e alla caviglia abbastanza aperti) per favorire uno spostamento in tutte le direzioni. Inoltre il piede più avanti sarà, di norma, quello esterno, per garantire un’orientazione del busto verso l’interno, oppure quello interno, nel caso si decida di utilizzare un bagher laterale dall’esterno all’interno.
Piedi difesa In difesa i piedi saranno più larghi delle spalle (con angolo tibio-tarsico piuttosto chiuso), per favorire una posizione che riesca a contenere la forza del pallone, recuperi in tutte le direzioni e anche uscite in avanti e laterale – avanti.
Piedi muro lettura Nel muro in lettura, i piedi sono poco più aperti delle spalle (e le gambe già cariche) per favorire salti più rapidi (anche se mediamente meno alti) e uscite laterali molto tempestive.
Piedi nel muro ad opzione Nel muro esterno e ad opzione, i piedi sono larghi quanto le spalle, per favorire il salto verticale.
Palleggio verso zona 4 Nella versione più basilare del palleggio d’alzata avanti, i piedi, larghi come le spalle o poco più (per garantire equilibrio), sono direzionati verso la zona obiettivo (ad esempio, la zona 4) e sfalsati, con il piede destro (risp. sinistro) avanzato per le alzate verso zona 4 (risp. verso zona 2). In questo modo garantiamo la frontalità verso la zona obiettivo (e quindi richiediamo una spinta di polsi e braccia dentro la linea del proprio corpo) e, grazie all’avanzamento di un piede, proteggiamo il corpo verso il nostro campo, rendendo più improbabile un’alzata diretta verso l’altro campo. Logicamente, all’aumentare della distanza da rete, cambia il piede avanti, per gli stessi motivi di orientamento già descritti. Ad esempio, per alzare in zona 4 una palla fuori dai tre metri, anteporremo il piede sinistro e non il destro come nel caso di una palla vicina alla rete.

Prendiamo ora in esame la posizione dei piedi in fase di attacco, sia da terra che prima di un salto. Nel caso di una piazzata da terra, i piedi sono paralleli, direzionati verso la zona obiettivo (se si intende tirare con il braccio dritto) e con il piede opposto a quello che colpisce avanti all’altro. In questo modo si facilita un’apertura verso l’esterno del busto, necessaria per caricare la spalla e imprimere forza al pallone. Si provi ad effettuare il gesto tecnico con i piedi invertiti, ci si troverà sicuramente in difficoltà meccaniche.

Nel caso dell’attacco in salto, i piedi assumono duplice importanza, sia dinamica che statica per la preparazione alla fase aerea. Nella prima fase della rincorsa, assistiamo ad una rullata tallone – punta del passo sinistro (nel caso di rincorsa per destrimani a tre passi: sinistro + destro-sinistro), che ha come scopo l’individuazione del giusto tempo di rincorsa e l’avvicinamento alla palla. Il piede sinistro appoggia con il ginocchio leggermente flesso, in direzione della palla. A questo punto, la rullata verso la punta del piede aiuta a creare una forza esplosiva (garantito dal progressivo sbilanciamento del corpo in avanti), ma permette, d’altro canto, di aspettare tutto il tempo desiderato (cosa ben più difficile se si poggia il piede con il ginocchio disteso o appoggiando direttamente la pianta o la punta del piede) prima dell’esplosione del doppio passo finale.

Passo finale Il passo finale, infine, ha il compito di creare i presupposti per un buon colpo aereo (come già visto per l’attacco piedi a terra, la possibilità di aprire completamente il busto e garantire quindi tutti i colpi), ma anche l’importantissima funzione di convertire una forza orizzontale (la rincorsa) in quasi-verticale (il salto). Per questo motivo risulta molto efficace avere i piedi abbastanza vicini, leggermente più stretti delle spalle e con il piede esterno decisamente convergente verso la rete (questo aiuta a frenare la rincorsa e favorire la verticalità del salto).

I piedi sono indicatori della distanza da rete e, come diretta conseguenza, della capacità di scelta di tempo della rincorsa e di valutazione della traiettoria. Nel caso di un’alzata di terzo-secondo tempo, i piedi hanno il compito di portarci leggermente dietro al pallone, in modo che questo si trovi all’altezza della spalla che colpisce, leggermente davanti al busto (non sopra). Se invece ci si ritrova esattamente sotto al pallone, molto probabilmente siamo di fronte a problemi di scelta del tempo (in particolare, partenza in anticipo); se ci si trova distanti da esso, il problema potrebbe essere causato da una scarsa capacità di analisi della traiettoria. Nel caso di un’alzata di primo tempo, i piedi devono portarci ad una distanza da rete tale da consentirci di scegliere il giusto colpo e di poter colpire la palla davanti scaricando poi il braccio avanti a noi: stacchi troppo vicini a rete compromettono le direzioni d’attacco e sono tipici in fase di apprendimento del gioco rapido, ma anche in fasi più avanzate, specie con i primi tempi più lontani dall’alzatore.

I piedi sono infine un altro grande indicatore di correttezza tecnica, compostezza aerea e prevenzione agli infortuni nell’analisi delle discese dai fondamentali aerei. In particolare, ci sono due aspetti da considerare:

  • Il punto di atterraggio rispetto al punto di stacco
  • Il numero di piedi con cui si atterra

Il punto di atterraggio è riferito all’analisi di eventuali voli aerei (meglio noti come fly), particolarmente pericolosi a muro (sia per i rischi di infortuni che di mani – out), e invece particolarmente desiderati nei fondamentali di attacco da seconda linea e battuta in salto a rotazione (per creare traiettorie più favorevoli alla propria squadra e per scaricare il peso del corpo sul pallone). Nel caso di un fly frontale a muro, questo potrebbe essere indicatore di scarsa mobilità di caviglia, oppure di un caricamento effettuato chiudendo eccessivamente l’angolo al ginocchio (l’angolo da chiudere a muro è il tibio-tarsico). Un leggero fly frontale in attacco da prima linea è normale e accettabile, a patto che non sia eccessivo, poiché questo comprometterebbe l’altezza del colpo in maniera significativa. Un fly laterale in attacco è solitamente sintomo di un errore di valutazione della traiettoria (si è andati a cercare la palla in volo e non con la rincorsa): questo è un fattore indesiderato, poiché compromette la stabilità, le direzioni d’attacco e l’altezza del colpo.

Per quanto riguarda l’atterraggio, è sempre sperabile che questo sia effettuato a due piedi, in modo da distribuire equamente il peso del corpo su entrambe le gambe (e le ginocchia). Questo è da ricercare soprattutto a muro (atterraggio ad una gamba è spesso sintomo di fly), ma anche in attacco, dove, seppur l’atterraggio leggermente sfalsato sia quasi naturale (per un destrimano, l’atterraggio avviene solitamente prima sulla gamba sinistra e poi su quella destra), è bene perseguire l’obiettivo di ridurre al minimo il lasso di tempo che intercorre tra i due appoggi e ricercare comunque un atterraggio composto.

Concludo con una citazione di un allenatore che ho conosciuto da poco e molto attento all’impostazione dei piedi: “Per capire quello che succede in alto, devi analizzare quello è che succede in basso!“.

Un grazie particolare ad Alberto Giorda per la collaborazione.

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L’impostazione del muro

MuroScrivo questo articolo perché ho cambiato parere riguardo ad una questione tecnica e, come diretta conseguenza, sono portato ad analizzare e criticare alcune mie scelte personali passate. L’argomento di discussione parte da una semplice domanda: “Quando ed in che modo è importante iniziare il lavoro sul muro con una squadra giovanile?“.

Ho sempre creduto che il muro fosse una questione, se così si può dire, di priorità inferiore rispetto ad altri fondamentali, quali possono essere la ricezione, l’alzata o l’attacco. Qualche anno fa, lavorando un gruppo U16 di livello francamente bassino, ho volutamente ridotto il lavoro su questo fondamentale, sia come lavoro di muro esterno che come muro dopo traslocazione per i centrali. Addirittura, ho completamente tralasciato il lavoro di traslocazione per i giocatori laterali.

Mi capita ora però di vedere alcuni atleti, anche più evoluti, avere problemi abbastanza vistosi in questo fondamentale, sia da fermi che, soprattutto, dopo una traslocazione verso l’esterno. Il muro a lettura, in più, è spesso difficoltoso, non tanto come capacità di analisi, quanto proprio come tecnica. Discutendo con bravi giocatori in questo fondamentale e con alcuni allenatori, mi è venuto da concludere che l’impostazione del muro debba essere data quanto prima.

Ora, dobbiamo premettere che rimango fermamente convinto che alcuni accorgimenti si possano applicare solo quando il livello di gioco, della propria squadra e/o del proprio campionato, lo permetta. In particolare:

  • E’ inutile inserire il muro in lettura se nessuno gioca primo tempo
  • E’ inutile (anche rischioso in quanto a dinamiche di gioco) inserire il concetto di assistenza se nessuna squadra gioca primo tempo efficace
  • E’ inutile inserire il concetto di muro in parallela o diagonale se le direzioni d’attacco sono assolutamente scontate
  • Il muro rimane comunque un lavoro cui dedicare, a mio avviso, meno tempo rispetto ad altri aspetti tecnici prioritari per le varie fasce d’età (si legga, tra gli altri, il materiale di Paolini per maggiori informazioni)

Ritengo altresì che ci siano alcune basi tecniche che debbano essere inserite quanto prima, proprio per facilitare la crescita tecnica dei propri atleti. In particolare, ci sono tre aspetti che credo vadano considerati basilari, anche per un gruppo molto giovane:

  • L’uscita delle mani oltre la rete (e il conseguente orientamento del piano di rimbalzo)
  • Il tempo di salto
  • La posizione di muro

L’uscita delle mani oltre la rete consiste nel fatto di piazzare le mani direttamente nell’altro campo (impostazione di muro invadente), con le braccia già orientate verso il centro del campo avversario, le dita aperte e le braccia come proseguimento del corpo, senza oscillazioni. Da segnalare anche l’importanza della discesa a gomiti stretti, per evitare colpi con eventuali compagni di fianco.  Il problema delle “mani lanciate“, ossia spostate quando sono già oltre la rete, è abbastanza evidente nelle serie minori ed è una delle cause principali del mani-out. Riassumendo, credo che i punti principali da considerare in questo caso siano:

  • Le braccia coprono il cilindro del corpo (non fuori)
  • Le mani invadono direttamente il campo avversario (non prima in alto e poi in avanti)
  • Le braccia escono da rete già con la giusta orientazione (nessun movimento durante il volo)
  • Le dita aperte fin dall’uscita da rete (non chiuse)
  • Posizionamento del pollice non in fuori (prevenzione traumi)
  • Discesa a gomiti stretti (prevenzione traumi)

Il problema del tempo di salto è un altro grande classico, cui spesso non si fa molto caso, ma che, se analizzato con attenzione, è una lacuna di tantissimi giocatori. L’effetto indesiderato è quello di saltare insieme all’avversario (parliamo di attacco esterno) e, conseguentemente, murare in fase di discesa, o addirittura non riuscire a murare (e credere poi che “ci siano passati sopra“). I riferimenti che possiamo dare ai nostri giocatori sono innumerevoli, quello con cui io mi sono trovato meglio è questo: saltare quando l’avversario apre la spalla per colpire. Chiaramente, questo riferimento è riferito ad un attacco di prima linea eseguito con “tecniche abbastanza standard”: dobbiamo infatti tenere presente che ogni attaccante ha un proprio tempo del braccio in attacco e, conseguentemente, deve corrispondergli un corretto tempo di muro.

A proposito di tempo di salto, c’è un altro punto che vorrei portare all’attenzione di tutti e su cui sto cercando di documentarmi. Parlo del caricamento delle gambe e del rispettivo tempo. Così come per l’attacco diamo un riferimento sulla rincorsa (ad esempio, sul secondo tempo diciamo qualcosa di simile a “parti con destro – sinistro quando il palleggiatore tocca la palla”), per il muro dovremmo trovare un riferimento per il caricamento. Infatti, si vedono atleti molto differenti in quanto a caricamento delle gambe e, di conseguenza, il riferimento generale di saltare al caricamento della spalla non può essere universale neppure dal punto di vista interno (ossia riferito a chi mura).

Riguardo alla posizione di muro, anche questo aspetto è spesso trascurato, sia come distanza da rete, che come posizionamento di fronte all’attaccante. Esistono alcuni riferimenti che possiamo dare ai nostri giocatori, che riporto di seguito. In maniera sintetica possiamo dire che:

  • La distanza da rete è misurabile con il gomito (distanza gomito – spalla o gomito – pugno)
  • Dobbiamo posizionarci in modo da avere il nostro sterno davanti alla spalla che attacca (muro sulla rincorsa)

La tappa successiva è quella di eseguire ogni lavoro di muro dopo una piccola traslocazione, che può partire anche da un semplice passo accostato. All’inizio il focus non sarà tanto sulla tecnica di spostamento, quando sulla posizione di arrivo e sulla corretta esecuzione dei punti sopra descritti. Con il crescere dell’età degli atleti e degli obiettivi di squadra, chiaramente, alcune tecniche andranno leggermente riviste, in base al proprio gioco ed alla naturale progressione tecnica. Parlo, ad esempio, del muro in lettura, del muro dal centro e dai vari posizionamenti nei muri esterni.

Dopo aver parlato del “cosa“, cerchiamo ora di analizzare il “quando“. C’è un grosso scoglio da superare, ovvero la gestione dell’atleta che non supera la rete. In questo caso ci sono due scuole di pensiero:

  • Non lavorare sul muro finché buona parte della squadra non è in grado di uscire minimamente da rete
  • Impostare ugualmente il lavoro sul muro, anche se il giocatore non esce da rete

E, di seguito, alcune considerazioni a favore di una o l’altra tesi:

  • Un atleta basso può crescere e, se avrà già svolto un lavoro analitico, potrà essere notevolmente avvantaggiato
  • Con alcuni accorgimenti, alcuni esercizi si possono fare anche con giocatori bassi (muro da una sedia senza salto, rete bassa eccetera)
  • Un atleta basso è inutile a muro e potrebbe allenarsi in gesti a lui più utili
  • Un atleta basso considera inutile lavorare sul muro e non è motivato
  • Se non faccio lavorare un atleta sul muro, è insensato farglielo fare in gara, ma questo comporta l’utilizzo di schemi abbastanza complessi e poco standardizzabili

Non credo si possano dare riferimenti assoluti in questo senso. Personalmente, ad oggi, penso che nel momento in cui l’atleta riesca ad uscire anche con una falange, sia ora di iniziare il lavoro, se non lo si ha già fatto. A parte questo rimango sempre fedele al principio secondo cui non esistono regole standard, ogni squadra è formata da persone completamente diverse tra loro e diverse da quelle delle altre squadre, pertanto ogni allenatore dovrà essere bravo a capire cosa sia giusto per il proprio gruppo e cosa invece sarà rimandabile ad un successivo momento. Ciò che mi sento di dire (e di auto – criticarmi guardandomi indietro) è tuttavia che penso sia importante iniziare un buon lavoro di muro anche con gli atleti più giovani e non, banalmente, decidere di trascurare questo fondamentale in favore di altri.

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