L’individuazione del talento in U14

TalentoDi recente sto assistendo ad alcuni allenamenti di un gruppo Under 14 maschile. Ho visto un paio di ragazzini veramente bravi. Tuttavia, siccome non ho alcun modello di confronto a livello nazionale (mentre per gli U16 “ho” il Trofeo delle Regioni e per l’U18 le Finali Nazionali di giugno), mi è venuto da pormi la seguente domanda: “Quali sono gli elementi che ci fanno individuare un talento?.

Badate, la domanda può apparire in fondo banale e con puri scopi di curiosità, ma è tutt’altro che così. Dobbiamo sempre tener presente che uno degli obiettivi fondamentali per un allenatore giovanile è favorire l’esplosione del talento. Detto in termini brutali, se ho tra le mani un potenziale giocatore di serie A, devo fare del mio meglio per farcelo arrivare. E se non ho i mezzi per farlo (mezzi tecnici, ma anche fisici, come l’assenza di un gruppo valido con cui farlo allenare per sufficiente tempo), credo sia importante creargli qualche possibilità con società più blasonate.

In Under 14, secondo me, c’è un problema da non trascurare, almeno a livello maschile: lo sviluppo dell’atleta è appena all’inizio. Sia dal punto di vista fisico, che da quello tecnico. Nella mia Bologna, infatti, è raro vedere in queste realtà giocatori con già alcuni anni di esperienza alle spalle. E’ invece più normale creare gruppi completamente nuovi. Fatta questa premessa, è facile arrivare al vero fulcro del mio problema: “Il ragazzino che io giudico bravo, è un talento o risulta semplicemente bravo perché nella sua squadra è il più bravo?“.

Di recente, ho letto una frase di Davide Mazzanti (vice allenatore di Lorenzo Micelli a Bergamo in A1F), in cui citava appunto la ricerca del talento, che mi ha colpito e ritengo sia da riportare:

[…] A livello giovanile il talento non è nascosto nel fare bene 8 cose su 10, ma nel riuscire a fare una volta su dieci una cosa eccezionale… Sarai tu, con l’allenamento, a trasformare il suo talento in rendimento: buon lavoro!

(Davide Mazzanti, vice allenatore Volley Bergamo A1F)

Partendo da questa affermazione, che ritengo più che condivisibile, vorrei lasciare i miei lettori con alcune domande, sperando che il caso in questione possa risultare di interesse ed aprire il dibattito sulla ricerca del talento:

  • In U14M, quanto è importante l’aspetto fisico?
    • Qual è l’altezza media di un gruppo U14M di alto livello?
    • Quali sono i fattori che ci possono aiutare in una previsione grezza della crescita dell’atleta (esempio: altezza dei genitori)?
  • In U14M, quanto è importante l’aspetto tecnico?
    • Quanto è importante il servizio dall’alto? E’ necessario il servizio in salto?
    • Quanto è importante l’attacco da zona 4/2? Meglio precisione o potenza?
    • Quanto è importante il bagher d’appoggio e ricezione?
    • Quanto è importante il muro?
    • Quanto è importante il palleggio d’alzata?
  • In U14M, quanto è importante l’aspetto psicologico?
  • In U14M, quanto è impostante l’aspetto tattico?
  • Quali sono i gesti tecnici “tipici” che il talento riesce ad eseguire correttamente una volta su dieci in maniera eccezionale?

In altre parole, qual è il giusto mix per riconoscere un talento?

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La Ricezione #01 – Introduzione e Cronologia

Si apre con questo articolo una catena di documenti tecnici riguardanti il fondamentale della ricezione. In ogni parte sarà analizzato un diverso aspetto di questo fondamentlae. In particolare si parlerà di tecnica, tattica di squadra, scouting ed allenamento. Ogni documento sarà corredato da una serie di slides, che hanno scopo riassuntivo dello stesso. Gli articoli sono principalmente frutto di riassunti di corsi, documenti, discussioni con altri allenatori, esperienza personale. Con il tempo, grazie anche ai pareri che riceverò, provvederò a modificarne alcune parti.

La ricezione è il fondamentale che risponde al servizio avversario. Proprio per questo motivo, la denominazione completa è “ricezione del servizio“. Nello studio della ricezione, non possiamo quindi prescindere da quello del servizio avversario, poiché il bagaglio di gesti tecnici interessati varia notevolmente a seconda del tipo di servizio. In particolare, dobbiamo analizzare:

  • Tecnica di servizio utilizzata
  • Posizione di partenza del servizio
  • Tratti tattici caratteristici del battitore

Il tipo di servizio è molto influente, sia dal punto di vista tattico, che, soprattutto, da quello tecnico. In generale, dobbiamo tenere conto dei 3 servizi più diffusi attualmente:

  • Servizio flottante (e sue varianti)
  • Servizio in salto a rotazione
  • Servizio dal basso (solo livelli bassi)

Creiamo allora tre sotto – fondamentali, che in generale vanno analizzati disgiuntamente:

  • Ricezione di servizio flottante
  • Ricezione di servizio in salto a rotazione
  • Ricezione di servizio dal basso

La posizione di partenza del servizio influenza principalmente le posizioni di partenza dei ricevitori e alcune valutazioni sugli interventi tecnici da adottare. Abbiamo due classificazioni importanti, da questo punto di vista:

  • Posizione di partenza in profondità
    • Servizio da vicino alla linea
    • Servizio da lontano
  • Lateralità del servizio
    • Servizio da zona 1
    • Servizio da zona 6
    • Servizio da zona 5

I tratti caratteristici del battitore possono avere conseguenze tattiche o mentali: ad esempio, specie al crescere del livello, è possibile analizzare le direzioni preferite da ogni battitore e utilizzare queste informazioni per anticipare la lettura della traiettoria.

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Scout e Video

StatisticheLe statistiche dominano sempre di più il nostro sport, ad ogni livello, così come il video risulta sempre più utilizzato, anche a livelli medio – bassi. Gli scopi dell’analisi sono i più disparati e spaziano dalla semplice auto-valutazione dei giocatori ad un vero e proprio studio delle proprie capacità, con forti ripercussioni in termini di programmazione dell’allenamento.

Lo scopo di questo articolo non è fornire una trattazione completa su questo argomento così vasto e così sempre in espansione. Cercherò invece di raccontare il lavoro che svolgo quest’anno con la mia squadra, in B2 maschile, dove faccio il secondo allenatore, sfruttando queste informazioni per parlare in maniera più generale dell’analisi statistica.

Inoltre, visto che l’analisi statistica è un argomento di ricerca molto gettonato, spero che questo articolo possa chiarire qualche idea a chi fosse interessato a questo campo. Ribadisco tuttavia che non si tratta di una trattazione completa, quanto più un’elencazione piuttosto schematica di concetti e principi di base. Per una trattazione più completa, su questo sito, sarà necessario attendere ancora un po’.

Cerchiamo anzitutto, con questo piccolo preambolo, di chiarire un punto per me fondamentale: a cosa serve lo scouting. Fondamentalmente, lo scouting è un valutatore di prestazione, inteso però come risultato e non come tecnica.L’obiettivo, salendo di livello, è quello di avere un valido supporto alle decisioni, sia in gara che fuori. Chiaramente, un supporto statistico non può essere considerato affidabile al 100%. Al fine di rendere questo modello il più possibile affidabile ed aderente alla realtà, è necessario che si stabiliscano delle regole oggettive di rilevazione. Molte volte, anche gli allenatori più esperti, valutano la prestazione di un giocatore ricordando solo alcuni episodi salienti: la rilevazione statistica, invece, aiuta anche a fornire una valutazione completa sulla prestazione di un giocatore.

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L’impostazione del muro

MuroScrivo questo articolo perché ho cambiato parere riguardo ad una questione tecnica e, come diretta conseguenza, sono portato ad analizzare e criticare alcune mie scelte personali passate. L’argomento di discussione parte da una semplice domanda: “Quando ed in che modo è importante iniziare il lavoro sul muro con una squadra giovanile?“.

Ho sempre creduto che il muro fosse una questione, se così si può dire, di priorità inferiore rispetto ad altri fondamentali, quali possono essere la ricezione, l’alzata o l’attacco. Qualche anno fa, lavorando un gruppo U16 di livello francamente bassino, ho volutamente ridotto il lavoro su questo fondamentale, sia come lavoro di muro esterno che come muro dopo traslocazione per i centrali. Addirittura, ho completamente tralasciato il lavoro di traslocazione per i giocatori laterali.

Mi capita ora però di vedere alcuni atleti, anche più evoluti, avere problemi abbastanza vistosi in questo fondamentale, sia da fermi che, soprattutto, dopo una traslocazione verso l’esterno. Il muro a lettura, in più, è spesso difficoltoso, non tanto come capacità di analisi, quanto proprio come tecnica. Discutendo con bravi giocatori in questo fondamentale e con alcuni allenatori, mi è venuto da concludere che l’impostazione del muro debba essere data quanto prima.

Ora, dobbiamo premettere che rimango fermamente convinto che alcuni accorgimenti si possano applicare solo quando il livello di gioco, della propria squadra e/o del proprio campionato, lo permetta. In particolare:

  • E’ inutile inserire il muro in lettura se nessuno gioca primo tempo
  • E’ inutile (anche rischioso in quanto a dinamiche di gioco) inserire il concetto di assistenza se nessuna squadra gioca primo tempo efficace
  • E’ inutile inserire il concetto di muro in parallela o diagonale se le direzioni d’attacco sono assolutamente scontate
  • Il muro rimane comunque un lavoro cui dedicare, a mio avviso, meno tempo rispetto ad altri aspetti tecnici prioritari per le varie fasce d’età (si legga, tra gli altri, il materiale di Paolini per maggiori informazioni)

Ritengo altresì che ci siano alcune basi tecniche che debbano essere inserite quanto prima, proprio per facilitare la crescita tecnica dei propri atleti. In particolare, ci sono tre aspetti che credo vadano considerati basilari, anche per un gruppo molto giovane:

  • L’uscita delle mani oltre la rete (e il conseguente orientamento del piano di rimbalzo)
  • Il tempo di salto
  • La posizione di muro

L’uscita delle mani oltre la rete consiste nel fatto di piazzare le mani direttamente nell’altro campo (impostazione di muro invadente), con le braccia già orientate verso il centro del campo avversario, le dita aperte e le braccia come proseguimento del corpo, senza oscillazioni. Da segnalare anche l’importanza della discesa a gomiti stretti, per evitare colpi con eventuali compagni di fianco.  Il problema delle “mani lanciate“, ossia spostate quando sono già oltre la rete, è abbastanza evidente nelle serie minori ed è una delle cause principali del mani-out. Riassumendo, credo che i punti principali da considerare in questo caso siano:

  • Le braccia coprono il cilindro del corpo (non fuori)
  • Le mani invadono direttamente il campo avversario (non prima in alto e poi in avanti)
  • Le braccia escono da rete già con la giusta orientazione (nessun movimento durante il volo)
  • Le dita aperte fin dall’uscita da rete (non chiuse)
  • Posizionamento del pollice non in fuori (prevenzione traumi)
  • Discesa a gomiti stretti (prevenzione traumi)

Il problema del tempo di salto è un altro grande classico, cui spesso non si fa molto caso, ma che, se analizzato con attenzione, è una lacuna di tantissimi giocatori. L’effetto indesiderato è quello di saltare insieme all’avversario (parliamo di attacco esterno) e, conseguentemente, murare in fase di discesa, o addirittura non riuscire a murare (e credere poi che “ci siano passati sopra“). I riferimenti che possiamo dare ai nostri giocatori sono innumerevoli, quello con cui io mi sono trovato meglio è questo: saltare quando l’avversario apre la spalla per colpire. Chiaramente, questo riferimento è riferito ad un attacco di prima linea eseguito con “tecniche abbastanza standard”: dobbiamo infatti tenere presente che ogni attaccante ha un proprio tempo del braccio in attacco e, conseguentemente, deve corrispondergli un corretto tempo di muro.

A proposito di tempo di salto, c’è un altro punto che vorrei portare all’attenzione di tutti e su cui sto cercando di documentarmi. Parlo del caricamento delle gambe e del rispettivo tempo. Così come per l’attacco diamo un riferimento sulla rincorsa (ad esempio, sul secondo tempo diciamo qualcosa di simile a “parti con destro – sinistro quando il palleggiatore tocca la palla”), per il muro dovremmo trovare un riferimento per il caricamento. Infatti, si vedono atleti molto differenti in quanto a caricamento delle gambe e, di conseguenza, il riferimento generale di saltare al caricamento della spalla non può essere universale neppure dal punto di vista interno (ossia riferito a chi mura).

Riguardo alla posizione di muro, anche questo aspetto è spesso trascurato, sia come distanza da rete, che come posizionamento di fronte all’attaccante. Esistono alcuni riferimenti che possiamo dare ai nostri giocatori, che riporto di seguito. In maniera sintetica possiamo dire che:

  • La distanza da rete è misurabile con il gomito (distanza gomito – spalla o gomito – pugno)
  • Dobbiamo posizionarci in modo da avere il nostro sterno davanti alla spalla che attacca (muro sulla rincorsa)

La tappa successiva è quella di eseguire ogni lavoro di muro dopo una piccola traslocazione, che può partire anche da un semplice passo accostato. All’inizio il focus non sarà tanto sulla tecnica di spostamento, quando sulla posizione di arrivo e sulla corretta esecuzione dei punti sopra descritti. Con il crescere dell’età degli atleti e degli obiettivi di squadra, chiaramente, alcune tecniche andranno leggermente riviste, in base al proprio gioco ed alla naturale progressione tecnica. Parlo, ad esempio, del muro in lettura, del muro dal centro e dai vari posizionamenti nei muri esterni.

Dopo aver parlato del “cosa“, cerchiamo ora di analizzare il “quando“. C’è un grosso scoglio da superare, ovvero la gestione dell’atleta che non supera la rete. In questo caso ci sono due scuole di pensiero:

  • Non lavorare sul muro finché buona parte della squadra non è in grado di uscire minimamente da rete
  • Impostare ugualmente il lavoro sul muro, anche se il giocatore non esce da rete

E, di seguito, alcune considerazioni a favore di una o l’altra tesi:

  • Un atleta basso può crescere e, se avrà già svolto un lavoro analitico, potrà essere notevolmente avvantaggiato
  • Con alcuni accorgimenti, alcuni esercizi si possono fare anche con giocatori bassi (muro da una sedia senza salto, rete bassa eccetera)
  • Un atleta basso è inutile a muro e potrebbe allenarsi in gesti a lui più utili
  • Un atleta basso considera inutile lavorare sul muro e non è motivato
  • Se non faccio lavorare un atleta sul muro, è insensato farglielo fare in gara, ma questo comporta l’utilizzo di schemi abbastanza complessi e poco standardizzabili

Non credo si possano dare riferimenti assoluti in questo senso. Personalmente, ad oggi, penso che nel momento in cui l’atleta riesca ad uscire anche con una falange, sia ora di iniziare il lavoro, se non lo si ha già fatto. A parte questo rimango sempre fedele al principio secondo cui non esistono regole standard, ogni squadra è formata da persone completamente diverse tra loro e diverse da quelle delle altre squadre, pertanto ogni allenatore dovrà essere bravo a capire cosa sia giusto per il proprio gruppo e cosa invece sarà rimandabile ad un successivo momento. Ciò che mi sento di dire (e di auto – criticarmi guardandomi indietro) è tuttavia che penso sia importante iniziare un buon lavoro di muro anche con gli atleti più giovani e non, banalmente, decidere di trascurare questo fondamentale in favore di altri.

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Commento alle nuove regole 2009 – 2012

LibriCon un po’ di calma e pazienza, ho trovato il tempo di leggere e scrivere qualcosa riguardo alle nuove regole, che saranno valide per il quadriennio 2009 – 2012. Per chi ancora non le conoscesse, prego di fare riferimento al mio articolo apposito. Alcune regole sono già in vigore dalla stagione scorsa, altre invece entreranno in gioco da questa stagione (la FIVB ha imposto come limite ultimo Gennaio 2009).

Ci sono, essenzialmente, alcune regole procedurali, riguardanti la linea dell’allenatore, la palla bloccata, le modalità di sostituzione e le competenze degli arbitri. Francamente, di queste regole, possiamo evitare di spendere troppe parole, poiché riguardano essenzialmente delle modifiche sulle prassi da seguire e poco di più.

Ciò su cui invece vorrei spendere qualche parola è il discorso delle invasioni. Perché, vedete, a mio avviso la regola di prima era abbastanza frustrante, fastidiosa e tutto quello che volete, ma abbastanza perentoria: se tocchi la rete, è invasione. Se passi con tutto il piede, tutta la mano, o un altro pezzo di corpo, è invasione. Rognoso, se volete, ma abbastanza chiaro. Che poi ci fosse la famosa postilla sullo star giocando la palla o il non interferire con il gioco siamo d’accordo, ma troviamoci anche d’accordo sul fatto che, nel 99% dei casi, toccare la rete equivalesse ad un fallo.

Adesso, invece, a favore di una maggiore “sensatezza”, si aggiunge ad un arbitro la facoltà di decidere, si richiede di valutare. Riporto, per maggiore chiarezza, il pezzo incriminato:

11.2 INVASIONE SOTTO RETE
R. 11.2.2.2 Il contatto con il suolo del campo opposto con qualsiasi parte del corpo sopra i piedi, è permesso a condizione che non interferisca con il gioco degli avversari.

11.3 CONTATTO CON LA RETE
R.11.3.1 Il contatto di un giocatore con la rete non è fallo, a condizione che non interferisca con il gioco.
R.11.3.2 I giocatori possono toccare i pali, i cavi o qualsiasi altro oggetto oltre le antenne, compresa la rete, a condizione che non interferisca con il gioco.

11.4 FALLI DEL GIOCATORE A RETE
R.11.4.4 Un giocatore interferisce con il gioco avverso (tra l’altro):

  • toccando la banda superiore della rete o l’antenna durante la sua azione di giocare la palla, o
  • usufruendo di un ingiusto vantaggio sull’avversario, o
  • facendo una azione che ostacola un avversario intento a giocare la palla.

Si rientra nella famosa discrezionalità dell’arbitro di cui parlavamo ai tempi del fallo di doppia. L’interferire con il gioco, a mio avviso, è un discorso abbastanza soggettivo. Per di più, sebbene ci sia qualche esempio chiarificatore sul concetto di interferenza, la stessa spiegazione contiene una postilla “tra l’altro” che indica, per l’appunto, che la casistica è illimitata e molto variabile.

Riporto, inoltre, un altro pezzo, in aggiunta al documento di regolamento, che dovrebbe chiarire:

Queste tre regole insieme affermano che, in principio, toccare accidentalmente la rete non costituisce fallo se il tocco non interferisce sul gioco che si sta svolgendo. Interferire significa:

  1. toccare la banda superiore della rete o l’antenna nel mentre l’atleta sta giocando la palla (prima, al colpo sulla palla e dopo, oppure nell’atto di cercare di toccare la palla);
  2. avere un vantaggio dal tocco della rete, come ad esempio essa si abbassa mentre un compagno di squadra si appresta ad attaccare o mentre un avversario si appresta a giocare la palla ed è distratto dal movimento della rete, oppure tocca la rete e contemporaneamente un avversario che sta cercando di prendere parte all’azione di gioco;
  3. toccare volontariamente e non accidentalmente la rete

Da questa spiegazione, francamente, sembrerebbe che, più o meno, sia comunque sempre invasione. Viene reso valutabile (attenzione, non lecito, valutabile) il contatto di una parte di rete diversa da antenne e banda superiore durante l’azione di giocare la palla. Ma come fare a dire se abbia o meno interferito con il gioco? Pensate poi al discorso di “giocatore distratto dal movimento della rete”, mi immagino già le proteste di qualche furbetto. Infine, toccare volontariamente la rete. Tutte parole (distratto, cercare di prendere parte, accidentalmente) sono a mio avviso un po’ vaghe.

Invece di semplificare le cose, temo che qua si vada per complicarle. Se è vero che ad alto livello si potranno avere vantaggi di spettacolo (e, perché no, le famose discussioni arbitrali dopo le partite fanno bene al pubblico), ho il sentore che ai livelli più bassi (e parlo anche di livelli molto bassi, dove magari arbitrano i giovanissimi arbitri appena usciti dai corsi, o dove c’è un solo arbitro) sarà un vero sfacelo. Un caos assurdo. Non dico che si vinceranno o perderanno partite per colpa degli arbitri, ma dico semplicemente che l’arbitro avrà un ruolo ancora più significativo all’interno di una gara e, invece di essere un semplice “rilevatore di infrazioni“, dovrà diventare un vero e proprio giudice pensante. Il carattere dell’arbitro, l’esperienza e quant’altro diventeranno ancora di più un fattore da non sottovalutare.

Staremo a vedere. A presto per nuovi commenti, sia miei che vostri.

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Sui propedeutici

ChimicaDefiniamo esercizio propedeutico un esercizio che ci avvicini all’esecuzione di un gesto tecnico. Di per sé il movimento non è quello finale, ma ci assomiglia. Il problema che vorrei affrontare oggi, su cui vorrei aprire un dibattito, è il seguente: quanto deve essere somigliante un propedeutico al gesto tecnico reale?

Non avendo mai allenato né un MiniVolley né un Under 14 (o più in basso), non mi sono mai trovato di fronte al problema di affrontare con meticolosità tutta la serie di propedeutici necessari per far famigliarizzare un bambino con i gesti di base del nostro sport (palleggio e bagher d’appoggio, schiacciata…). Tuttavia, nei giorni scorsi ho visto alcuni allenamenti di ragazzini piccoli e ho visto eseguire alcuni propedeutici che ritengo un po’ avventati.

Un esempio su tutti, propedeutico al palleggio: “Lancio la palla, corro sotto, la blocco a braccia distese, poi piego alla fronte e lancio”. A mio avviso questo propedeutico è sbagliato. E’ sbagliato perché mi dà l’idea che si cerchi di fissare nel giovane atleta il concetto che per palleggiare dobbiamo portarci sotto la palla con le braccia distese e poi fletterle, salvo poi distenderle nuovamente. Capiamo bene che questo non ricalca la realtà, poiché il palleggio non si esegue in tre tempi distinti (preparazione – flessione – distensione), ma con il solo blocco preparazione – distensione. Ricordo, anzi, molto bene, il lavoro estivo con alcune atlete che avevano appunto il problema di rallentare l’esecuzione del palleggio, inserendo movimenti extra e superflui tra la fase di preparazione e quella di distensione.

Mi domando allora in base a cosa dobbiamo scegliere i propedeutici, cercando di raggiungere questo duplice obiettivo:

  • Lavorare analiticamente su una parte del gesto tecnico da insegnare
  • Non creare presupposti per il fissaggio di meccanismi errati

A mio avviso, prima di inserire un esercizio in una nostra progressione, dobbiamo eseguire lo sforzo di ripercorrere le varie tappe del gesto tecnico finale dal punto di vista della teoria. In seguito, passeremo ad analizzare con razionalità il nostro esercizio, per capirne pregi e difetti. Una volta sicuri, lo proporremo in palestra. Chiaramente, non dobbiamo dimenticare tutta quella serie di buone regole per la creazione di esercizi, che riguardano quindi la possibilità di correggere, l’elevato numero di ripetizioni, il divertimento e quant’altro, accettando però qualche compromesso nelle primissime fasi, in favore della possibilità di correggere il maggior numero di bambini. Riassumendo:

  1. Ripasso teorico del gesto tecnico finale
  2. Analisi dell’analogia del propedeutico con un frammento di gesto tecnico
  3. Assenza di possibilità di fissaggio di meccanismi errati
  4. Confronto dell’esercizio con i criteri di creazione di buoni esercizi
  5. Esecuzione pratica in palestra

L’esercizio prima proposto ha anche un secondo problema: è troppo difficile per atleti che non hanno mai giocato a pallavolo. E’ difficile perché, se ci si pensa, presuppone la conoscenza dei seguenti schemi motori:

  • Lancio della palla
  • Spostamento
  • Posizionamento
  • Esecuzione del gsto

Se noi dobbiamo insegnare il gesto tecnico, dobbiamo anzitutto isolarlo. Se invece inseriamo anche le altre tre fasi, è logico aspettarsi errori di lancio, errori di spostamento, errori di piazzamento e quant’altro. Conclusione: esisterà una elevata quantità di ripetizioni in cui il vero errore non è nel gesto tecnico, ma nelle fasi precedenti!
Per concludere con un po’ di completezza, penso che una valida alternativa all’esercizio proposto fosse quella di bloccare la palla con le braccia già cariche, sopra la fronte, per poi effettuare solo la spinta. Riguardo allo spostamento, credo che questo sia una fase già successiva, da utilizzare dopo altri propedeutici più semplici. Ad esempio, io partirei con lavoro con lancio dell’allenatore preciso al bambino, bloccaggio alto e spinta. In seguito si passa al lancio preciso (quanto possibile) del compagno, poi al lancio spostato e così via. Ma, prima di tutto, sarà importante fissare il corretto gesto tecnico.

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Calcio, Basket, Volley

CalcioMi domando sempre più spesso che cosa abbia il calcio in più del basket e cosa abbia questo in più del volley. Considerata la mole di tifosi e la quantità di denaro in circolazione, penso che il mio sia un dubbio più che lecito.

Il calcio è un fenomeno planetario e, nonostante in continui scandali, le continue botte e i continui problemi che ci vengono mostrati, gli appassionati rimangono fedelissimi, incollati a questo sport. Allora mi sono messo a pensare e mi sono venute in mente alcune considerazioni che voglio condividere con i visitatori di questo spazio.

Credo, banalmente, che calcio e basket sappiano vendersi meglio della pallavolo. E’ forse un’ipotesi un po’ bizzarra, ma è pur sempre un’ipotesi. Prendiamo ad esempio il calcio e guardiamo quali sono alcune caratteristiche che mancano alla pallavolo.

Immediatezza di gioco

Prendete due o tre amici e andate al parco, buttate due bottigliette o due magliette per terra in ognuno dei due campi e iniziate a giocare. Se anche doveste essere tutti inguardabili (parola di uno che veramente è imbarazzante a calcio), riuscirete sicuramente a trovare un vostro ritmo e a divertirvi come dei pazzi. Perché il calcio è uno sport che, almeno a livello basso, è facilissimo e non richiede alcuno strumento in particolare. Si gioca senza entrate pericolose, si discute un po’ sulla prospettiva delle porte, ma, in fondo, è tutto facile. Basta correre e tirare la palla. Se sbagli uno stop, ci ridi sopra, perché tanto al passaggio successivo la palla ti arriverà sui piedi.

Riprovate con il basket. Qui serve un canestro, ma direi che di un canestro sono dotati quasi tutti i parchi. Anche in questo caso, nonostante la difficoltà sia maggiore, è comunque facile, prima o poi, prendere un discreto ritmo e, se comunque tutti i giocatori sono più o meno allo stesso livello, è facile divertirsi.

Andate ora, sempre con i soliti amici imbarazzanti, a giocare a pallavolo. Anzitutto, serve una rete, cosa abbastanza rara nei parchetti più piccoli, altrimenti non si gioca a pallavolo, ma si fanno dei passaggi. Supponiamo che la troviate. Il primo giocatore batte a rete. L’altra squadra gira e il secondo giocatore batte fuori. Quando finalmente la palla passa la rete ed entra in campo, il bagher è questo strano mostro oscuro per cui è quasi sicuro avere una ricezione negativa. Conclusione: dopo 10 minuti si avrà già voglia di smettere. La pallavolo è uno sport facile da imparare, ma non è per niente facile giocarci finché non lo si sa fare.

Regolamento facile

Se ci pensate, le regole del calcio sono tutte abbastanza facili o, quanto meno, abbastanza facili da imparare in maniera generale. Il fallo, il goal, la rimessa laterale, il calcio d’angolo. L’unica regola leggermente complicata è quella del fuorigioco, ma in fondo, una volta imparata, è veramente banale anche quella. Forse sono un po’ vaghe, ma su questo tornerò dopo.

Pallavolo e basket peccano invece da questo punto di vista. Pensate a quanti falli difficili da capire e meccanizzare ci sono nella pallacanestro (passi, doppia, interferenza e così via) e quanti altri a pallavolo (doppia, trattenuta, invasioni di ogni tipo). Regole difficili, che spesso si ignorano quando si gioca con gli amici, proprio per il fatto che sono sconosciute ai più. Certo, questo contribuisce a rendere l’arbitraggio più ininfluente sul risultato finale, ma d’altro canto rende più difficile capire lo sport per i non addetti.

Contatto fisico

Qui c’è veramente poco da dire, non capisco esattamente il motivo, ma bisogna prendere atto del fatto che alla maggior parte delle persone piaccia vedere il contatto fisico tra atleti, questo lottare e portarsi via un attrezzo. Basti pensare che gli sport più diffusi nell’antichità erano la lotta e sport affini.

Errori arbitrali

Questa è forse una delle discriminanti maggiori. Mi è venuto in mente quando un amico mi ha chiesto: “Ma perché a pallavolo ci sono 2 arbitri e 4 guardalinee, mentre a calcio c’è un solo arbitro per un campo immensamente più grande, aiutato da 2 soli guardalinee?“. Mi è venuto da rispondere che l’errore arbitrale faccia parte dello spettacolo. Dico, immaginate cosa succederebbe al calcio se ci fossero, per dire, 4 arbitri, la moviola in campo e quant’altro? Come minimo, la metà delle trasmissioni televisive durerebbe un decimo di quanto durano ora. E il lunedì si discuterebbe molto di meno con compagni e colleghi di lavoro. Le stesse regole, se ci si pensa, si mantengono un po’ vaghe sul discorso dei falli e dei rigori, sempre così discussi. Eppure sarebbe apparentemente facile rendere l’errore arbitrale quasi nullo.

Invece noi a pallavolo, con tutti i nostri arbitri e così via, facciamo molta più fatica a condizionare una partita. Certo, a livello basso succede di tutto, ma questo è normale. Ad alto livello è raro che succeda qualcosa di così scandaloso. Anche perché un punto a pallavolo vale molto meno di un goal a calcio. Insomma, spero che il discorso sia più o meno chiaro.

Come ho detto e, spero, motivato, credo banalmente che il calcio si venda meglio. A seguire il basket. E poi la pallavolo.

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Il solito problema di inizio anno

FaticaCome ogni anno, Settembre arriva e, nella testa di ogni allenatore, frullano quel miliardo di informazioni su come sia giusto o non giusto iniziare gli allenamenti. Già l’anno scorso scrissi qualcosa in merito al famigerato tema del primo allenamento dell’anno, ma voglio tornarci anche questa volta, non tanto per scrivere l’opposto di quanto già scrissi, quanto più per portare le mie esperienze dell’anno scorso e di quest’anno. Quindi, schematicamente, parlerò prima delle mie esperienze e poi proverò a riassumere il mio pensiero in merito.

La stagione scorsa ero primo allenatore di un gruppo U18 maschile. Dopo aver scritto l’articolo, in cui dicevo per l’appunto che era bene partire con calm, ma facendo tutto, ho iniziato a creare il mio programmino annuale. Per le prime 6 settimane di preparazione, ho scritto una tabella con il lavoro fisico, tecnico, tattico e disciplinare da svolgere, cercando di avere progressioni sensate. Alla fine, dopo aver parlato con molti preparatori, mi sono convinto finalmente a rispettare questi punti, che ho assunto come basi di lavoro fondamentali:

  • La prima settimana non si salta
  • La prima settimana si evitano alcune esercitazioni ritenute pericolose in stato di muscolatura poco tonica, ad esempio gli affondi laterali per gli adduttori
  • Il lavoro parte con esercitazioni statiche per almeno 4-5 sedute
  • Si lavora sempre sulla prevenzione per la schiena, le caviglie, le spalle e le ginocchia
  • Dopo si possono iniziare ad inserire gradatamente esercitazioni isotoniche a corpo libero, progredendo dal movimento lento in fase concentrica ed eccentrica, spostandosi sempre di più verso l’esplosività
  • I famosi “percorsi” con salti, andature eccetera verranno introdotti dopo la terza settimana

Sull’assenza di salti, sono stato molto molto contento. Prima di tutto, contrariamente a quanto pensassi, si possono veramente creare allenamenti altamente tecnici anche con rete bassa: possiamo lavorare molto sulla tecnica individuale a coppie e terne e, ponendo la rete ad altezza gomito, si può lavorare molto sia sulla manualità che sulla tecnica di attacco, in particolare sulla distensione del braccio. Di conseguenza, si lavora molto bene anche sul piano di rimbalzo a muro e sulla difesa. La prevenzione è stata fatta con gli elastici e a corpo libero, in particolare abbiamo utilizzato esercizi per la cuffia dei rotatori e per la propriocettiva di bacino, spalla, ginocchia e caviglie. Infine, per la schiena, riscaldamento curato, molta mobilità e lavoro preciso e ragionato sugli addominali.

Veniamo ora alla presente stagione. Quest’anno lavoro come vice allenatore in Serie B2 maschile. Anche questo allenatore (Bicego, che, per quanto ho visto fino ad ora, è veramente bravissimo) ha seguito alcune linee generali, poi ha sviluppato un programma progressivo, sia fisico che tecnico. In particolare, non abbiamo aspettato un’intera settimana per saltare, ma siamo passati dagli zero salti del primo allenamento ad una progressione crescente, ma sempre molto ridotta per tutta la prima settimana. Dal punto di vista tecnico, ci siamo concentrati su:

  • Manualità sulla palla
  • Tecnica di base di difesa
  • Alzata e attacco di palla alta
  • Riattivazione tecnica dei fondamentali

Inoltre, dal punto di vista fisico, analizzate le condizioni di partenza, ci siamo concentrati su schede pesi di base e curando particolarmente la tecnica esecutiva degli esercizi che, chiaramente, va considerata fondamentale. Come prevenzione, molte esercitazioni a corpo libero (anche con angoli molto chiusi, proprio per preparare i muscoli al lavoro con sovraccarichi, che è eseguito con angoli più aperti). Infine, un bel lavoro sulla mobilità e sulla velocità dei piedi. La piccola base aerobica che ci serve la stiamo costruendo mediante esercitazioni con la palla: ad esempio, delle serie di “Dai e Segui” sulla diagonale, con lanci, palleggi, bagher, piazzate e così via. In questo modo non sprechiamo tempo prezioso per la tecnica e, allo stesso tempo, facciamo lavorare anche il fisico.

Come potete intuire, in questi due anni ho seguito e visto seguire in prima persona il principio (per me, sacrosanto) della progressività. Evidentemente, però, non tutti la pensano così: ho anche visto, sia quest’anno che l’anno scorso, primi allenamenti pieni di scatti, salti massimali, addominali massacranti e sedute tecniche o imbarazzanti o troppo piene di 6 contro 6. Conclusione: giocatori indolenziti e bloccati il giorno dopo e, logicamente, sedute tecniche di qualità infime per parecchi allenamenti. Eppure molti giocatori, se non tornano a casa massacrati, non sono contenti del proprio allenatore…

Come sempre, non credo di possedere la verità. Io semplicemente preferisco lavorare con calma e progressività. Però, siccome molti allenatori preferiscono il tutto-subito, mi piacerebbe avere anche un confronto su questo tema. Del resto, questo spazio serve proprio a questo, no?

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