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Appunti direzione tecnica #2 – Principi assoluti del gruppo tecnico

In questa secondo articolo parlerò di quali sono, a mio avviso, i principi di base (ancora precedenti a quelli tecnici) su cui si deve reggere un gruppo di allenatori che operano all’interno dello stesso settore giovanile. 

Anzitutto credo sia fondamentale insistere con tutti gli allenatori sull’idea dell’importanza della crescita comune, cercando quindi di infondere principi quali l’ascolto, lo studio e la condivisione come “stili di lavoro“.

Ogni allenatore del gruppo tecnico deve contribuire alla crescita dell’intero gruppo allenatori. Se il gruppo migliora, tutto il settore giovanile migliora e avremo il privilegio (e il gusto) di lavorare con giocatori sempre più bravi!

L’allenatore di settore giovanile

Quando iniziai l’avventura di Direttore Tecnico, passai diverse settimane a cercare spunti e idee sull’organizzazione di un settore giovanile e su quali fossero dei buoni principi su cui costruirlo. Trovai un documento tratto da una lezione del 2008 del Prof. Lobietti. Mi saltarono subito all’occhio alcune frasi e rimasi particolarmente affascinato da questa:

“Non sappiamo se i ragazzi diventeranno dei giocatori e dei campioni ma sappiamo che possono diventare dei pallavolisti (giocatori, allenatori, dirigenti, arbitri) e che possono imparare da questa esperienza a “condividere con altri un impegno”.”
Prof. Roberto Lobietti – Gestione del gruppo e metodologia dell’insegnamento

Riporto altre tre frasi particolarmente significative e che condivido appieno:

“Non è sufficiente voler vincere: vogliamo tutti vincere. Quello che conta è voler fare sacrifici per vincere e questo esige lavoro.”
Prof. Roberto Lobietti – Gestione del gruppo e metodologia dell’insegnamento
“Forse non possiamo essere professionisti, ma dobbiamo avere professionalità.”
Prof. Roberto Lobietti – Gestione del gruppo e metodologia dell’insegnamento
“L’organizzazione del nostro gruppo deve essere perfetta: i giocatori (e soprattutto i dirigenti e i genitori) ci “giudicano e valutano costantemente”. ”
Prof. Roberto Lobietti – Gestione del gruppo e metodologia dell’insegnamento

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Appunti direzione tecnica #1 – Il ruolo di un Direttore Tecnico

Questa sarà la mia terza stagione come Direttore Tecnico del settore maschile di Pallavolo San Lazzaro Zinella VIP. Ho deciso di condividere alcuni principi e spunti del progetto che sto portando avanti, nella speranza possa essere di aiuto o spunto di nuove discussioni. In questo primo episodio parlerò del ruolo e dei compiti di questo ruolo. 

Il progetto con cui ho iniziato questa attività tre anni fa si articolava in tre macro-punti:

  • Area tecnica;
  • Area sportiva;
  • Area relazioni con il territorio.

Questi documenti saranno incentrati esclusivamente sul primo punto, ovvero tutte le attività legate alla sfera tecnica.

Introduzione: la figura del Direttore Tecnico

La figura del Direttore Tecnico (d’ora in poi DT) è un ruolo, all’interno di una società sportiva (in questo caso all’interno di un settore – quello maschile – di una società sportiva), che prevede il coordinamento e supporto dell’attività tecnica di tutte le squadre afferenti alla società (o al settore societario) stessa, in particolare a quelle del settore giovanile. Il suo obiettivo principale è quello di garantire una continuità e omogeneità degli obiettivi nelle varie fasce d’età, curando cioè – seppure in maniera principalmente indiretta – il percorso di crescita degli atleti dai primi passi fino all’eventuale approdo prima squadra.

Il compito principale del DT è quello di guidare e coordinare i vari allenatori rispetto a tre grandi ambiti: tecnico, sportivo e disciplinare.

Ambito tecnico

Il DT è l’autore e realizzatore della cosiddetta programmazione pluriennale: è colui che la progetta, la comunica agli allenatori e verifica nella quotidianità del lavoro in palestra che tutti cerchino – pur con alcuni normali gradi di libertà individuali – di eseguirla e perseguirla.

Ambito sportivo

Il DT propone alla società le squadre da formare per ogni stagione agonistica e i nomi degli allenatori da incaricare. Può collaborare con la dirigenza (direttore sportivo) per proporre eventuali movimenti di mercato in entrata e in uscita.

Il DT definisce, in accordo con gli allenatori, i campionati e i tornei a cui far partecipare le varie squadre. I principi che personalmente utilizzo nella scelta sono:

  • Garantire almeno 30 partite di campionati ad ogni squadra;
  • Il numero di allenamenti ogni settimana deve sempre essere molto superiore a quello delle gare;
  • Ogni atleta deve avere massimo 5 impegni settimanali (idealmente un giorno libero infrasettimanale e uno nel weekend).

Ambito disciplinare

Il DT riceve dalla società sportiva le linee guida etiche, morali e disciplinari che dovranno governare in maniera imprescindibile il lavoro di tutti gli allenatori, dirigenti e giocatori. Il suo compito è assicurarsi che queste vengano rispettate; inoltre egli deve gestire i conflitti più semplici, eventualmente rimandando alla dirigenza societaria eventuali questioni più delicate.

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Appunti di metodologia #01 – L’esercizio analitico: ripetizioni, errori, noia

Si inaugura oggi una nuova rubrica di questo blog, volta a raccogliere alcuni piccoli appunti su alcune tematiche di metodologia. Ogni post potrebbe essere l’inizio per una discussione e spunti per migliorare il nostro lavoro. Come sempre, si tratta di considerazioni puramente personali, condivisibili o meno. Buona lettura e…condividete! 

L’esercizio analitico (gesto tecnico isolato dal contesto di gioco) è alla base dell’apprendimento della tecnica. Ancor prima di parlare delle caratteristiche fondamentali dei singoli esercizi, credo sia importante sottolineare quanto sia fondamentale, affinché le proposte analitiche abbiano successo, seguire delle progressioni di esercizi (dal facile al difficile, dal conosciuto allo sconosciuto, dal semplice al complesso…). Immaginiamoci il primo giorno di scuola messi di fronte ad un problema universitario: spendendo giorni, settimane, mesi riusciremmo ad ottenere solo piccoli risultati e poco solidi (ad esempio basati, in questo caso, su associazioni dirette/visive) per poi essere di nuovo a zero nell’affrontare un successivo problema. Lo scopo delle progressioni didattiche è quello di fornire delle basi solide su cui andare a costruire abilità via via più complesse.

La difficoltà della costruzione delle esercitazioni analitiche è il riuscire a bilanciare un elevato numero di ripetizioni, richiesto per apprendere e fissare il gesto, con l’alta qualità della singola ripetizione, necessaria per un apprendimento efficace (altrimenti il rischio è di allenarsi…a sbagliare!).

Quantità vs QualitàNaturalmente far convivere questi due grandi obiettivi non è sempre semplice e richiede un grande lavoro di programmazione e studio da parte degli allenatori. Credo che si possa associare ad ognuno di questi due obiettivi un’espressione simbolica:

  • Alto numero di ripetizioni: odiare le file;
  • Alta qualità della ripetizione: presenza forte dell’allenatore.

Riuscire a bilanciare correttamente questi due obiettivi è anche uno dei punti chiave affinché le sequenze analitiche non risultino troppo “noiose” ai nostri giocatori. Una nota (leggermente polemica) a latere: i tempi in cui “andava di moda” lamentarsi con frasi del tipo “non ci sono più i giovani di una volta, non hanno voglia di lavorare, non conoscono lo spirito di sacrificio, sono inallenabili…” sono finiti! Ogni allenatore dovrebbe sempre cercare strade nuove e migliorative per riuscire a trasmettere passione, entusiasmo e cultura del lavoro ai giocatori che passano tra le sue mani oggi, senza pericolosi confronti con il passato o lamentandosi di una realtà diversa da come la si vorrebbe! E’ palese che non tutti potranno diventare giocatori e molti non diventeranno nemmeno pallavolisti in generale, ma lo spirito che deve guidare il nostro lavoro è quello della resilienza.

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